Riordino Province, il giorno dopo il Consiglio Regionale: le reazioni

abruzzo_provinceUna decisione alla “Ponzio Pilato”, una “non proposta”, un “evento storico”. Sono tante e diverse tra loro le reazioni all’indomani del Consiglio Regionale che, nella seduta di ieri pomeriggio, ha deciso di non presentare alcuna proposta al governo, in merito al riordino delle Province, chiedendo nel contempo di favorire una legge costituzionale che porti alla definitiva abolizione degli Enti.

Una risoluzione che ha ribaltato la proposta del Cal, il Consiglio per le Autonomie Locali, che invece una proposta l’aveva fatta ed era quella che prevedeva l’accorpamento di Teramo con L’Aquila e di Chieti con Pescara. Anche qui, polemiche a non finire, senza considerare la rabbia del versante Teramano, che si è visto penalizzato in misura eccessiva rispetto alle altre province. Come a dire, bene il risparmio ma non a mie spese. E se proprio di riduzione dei costi si deve parlare, allora che siano tutti a “rimetterci”.

In attesa che il Governo si pronunci (e l’ipotesi più accreditata sembra essere quella della doppia provincia, L’Aquila-Teramo e Pescara-Chieti), oggi è il giorno delle reazioni.

 

Franco Caramanico, Sel

“La discussione sul riordino delle Province risente di un’onda emotiva che confonde l’analisi dei fatti. Non crediamo che tagliare come fosse un ramo secco un ente sia la possibile risposta agli sprechi e alla mancanza di controllo nelle uscite che per troppi anni hanno riguardato gli uffici pubblici. Al contrario, si sarebbe dovuti partire da un’analisi basata su considerazioni tecniche, che tengano conto dei dati reali, di valutazioni non politiche ma scientifiche su costi, spese, eventuali disservizi. Insomma una pianificazione che privilegi un’analisi tecnica di svantaggi e benefici, sulla quale basare poi le decisioni amministrative. E il rischio ora e’ che a pagare lo scotto siano soprattutto i cittadini, visto che non sappiamo in che modo sarà attuata la delocalizzazione delle strutture: avremmo preferito che a decisioni ragionieristiche venisse anteposta un’analisi comune, fatta insieme tra Regione e province, capace di individuare le possibili risposte a una crisi che investirà settori portanti, in primis quello del lavoro. Rimandare tutto alle decisioni del Governo significa alimentare quel depotenziamento delle funzioni decentrate e del federalismo su cui invece andrebbe calibrata l’azione amministrativa”.

 

Enrico Di Giuseppantonio, presidente della Provincia di Chieti

“Ieri in Consiglio regionale si è scritta una pagina negativa nella storia dell’Abruzzo, con una ‘non decisione’ che suscita tristezza e che rischia di alimentare solo fortissime tensioni nei territori già provati dalla crisi economica e occupazionale. A questo punto l’unica speranza è che il Governo e il Parlamento si dimostrino più saggi del nostro Consiglio regionale. La cosa che più mi ferisce è che il Consiglio regionale abbia sacrificato le Province ritenendo tale soluzione la più idonea al fine di ridurre i costi della politica. Una motivazione che fa specie perché arriva da un Consiglio regionale che, come altri in Italia, brucia somme da capogiro nella spesa pubblica. Le Province in Italia assorbono solo l’1,35% della spesa pubblica mentre le Regioni costano ben 168 miliardi di euro. Il costo complessivo degli organi politici delle Province italiane è di 34 milioni di euro l’anno, nulla rispetto agli 844 milioni delle Regioni dove oltre ad una sostanziosa indennità, Consiglieri ed Assessori percepiscono ancora un ottimo vitalizio. Un appannaggio, quest’ultimo, che nelle Province non esiste. Nella insensata e demagogica lotta alle Province si finge ancora di non vedere 7000 fra Enti strumentali, Consorzi, Società partecipate, Autorità, Enti d‘Ambito e Istituzioni varie che ogni anno in Italia pagano un’indennità a ben 24.000 persone per una spesa di 2,5 miliardi di euro. In Abruzzo, in particolare, non si è ancora sciolto il nodo delle società partecipate dalla Regione, a cominciare da quelle del trasporto pubblico, la cui unificazione produrrebbe un taglio sostanzioso nelle spese. Spiace, inoltre, che solo oggi si dia mandato al Presidente della Regione di ricorrere alla Corte Costituzionale: quando tale proposta partì dalle Province abruzzesi non venne presa neppure in considerazione, al contrario di quanto accaduto in altre Regioni. Purtroppo è mancato anche un lavoro di collaborazione fra Regione, Comuni e Province ed a queste ultime va dato atto di non aver mai ostacolato quella che è la riforma più importante che si realizza dall’unità d’Italia a oggi ovvero il riordino delle Province. Oggi la non decisione del Consiglio regionale ci consegna un Abruzzo dilaniato e incapace di darsi una prospettiva. L’esatto opposto di ciò che chiedono cittadini e territori in questo particolare momento storico”.

 

Lanfranco Venturoni e Riccardo Chiavaroli, rispettivamente capogruppo del PdL in Consiglio Regionale e portavoce del gruppo PdL

“Il voto con cui la Regione ha votato contro l’ingiusto accorpamento delle Provincie è un evento storico, che dice no a un pasticcio che non ridurrebbe i costi della politica. Abbiamo dato mandato al presidente Chiodi di fare ricorso alla Corte Costituzionale se il governo non dovesse recepire la nostra proposta, una proposta che non diminuisce la presenza delle istituzioni ma mira piuttosto a riorganizzare le strutture territoriali nell’interesse dell’Abruzzo. Ed è proprio per l’importanza che tale proposta assume per il futuro del nostro territorio non abbiamo avuto alcun problema a far convergere il nostro documento con quello dell’IdV. Quando si tratta di riforme istituzionali importanti come questa – ha concluso Venturoni – non c’è appartenenza di schieramento e interesse di parte che possa prevalere”.

“Con questo voto la Regione Abruzzo ha compiuto un altro decisivo passo nel cammino virtuoso che ha caratterizzato questa legislatura e superando le logiche territoriali ha dimostrato la maturità e la lungimiranza di una classe politica degna di questo nome”.

 

Umberto Di Primio, sindaco di Chieti

“La decisione della Regione sul riordino delle Province è fondamentalmente una non decisione. È una vergogna, infatti, che non sia uscita dal Consiglio una proposta da inviare al Governo. Una posizione di debolezza che mette in pericolo l’intera regione, la quale rischia un riordino deciso da chi non conosce il territorio, le sue peculiarità, le sue eccellenze ed esigenze. Non posso che esprimere profonda delusione per la condotta avuta dall’intero Consiglio Regionale. Insomma, rischiamo per davvero che a Roma, un Governo di tecnici non eletto dal popolo, decida per il nostro territorio, per la nostra regione, per il nostro futuro. Nel corso della riunione tenutasi durante la sospensione del Consiglio Regionale, cui ha preso parte il sottoscritto, il presidente della Provincia di Chieti, i capigruppo regionali e comunali, ho ribadito con forza il proposito di inviare al Governo un indirizzo che tenesse conto, nel dubbio della incostituzionalità della proposta di zero province, di una proposta a tre di riordino – L’Aquila, Chieti, Pescara/Teramo – ma il nostro Consiglio Regionale, alla fine, ha deciso “di non decidere” e lo dimostra anche lo stesso ricorso proposto dal Consiglio: una scelta di retroguardia e un modo per giustificare la propria incapacità. Almeno adesso agiscano speditamente e diano immediato incarico ai legali della Regione di proporre ricorso così da impedire almeno che il Governo decida. Resta l’idea, a margine del Consiglio, che per non penalizzare qualcuno rischiamo di mortificare un’intera regione. All’Assessore Regionale Mauro Febbo – ha concluso il Sindaco – rivolgo il mio ringraziamento per quello che ha fatto in queste settimane a difesa della Provincia di Chieti e per la prova di attaccamento alla città dimostrata anche ieri, dico però a tutti che la battaglia per la Provincia di Chieti è appena iniziata”.

 

Robert Verrocchio e Renzo Di Sabatino, rispettivamente segretario provinciale del Pd Teramo e capogruppo Pd in Provincia di Teramo

“Chiodi ha deciso di non decidere e di lasciar fare tutto al governo. La giunta è perfettamente cosciente che il governo non potrà mai accettare la proposta di zero province e dunque la provincia di Teramo sarà annessa a quella dell’Aquila. Quello di ieri è stato un voto utile solo a lavarsi le mani e gettare nella discussione pubblica enormi dosi di propaganda. Preferisco lasciare al centrodestra, senza alcun dubbio, le marce e le polemiche utili solo per distogliere l’opinione pubblica dalle vere questioni”.

“Una decisione sconclusionata, populista e ingannevole per i cittadini. Chiodi e la sua giunta hanno deciso di non sporcarsi le mani non elaborando per il governo alcuna proposta realistica capace mettere d’accordo i nostri territori. La provincia unica con sette ambiti omogenei tra cui Teramo sarebbe stata la migliore soluzione, perché avrebbe evitato lo scontro totale tra i territori. Al di là di tutta la propaganda, deve essere chiaro che così facendo la Regione ha di fatto delegato al governo la decisione sulle modalità di riordino delle nostre province, e così facendo ha molto probabilmente condannato Teramo alla scomparsa. Il centrodestra, Brucchi compreso, ha solo fatto finta di difendere il nostro territorio”.

 

Ilaria De Sanctis, Mirko De Berardinis, Lucia Verticelli, Antonio Topitti (Pd Teramo)

“Siamo profondamente delusi e offesi dalle feroci parole utilizzate nei confronti della nostra città dal Capogruppo Regionale PD Camillo D’Alessandro durante il Consiglio Regionale di ieri. Siamo ancora più sconcertati per aver registrato il comportamento passivo dei nostri due Consiglieri Regionali PD, Giuseppe Di Luca e Claudio Ruffini. Entrambi, infatti, non hanno proferito parola a difesa di Teramo Capoluogo. Addirittura, Claudio Ruffini, ex presidente della Provincia di Teramo ed attuale Consigliere Regionale espressione di questo territorio, ha anche applaudito il capogruppo D’Alessandro alla fine del suo intervento. Aver ascoltato dal vivo la dichiarazione di voto, concordata da tutti i Consiglieri Regionali del PD, nella quale è stato svenduto con veemenza il territorio teramano, per avallare la proposta di abbandonare l’aula, ci fa chiaramente capire quanto sia “importante” Teramo per il Gruppo Consigliare PD alla Regione e soprattutto per i due Consiglieri Teramani. Restiamo ulteriormente esterrefatti dal loro comportamento, perché lo scorso 13 ottobre, entrambi avevano partecipato alla manifestazione indetta da “Teramo Nostra” in Piazza Martiri della Libertà, ed erano intervenuti con vigore al microfono di fronte ai nostri concittadini, per difendere Teramo. Ci sorprende, pertanto, che nella Sede Istituzionale del Consiglio, invece il loro contributo sia stato solo quello di uscire dall’aula dopo aver concordato una dichiarazione di voto che penalizza Teramo. Ci domandiamo, se uno dei due Consiglieri Regionali Di Luca e Ruffini,avessero parlato in quel modo di Arielli (CH), paese che ha dato i natali al Capogruppo D’Alessandro, quale sarebbe stata la risposta di quest’ultimo? Sicuramente non avrebbe applaudito. A questo punto ci viene da pensare, visto che ormai Teramo è considerata il brutto anatroccolo della Regione Abruzzo, se sia il caso di iniziare una raccolta firme per indire un referendum con il quale chiedere il passaggio con la Regione Marche”.

 

Camillo D’Amico, capogruppo Pd in consiglio provinciale a Chieti

“Come da programma dal cilindro del Consiglio Regionale di ieri non è uscita alcuna proposta sensata sul riordino delle province Abruzzesi. Quando formalizzai la lettera ai presidenti Chiodi e Pagano, rimasta desolatamente disattesa, per un audizione in commissione delle rappresentanze dei gruppi consiliari provinciali lo feci proprio perché era chiaro e palese a tutti dove si stavano incuneando: non riuscire a formalizzare una proposta seria, sensata e partecipata che andasse incontro non solo ai contenuti della spending review ma rappresentasse un utile occasione per aprire il cantiere delle riforme degli enti e consorzi regionali, delle partecipate così ridistribuendo funzioni e competenze a comuni, nuove province e regione delegata al solo ed unico ruolo di pianificare ma non gestire. Ora accadrà che altri decideranno per noi. Paghiamo ancora una volta la forte trazione Teramana del governo regionale il cui presidente, assente al dibattito per interi mesi, ha ufficializzato una sua proposta in maniera tardiva ed al solo scopo di sparigliare quella emersa dal C.A.L. che, pur se espressa senza la maggioranza assoluta dei suoi componenti, era comunque una buona base di discussione. Il Pd regionale ha dato vita ad una partecipata quanto dinamica discussione interna e quello provinciale altrettanto; ora, allo scopo di non disperdere il buon lavoro di confronto e concertazione svolto e per essere coerenti con gli impegni assunti con la pubblica opinione, non ci fermeremo di fronte al nulla votato in consiglio regionale ma andremo sino in fondo nella lotta intrapresa per difendere il diritto all’esistenza della provincia di Chieti. Nei prossimi giorni andremo in delegazione e saremo ricevuti dal segretario nazionale Pierluigi Bersani e dai capigruppo parlamentari di Camera e Senato, Dario Franceschini ed Anna Finocchiaro, ove rappresenteremo le ragioni ed i punti di forza del perché Chieti resti provincia. Non siamo affatto conservatori ma riformisti nell’animo e nello spirito. L’occasione persa dal consiglio regionale, per noi, sarà motivo di ulteriore dinamismo ed azione del territorio troppo spesso dimenticato e bistrattato dal centro – destra al governo della filiera provinciale e regionale”.

 

Cristiano Vignali, politologo e storico Teatino

“Nell’indignazione generale degli oltre 100 teatini accorsi davanti all’Emiciclo a L’Aquila per difendere il diritto sancito dalla storia e dalla legge di rimanere provincia, il Consiglio Regionale abruzzese ha deciso di non votare per nessuna provincia e di lavarsene così le mani. Infatti, il Consiglio Regionale, ha deciso di scegliere l’annullamento di tutte le province, proponendo al governo una riforma costituzionale in tal senso e di dare mandato alla Giunta di impugnare qualsiasi eventuale accorpamento previsto dal Governo per il vizio di costituzionalità. L’indignazione è sopratutto verso quei politici teatini presenti nelle alte sfere della politica parlamentare e regionale, che sugli organi d’informazione si sono erti a paladini della Provincia di Chieti e della teatinità, poi non solo non sono venuti al nostro corteo di lunedì, ma, hanno tradito nel momento topico del voto regionale la fiducia dei propri elettori, non difendendo l’autonomia della nostra provincia per logiche di partito, di coalizione politica, e di interessi diversi da quelli della collettività. Ora, solo un “miracolo” a livello romano potrà salvare la Provincia di Chieti, con perdita di tempo del governo fino al termine della legislatura a causa dei numerosi ricorsi delle regioni e delle province presentati in tutta Italia contro il riordino previsto dalla Spending Review di Monti. Quanto accaduto è l’indice del bassissimo peso specifico della dirigenza politica teatina a livello regionale e nazionale, incapace addirittura di salvaguardare il diritto della nostra provincia di continuare ad esistere, nonostante il notevole vantaggio di avere tutti i requisiti previsti dalla legge. La partita per salvaguardare gli uffici pubblici della città è ancora aperta, ma, purtroppo, c’è poca speranza di vittoria (anche se in Italia venissero abolite costituzionalmente tutte le province), se continueremo ad essere governati da illusionisti, saltimbanchi e voltagabbana della politica, che da destra a sinistra, mettono avanti il loro interesse di parte rispetto a quello della collettività che rappresentano. Ma,Chieti non è morta, ha bisogno di voltare pagina, c’è bisogno di una nuova aria, bisogna ripartire dalle migliaia di giovani che lunedì mattina hanno sfilato in corteo fra ali di folla osannanti per riconsegnare la città in mano ai Teatini”.

 

 

 

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