Una regione che manifesta segni peculiari e specifici di tipo recessivo, confermati peraltro da diversi indicatori generali (tasso di occupazione, erogazione del credito alle imprese, andamento dell’export, tasso di mortalità delle imprese, prodotto interno lordo) che la pongono in coda alla graduatoria dei territori italiani e perfino del Mezzogiorno d’Italia (come nel caso del Pil). Un caso particolare, quello dell’Abruzzo che si traduce nell’indicazione di alcuni obiettivi comuni.
-Rilanciare lo sviluppo, a partire dal credito. Va posta con urgenza all’attenzione del confronto con istituzioni, forze politiche e sociali, la questione del rilancio dello sviluppo della nostra regione. Sviluppo sul quale fa da freno l’inaccettabile pressione fiscale, a carico di imprese e famiglie, dovuto ai debiti del sistema sanitario: bisogna proseguire con coerenze e determinazione sulla strada della eliminazione totale delle addizionali Irap e Irpef, in modo da rilanciare i consumi e dare respiro ai bilanci delle imprese. Occorre poi dare rapida attuazione a quanto stabilito nell’intesa fra imprese, sindacati e Regione, mettendo al più presto a disposizione dell’economia quelle risorse (Fondi Fas e comunitari) che rappresentano gli unici strumenti finanziari oggi sul tappeto. In questo senso, appare prioritaria la destinazione di 24 milioni di euro a favore dei confidi, per favorire l’accesso al credito delle imprese. Accanto alle azioni immediate, tuttavia, vanno individuate ulteriori misure, di carattere strategico, in grado di rilanciare le politiche di investimento, tanto nel settore industriale che in quello delle infrastrutture e dei servizi.
– Macroregione Adriatico-Ionica, un’occasione da non disperdere. Nel primo caso, prevedendo politiche attive per l’attrazione di nuovi investimenti industriali e per il mantenimento delle presenze produttive più significative in Abruzzo. Nel secondo, rendendo la nostra regione protagonista del processo di creazione della macro-regione adriatico-jonica, accanto a Marche, Molise e Puglia, in modo da superare la scarsa competitività del nostro territorio legata ai mancati investimenti sull’Alta velocità ferroviaria; o alla debolezza delle infrastrutture portuali e aeroportuali. Va inoltre rilanciato l’Abruzzo dei parchi, straordinaria risorsa per le aree interne della nostra regione. Le politiche di promozione turistica dovranno essere orientate alla riproposizione della “Regione verde d’Europa”: un marchio che fa dell’Abruzzo un unicum a livello continentale, in contrapposizione con le assurde frammentazioni del passato; una straordinaria occasione di lavoro per le nuove generazioni, un valore aggiunto per il nostro Pil, ma che le politiche degli ultimi anni, hanno colpevolmente dimenticato. In questo contesto vanno valorizzate le filiere dell’agro-alimentare di qualità e dei prodotti tipici.
-Ricostruzione del cratere sismico. A circa quattro anni dal terribile terremoto del 6 aprile 2009, ancora troppo resta da fare per la ricostruzione della città dell’Aquila e delle decine di comuni coinvolti. Le risorse recentemente stimate dal ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, in complessivi 3,4 miliardi di euro, devono essere messe immediatamente a disposizione degli enti locali e delle strutture preposte al processo di ricostruzione, che a loro volta devono snellire sensibilmente le procedure burocratiche necessarie e ridurre drasticamente i tempi. Solo in questo modo sarà possibile rilanciare un cantiere che potrebbe rappresentare un eccezionale volano di sviluppo per la difficile situazione occupazionale della nostra regione.
-La “questione Teramo”. Bisogna dare immediata attuazione al Protocollo per lo sviluppo siglato tra Associazioni datoriali ed Organizzazioni Sindacali nel luglio del 2010. Iniziativa, urgente e determinante, i firmatari del protocollo, esprimono a gran voce forte preoccupazione, è la mancata definizione di una dotazione finanziaria specifica per quelle aree di crisi, come la Val Vibrata in particolare, a cui era stato promesso, di concerto con le parti sociali, un pacchetto di sostegno al tessuto produttivo ed occupazionale, il Pacchetto “PRESTO”: 20 milioni di euro assicurati dal Presidente Chiodi, ma che ad oggi rimangono solo su carta. Appare evidente che in assenza di una dotazione da parte della Regione, chiedere al Governo la messa a disposizione di soli fondi propri è sicuramente un’impresa improba.Consapevoli delle difficoltà, crediamo che ci debba essere immediatamente una riduzione della pressione fiscale, fermo restando l’impegno a proseguire con politiche di riduzione della spesa e del debito sanitario mantenendo la qualità dei servizi erogati ai cittadini.Come Organizzazioni costituenti RE.TE. Imprese Italia continueremo a far sentire la nostra voce in difesa delle migliaia di imprese legate al territorio ,che nonostante tutto non si sono rassegnate al declino e non vogliono ritirare i remi in barca, ma saremo sempre pronti a condividere con tutte le istituzioni locali, possibili percorsi per uscire da questo stallo economico e produttivo e sostenere le nostre imprese in un momento che definire difficile non rappresenta appieno il reale malessere che imprese e famiglie vivono.
– Zona Franca Urbana di Pescara. La Regione Abruzzo deve dire con chiarezza in che modo intende finanziare la Zfu della città di Pescara, dopo il via libera dato dal Parlamento con gli emendamenti al “Decreto sviluppo”. Si tratta di un obiettivo che vede unite da anni tutte le categorie produttive della città, le forze sociali, i sindacati dei lavoratori, le principali istituzioni locali, in una richiesta che consentirebbe di rilanciare in modo significativo una delle aree della maggiore città abruzzese a più elevato tasso di degrado. Grazie alla sua istituzione, sarebbe offerta alle imprese che intendono investire una importante opportunità, attraverso incentivi erogati sotto forma di sgravi significativi di natura fiscale e contributiva.
– Il sistema regionale dei porti e il Porto di Pescara. La condizione di paralisi in cui versa da quasi due anni la principale infrastruttura portuale regionale dedicata al turismo, che appesantisce l’intera capacità di risposta del sistema portuale abruzzese, deve essere superata con l’avvio immediato dei lavori di dragaggio, peraltro già consegnati all’impresa esecutrice, ma al contempo non sono più tollerabili i ritardi nell’approvazione del nuovo Piano Regolatore Portuale, anche in virtù del più complessivo disegno di riqualificazione delle aree adiacenti al porto canale ed al porto turistico. Nell’ottica di un potenziamento e di una messa in rete del sistema portuale abruzzese, occorre prevedere un sostegno straordinario alle categorie economiche più duramente danneggiate (marineria, operatori commerciali, ecc.) da una paralisi che ha prodotto danni vistosi all’economia della città e della regione. Nello stesso tempo, occorre rilanciare, già a partire dalla prossima estate, come già avviene per i collegamenti aerei, le linee veloci con l’altra sponda dell’Adriatico, che possono costituire una importante occasione di rilancio della nostra economia turistica.
IL SOSTEGNO DELLE PROVINCE ABRUZZESI.
Le Province abruzzesi esprimono sostegno alle Imprese ed a Confcommercio Confesercenti, Cna, Casartigiani e Confartigianato che per oggi hanno indetto una giornata di mobilitazione allo scopo di denunciare la drammatica situazione che il sistema delle imprese da tempo sta vivendo per varie cause: dall’eccessiva pressione fiscale al crollo dei consumi, da un difficile e costoso accesso al credito ad una burocrazia esasperante ed onerosa. “Concordiamo con le richieste di intervento che il mondo delle imprese avanza oggi al prossimo Governo e alla politica in generale” dice il presidente dell’Unione Province Abruzzesi Enrico Di Giuseppantonio. “Nell’agenda del prossimo Governo dovranno essere prioritari la riduzione della pressione fiscale e l’accesso al credito che le imprese chiedono a gran voce, la semplificazione delle norme per favorire nuove assunzioni e produttività, ma anche gli investimenti sulle infrastrutture che possono garantire competitività alle imprese stesse ma anche ai territori in termini di attrattività di nuovi insediamenti industriali. Per quanto riguarda gli altri temi sollevati dalle imprese, le Province abruzzesi da sempre sostengono la semplificazione e ad anni ormai portano avanti un processo di snellimento burocratico e di recupero dell’efficienza amministrativa per andare incontro ai bisogni delle imprese oltre che dei singoli cittadini e per raggiungere tale obiettivo hanno investito in tecnologia e competenze. Ma possiamo affermare – aggiunge il Presidente Di Giuseppantonio – di esserci mossi, come oggi chiedono le imprese, anche sul terreno delle politiche energetiche, aprendo la porta, dove possibile, all’uso delle fonti rinnovabili. Le Province cercano ogni giorno di dare un contributo alla ripresa economica anche se ci rendiamo conto che, come chiedono le Associazioni di categoria, servono manovre ad ampio respiro, soprattutto in materia di riduzione delle tasse e di erogazione del credito. Per questo facciano nostro l’appello che oggi viene lanciato dalle Imprese un appello che le Province abruzzesi sono pronte a sostenere non appena il nuovo Esecutivo si sarà insediato”.
BRUNO SANTORI, PRESIDENTE DI CONFESERCENTI PESCARA.
Per la prima volta le piccole e medie imprese uniscono le loro forze, e nella pluralità del mondo associativo scelgono la strada dell’unità. Se si è arrivati a tanto, se si è arrivati a investire un lunedì lavorativo per protestare, è perché le piccole imprese sono ad un punto decisivo: o si svolta, o si muore. Mi piace ricordare una affermazione che fece Marco Venturi, presidente nazionale di Confesercenti, l’associazione che qui mi onoro di presiedere, quando all’inizio di questa fase di accanimento nei confronti delle piccole imprese disse: “Non siamo il bancomat dello Stato”. Lo ripetiamo da qualche anno, che non siamo il bancomat dello Stato, e ci hanno preso in parola: perché lo siamo diventati anche della Regione, con le addizionali più alte d’Italia, e dei Comuni, che con l’Imu, la Tarsu, i diritti di superficie, i controlli a tappeto pensano di fare cassa sulle spalle di commercianti, artigiani, piccoli imprenditori. Ci chiediamo con chi rimpingueranno le loro casse, i Comuni, quando l’ultima vetrina sarà stata spenta. Oggi nella sola Pescara ci sono oltre 700 negozi sfitti. In tutta la provincia hanno chiuso i battenti definitivamente, nella differenza fra aperture e cessazioni, 446 aziende commerciali, 47 attività turistiche, 136 artigianali. Il tasso di disoccupazione sfiora il 9 per cento e i consumi sono precipitati di quasi il doppio rispetto al già pesantissimo calo del prodotto interno lordo (-4,6% nel 2012 il calo dei consumi, -2,6% il calo del Pil). Non sono cifre astratte, ma figlie di precise scelte miopi e di errori imperdonabili. Nonostante gli impegni e le promesse, il polo chimico di Bussi resta un ricordo lontano, il distretto metalmeccanico della Valpescara in via di disgregazione, il polo tessile in affanno. E qui, a Pescara, il porto resta la grande cattedrale all’inconcludenza della politica, alla quale solo ora si sta cercando di porre rimedio. Questa è la città con la più alta concentrazione di lavoro terziario d’Abruzzo, è la città che ci piace chiamare dei commerci e delle relazioni, ma è ormai irraggiungibile via mare, via aria, via terra. Nelle mappe sui progetti futuri dell’alta velocità, delle ferrovie, dei collegamenti autostradali c’è il vuoto, al posto dell’Abruzzo. Ecco perché nel documento che abbiamo predisposto per Pescara, che è il cuore economico pulsante dell’intera regione, diciamo che ci sono alcuni punti strategici sui quali non siamo disposti a cedere. Il porto, infrastruttura decisiva e identitaria, va salvaguardato e potenziato. La zona franca urbana deve diventare una realtà. L’aeroporto non può vivacchiare. E la strategia di sviluppo va ripensata: da presidente di un’associazione del terziario dico che l’avvento della grande distribuzione era inevitabile ed ha introdotto meccanismi nuovi, ma una città ed una provincia che non sanno dare altre risposte alla disoccupazione se non quella di aprire centri commerciali, è una terra povera di idee, che preferisce le scelte del prossimo minuto alle scelte strategiche. Ed oggi sfido chiunque, guardando negli occhi i cittadini, a dire che le scelte di dieci anni fa, quelle di circondare la nostra città – caso unico in Italia, per dimensioni e insaziabilità – di centri commerciali, ha fatto bene alla nostra economia. Per questo diciamo che non faremo sconti. Non faremo più sconti a chi tornerà a dire in campagna elettorale che favorirà la piccola impresa e poi andrà a braccetto solo con la grande, utilizzando noi esercenti, commercianti, artigiani, operatori turistici, imprenditori dei servizi, come dei semplici bancomat. Qui, con Rete Imprese, con Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confesercenti e chi ci vorrà essere, troverà un muro. È il momento di rimettere in moto la nostra provincia, partendo dalle 35.397 piccole e medie imprese del Pescarese.