L’allarme arriva da Eugenio Di Zenobio, guida naturalistica, che dal sito www.camosciodabruzzo.it scrive: “Da notizie dell’ultim’ora si apprende con meraviglia e sconcerto che il camoscio d’Abruzzo (Rupicapra pyrenaica ornata), il camoscio più bello del Mondo, splendido endemismo appenninico salvato dal Parco Nazionale d’Abruzzo dopo aspre batteglie, starebbe per subire un immotivato declassamento per iniziativa di tutti i Paesi europei (Italia compresa !), guidati dalla Danimarca, che ne discuteranno a Bangkok dal 3 al 14 Marzo 2013, nell’incontro della Convenzione di Washngton sulle specie in pericolo. Dal momento che la specie non è ancora salva dal pericolo di estinzione, il provvedimento potrebbe indebolire seriamente la tutela del camoscio d’Abruzzo prestando il fianco al mondo venatorio e quindi al già troppo diffuso bracconaggio.
E verrebbero così vanificati tutti gli sforzi di quanti, fin dal secolo scorso, si sono battuti per la salvezza e salvaguardia di questo splendido animale. Il provvedimento segnerebbe quindi una battuta d’arresto negli sforzi di tutela a favore dell’animale e ciò indurrebbe ad abbassare la guardia in una delicata fase storica, in cui l’ornata sta ricolonizzando la dorsale appenninica con grandissimi sforzi – umani ed economici – compiuti in questi ultimi anni dai Parchi, da Associazioni ambientaliste e da gruppi di studio, come il Gruppo Camoscio Italia. www.camosciodabruzzo.it lancia l’appello contro il declassamento del camoscio d’Abruzzo, auspicando un ripensamento dell’Italia contro tale provvedimento e motivando invece le ragioni di mantenere la sottospecie ornata nell’Appendice I, come gioiello unico al Mondo che vive soltanto in Abruzzo e da pochi anni anche sui Monti Sibillini”.
L’Agenzia di stampa Gea Press, infatti in un articolo del 10 gennaio scorso, conferma l’allarme: “L’incremento annuo delle piccole popolazioni di Camoscio d’Abruzzo che da qualche anno si registra in Italia – evidenzia l’agenzia – è dovuto al fatto che il raro animale è superprotetto. Un paio di migliaia, distribuiti però in più areali separati fra loro. Una situazione, dunque, molto delicata. Un “gioiello” della natura, visto che la rara sottospecie non si rinviene in nessuna altra parte del mondo, se non in Italia. Per questo la Convenzione di Washington sul commercio di specie rare e minacciate di estinzione, la considera nell’Appendice I, ovvero quella con il massimo grado di protezione. Nessun abbattimento o comunque commercio per specie rare. Ancora per poco, però”.
Al prossimo appuntamento dei paesi che hanno aderito alla Convenzione (che disciplina il Commercio Internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione, quale strumento di conservazione attraverso una utilizzazione sostenibile) fissato a Bangkok, in Tailandia, dal 3 al 14 marzo 2013, dovrebbe essere presentata una proposta di risoluzione della Danimarca, presentata a nome di tutti i paesi UE, e quindi anche dall’Italia, che propone il declassamento del Camoscio d’Abruzzo dall’Appendice I all’Appendice II della Convenzione, giustificando tale operazione con il fatto che in Italia tale specie non è cacciabile e, quindi, non correrebbe rischi, dato che ai proponenti non risultano casi di bracconaggio ai danni di questo animale che, tra l’altro, essendo una sottospecie non sarebbe allineata con i criteri valutativi della Convezione.
Tale declassamento avrebbe sicuramente conseguenze disastrose per la conservazione della specie: infatti nonostante la legge nazionale (L. 157/92) che lo protegge diminuirebbero di molto le sanzioni pecuniarie a carico di chi, bracconiere o trafficante, venisse trovato con un trofeo di Camoscio, facendo venire meno l’unico mezzo di tutela disponibile a livello legislativo. C’è però da chiedersi cosa abbia spinto la Danimarca ad avanzare una simile proposta e, soprattutto, cosa spinga i funzionari italiani in seno alla Convenzione ad appoggiarla.
Sull’eventualità di declassamento è intervenuto anche Franco Tassi, già direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo: “Il provvedimento, che non ha alcuna seria e fondata motivazione, sembra piuttosto frutto di scarsa competenza e di ancor più limitata sensibilità ecologica: e potrebbe avere l’effetto di indebolire seriamente la tutela dell’animale, da sempre bramato da cacciatori e collezionisti di trofei, esponendolo così a rischi non del tutto remoti di futuri permessi di quote cacciabili o di immediata corsa al bracconaggio. Verrebbero così vanificati gli sforzi di quanti, fin dal secolo scorso, si erano prodigati per la salvezza di questo gioiello della fauna italiana. Il Camoscio infatti, descritto come Rupicapra ornata da Oscar Neumann nel 1899, era stato purtroppo decimato da deforestazione, caccia e bracconaggio sulle altre montagne d’Abruzzo dove viveva in passato (nel Gran Sasso l’ultimo individuo sopravvissuto era stato abbattuto fin dal 1892): riuscì infine a sopravvivere soltanto, in numero assai limitato, nell’impervia zona della Camosciara, dove nel 1913 non ne rimanevano che 15-30 superstiti. Fu allora che, su pressante richiesta del mondo della cultura e della scienza, il Re Vittorio Emanuele III emanò un Decreto di protezione della specie, la cui tutela sarebbe stata poi assicurata dall’ormai nascente Parco d’Abruzzo, istituito su iniziativa privata nel 1922 e poi riconosciuto con legge nel 1923. Il Camoscio d’Abruzzo poté così riprodursi, moltiplicarsi e colonizzare le montagne circostanti, anche se piuttosto lentamente a causa del bracconaggio e delle ripetute crisi del Parco, dovute anche alla soppressione dell’Ente nel ventennio fascista e al drammatico periodo bellico. Ricostituito l’Ente nel 1952, non mancarono altri periodi di grande difficoltà: e nel 1969, nominato dopo una lunga parentesi di inattività il nuovo Direttore Franco Tassi, si contavano circa 150-200 capi dell’ungulato, che con la ripresa del Parco tornarono a crescere costantemente, giungendo poi a superare i 500 individui negli anni Novanta. Fu allora che il Parco, superando molti ostacoli, avviò un vasto programma di ricostituzione di nuclei di camosci al Gran Sasso e alla Maiella, registrando un crescente successo. Nell’anno 2012, il numero di individui presenti allo stato libero nei Parchi d’Abruzzo, Maiella, Gran Sasso, Sirente-Velino e Monti Sibillini, e nelle varie Aree Faunistiche collegate, ha toccato finalmente le due migliaia, realizzando così in pieno l’ambizioso obiettivo di raggiungere tale livello, alle alte quote, al principio del Terzo Millennio (2000x2000x2000). La cancellazione del Camoscio dall’Allegato I della Convenzione di Washington, che assicurava la sua massima tutela, renderebbe più incerto il futuro di questa straordinaria peculiarità della fauna Italiana. Ma si tratta dell’inevitabile conseguenza dell’assurdo incaponimento di operatori, biologi, accademici e istituzioni, che per incomprensibile miopia non hanno mai accettato di riconoscere che Rupicapra ornata costituisce una buona, anzi un’ottima specie! Eppure la sua evidente diversità era stata ampiamente e ripetutamente dimostrata in ogni sede possibile, e persino sui francobolli e sulle riviste…
Il Comitato Parchi Nazionali, il Centro Studi Ecologici Appenninici e il Gruppo Camoscio Italia invitano quindi tutte le autorità e le istanze competenti a riconsiderare attentamente la questione, riconducendo al Camoscio d’Abruzzo, oggi noto anche come Camoscio appenninico, la dignità e lo status di specie a se stante, come risulta inequivocabilmente dimostrato dalle sue caratteristiche biogeografiche, ecologiche, etologiche, morfologiche e genetiche, sulle quali un documento più completo verrà quanto prima diffuso. Sollecita i media a far conoscere il problema coinvolgendo l’opinione pubblica a sostenere la richiesta, sottolineandone la particolare importanza e urgenza nell’interesse del Paese”.
Appena quattro anni fa, nel 2008, Ministero dell’Ambiente e Regione Abruzzo sottoscrivevano un protocollo di intesa sulla base di un ‘Piano di azione nazionale per la tutela del camoscio appenninico’, redatto nel 2001.
“I firmatari dell’atto – affermava l’allora assessore regionale ai Parchi, Fernando Fabbiani – si coordineranno e collaboreranno, congiuntamente al ministero, per contenere le principali minacce e fattori limitanti la conservazione della specie, sviluppare azioni di ricerca scientifica, organizzare e standardizzare il monitoraggio delle popolazioni di camoscio appenninico esistenti”.
Tra le more dell’approvazione del nuovo protocollo figurava anche “la reintroduzione – proseguiva Fabbiani – del camoscio nel Parco Nazionale Monti Sibillini e Parco Regionale Sirente-Velino oltre alle iniziative volte alla conservazione della specie”.
Al progetto aderivano le Regioni Lazio, Molise, Umbria, Marche, e Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, Parco Nazionale della Maiella, Corpo Forestale dello Stato, ed Istituto Nazionale della Fauna Selvatica.
“La biologia del camoscio e la sua attuale distribuzione rendono necessaria – aggiungeva Fabbiani – una gestione unitaria e non diversificata. Un dato da non sottovalutare – prosegue l’assessore – è che in Abruzzo vi sono i nuclei più numerosi di camoscio appenninico. Il camoscio d’Abruzzo – conclude – definito il più bello del mondo, è una specie endemica che negli ultimi anni ha visto incrementare il numero tanto da espandersi nei territori oggetto del protocollo”.
Ma, da marzo, la sorte del “Camoscio più bello del mondo”, potrebbe essere segnata, con un provvedimento che ne decreterà sicuramente la scomparsa, con buona pace degli sforzi degli ultimi decenni.