“Un altro anno è passato e l’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, promosso da WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia – GADIT, FIAB, CAI e Italia Nostra, si chiede cosa porterà il nuovo anno per l’acquifero più importante del centro Italia e per la sicurezza dei cittadini abruzzesi”.
Per gli ambientalisti, “il 2020 sembra essersi chiuso con l’ennesima inadempienza. La Delibera regionale n. 33 del 25 gennaio 2019 “Gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso – DGR n. 643 del 7.11.2017. Definizione attività urgenti ed indifferibili” stabiliva che entro e non oltre il 31 dicembre 2020 doveva essere realizzato un “piano di dismissione degli esperimenti che comportano l’utilizzo di sostanze pericolose”. Peraltro va anche ricordato che la data di fine 2020 rappresentava già una concessione ad una richiesta dell’INFN rispetto alla proposta regionale del 31 dicembre 2019.
E ancora: “E non va meglio sul fronte giudiziario: il processo nei confronti dei vertici di Strada dei Parchi SpA, INFN e Ruzzo Reti SpA, nato dopo l’incidente del maggio 2017 (che comportò il divieto di consumo di acqua in gran parte della provincia teramana), è ancora nella fase iniziale con un consistente rischio che scatti la prescrizione prima di una sentenza definitiva. Eppure stiamo parlando di una vicenda che si trascina da quasi 20 anni: era esattamente il 2 gennaio 2002 – 19 anni fa – quando il WWF Abruzzo segnalava a tutte le autorità competenti la presenza di sostanze pericolose nei Laboratori dell’INFN del tutto incompatibili con la presenza di acquifero destinato a fornire acqua a metà regione. Da allora sono passati presidenti di regione, ministri dell’ambiente e commissari straordinari, le associazioni hanno organizzato decine e decine di iniziative, manifestazioni, dibattiti, sono stati spesi almeno 80 milioni di euro durante la prima gestione commissariale”.