“Conquistata la stabilità” ha detto “l’obiettivo e’ lo sviluppo del nostro sistema sanitario, sia a livello ospedaliero che territoriale, valorizzando le tante eccellenze presenti, apprezzate anche a livello mondiale ma sconosciute in Abruzzo”. Il Commissario, pur ammettendo che la “sanita’ abruzzese, cosìcome quella delle altre regioni del Sud Italia e sottoposte al Piano di rientro, e’ caratterizzata da una forte mobilita’ passiva”, osserva che dal 2001 e’ stata sempre in peggioramento, con un crollo tra il 2008 e 2009, a “causa della perdita di reputazione della Regione Abruzzo, dopo il Piano di rientro e il Commissariamento, a seguito del fallimento del nostro sistema sanitario”. Chiodi aggiunge che “dal 2009 ad oggi la curva e’ diventata abbastanza stabile, si e’ arrestata la fuga dei pazienti fuori regione”, ed, infatti, il saldo 2012 non si discosta sostanzialmente da quello del 2011, se non per un leggero incremento, imputabile ad una riduzione dei ricoveri nel privato, per effetto della deospedalizzazione che ha spostato alcune prestazioni sull’ambulatoriale. Il Commissario, continuando ad analizzare i dati, ha evidenziato che le regioni verso cui l’Abruzzo ha un flusso di mobilita’ attiva sono il Lazio (crediti per circa 47,4 milioni), il Molise (crediti per 17 milioni), e la Puglia (crediti per 11,5 milioni). “La prestazione piu’ richiesta dai pazienti di altre regioni che vengono in Abruzzo e’ la sostituzione di articolazioni maggiori o reimpianto degli arti inferiori, che e’ la stessa prestazione piu’ richiesta dagli abruzzesi che vanno a curarsi fuori regione”. Le principali regioni verso cui l’Abruzzo ha un debito per mobilita’ passiva sono le Marche (debito per circa 48 milioni), il Lazio (debito per circa 38,6 milioni), e l’Emilia (debito per circa 27 milioni). “Vorrei far notare che l’Abruzzo ha verso le Marche un debito uguale al credito che ha verso il Lazio”. Chiodi aggiunge che una delle cause determinanti la mobilita’ passiva e’ quella dei “lunghi tempi d’attesa che, come ha rilevato il Rapporto PIT 2013 di Cittadinanza attiva, rappresentano le maggiori difficolta’ per l’accesso al sistema sanitario di tutte le regioni”. Poi si aggiungono altri fattori non strutturali, che influenzano la scelta del luogo di cura da parte del paziente, per esempio il parere del MMG o dello specialista, i consigli di parenti e conoscenti o quanto pubblicizzato dai mezzi di informazione. “Diretta conseguenza di cio’ potrebbero essere quei flussi di pazienti che scelgono di andare a curarsi nelle strutture del Nord, non per criticita’ tecniche della nostra offerta regionale, in quanto si tratta di patologie di bassa o media complessita’, tranquillamente eseguite negli ospedali abruzzesi”. Il Commissario aggiunge anche che “la pratica sempre piu’ diffusa di rinomati professionisti che effettuano visite private in ambulatori in Abruzzo e’ indirizzare poi i pazienti verso le strutture di diagnosi e cura di altre Regioni in cui operano”. In conseguenza di cio’, nel 2011, a livello nazionale circa 810 mila pazienti hanno viaggiato in cerca di cure, muovendo nel complesso 3,7 miliardi, con saldi positivi pero’ solo al Nord e negativi al Sud. Infatti la maggior parte delle Regioni del Nord e del Centro spostano i loro cittadini quasi tutti in Regioni limitrofe: si tratta della cosiddetta mobilita’ di confine, considerata in gran parte fisiologica. Per il Commissario ad acta per la Sanita’ “il costo di 68 milioni per la mobilita’ passiva a carico dell’Abruzzo e’ un problema per il nostro sistema sanitario, ma su una spesa annua di 2 miliardi e 300 milioni incide solo per il 2,3 per cento. Le altre regioni in piano di rientro sono caratterizzate oltre che da costi per la mobilita’ passiva molto piu’ alti del nostro: Lazio -140 milioni, Campania -311 milioni, Puglia -177 milioni, Calabria -238 milioni, Sicilia -197 milioni, anche da disavanzi che hanno riportato alle verifiche del quarto trimestre 2012. L’Abruzzo – conclude Chiodi – e’ riuscito a raggiungere un equilibrio finanziario strutturale ormai da tre anni che ha permesso di sbloccare il turn-over, quindi assumere nuovo personale per far fronte alle cessazioni e investire risorse finanziarie per il rinnovo delle attrezzature sanitarie ormai obsolete che dovrebbero permettere di fare esami diagnostici piu’ dettagliati e in minor tempo. Per il futuro la parola d’ordine sara’ qualita’. Bisogna accrescere la collaborazione tra gli ospedali e aumentare la qualita’ del servizio, riducendo i costi e sviluppando una rete di assistenza e cura sul territorio al di fuori delle strutture ospedaliere nel rispetto del principio dell’appropriatezza”.