Legambiente calcola il PIB, il Prodotto Interno Bici, cioè il valore economico generato dalle due ruote che, in Italia è appena lo 0,35% del PIL, molto al di sotto della media europea. E l’Abruzzo non è nelle prime posizioni.
È stato presentato da Legambiente a Pesaro, in occasione dell’appuntamento “Verso gli Stati Generali della Mobilità Nuova”, il PIB – Prodotto Interno Bici – relativo al valore economico generato, in Italia, dalle due ruote a pedali.
Non sorprende il fatto che l’Italia, rispetto alla media europea, si trovi al di sotto sia come numero di occupati che utilizzano quotidianamente la bicicletta (3,5% contro l’8% media UE) sia come valore generato dall’uso del velocipede.
In totale sono stati calcolati 4,156 miliardi di euro complessivi, attraverso dieci parametri relativi alla mobilità urbana nelle varie regioni:
- La componentistica;
- Le riparazioni (1,161 miliardi);
- Gli accessori;
- Il mercato bici;
- I benefici sociali e sanitari per i bambini (960 milioni);
- I benefici sanitari legati ad attività fisica e conseguente riduzione sedentarietà (1,054 miliardi);
- I benefici derivanti dalla riduzione dell’assenteismo sui luoghi di lavoro (193,180 milioni);
- La riduzione dei costi sociali dei gas serra (428 milioni);
- La riduzione dei costi ambientali dei gas serra (94,390 milioni);
- Il contenimento dei danni sanitari causati dal rumore (12,840 milioni);
- Il miglioramento della qualità dell’aria (18,266 milioni);
- Il contenimento costi delle infrastrutture e dell’”artificializzazione” del territorio;
- Il risparmio di carburante (127, 309 milioni).
Nel confronto con gli altri Paesi comunitari, l’Italia manifesta un evidente ritardo a eccezione del Veneto, dell’Emilia-Romagna e del Trentino-Alto Adige, dove la media di lavoratori e degli studenti “pedalatori” è più o meno in linea con quella della Ue.
Già la FIAB – Federazione Italiana Amici della Bicicletta – attraverso gli studi della European Cyclists’ Federation, ha più volte evidenziato i benefici, diretti e indiretti, dello sviluppo della mobilità ciclistica e del cicloturismo (http://www.fiab-onlus.it/bici/notizie/notizie-varie/news-varie/item/1603-513-miliardi-euro.html), ed ora Legambiente riprende l’argomento provando a calare, sul territorio nazionale, le cifre derivanti dall’uso della bicicletta.
Nella classifica di Legambiente l’Abruzzo si colloca a metà, con un undicesimo posto per i benefici pro-capite derivanti dall’uso della bicicletta e un tredicesimo posto per i benefici economici generali prodotti dalla ciclabilità, ma la distanza dalle prime in graduatoria è abissale.
Il valore economico delle bici nella nostra Regione tocca i 36,97 milioni di euro, molto distante dai 977 milioni della Lombardia (che precede Emilia Romagna e Veneto) pur se migliore di valori di Regioni come Valle d’Aosta (12,32 milioni di euro) e Molise (4,11 milioni di euro). Differenze che, in parte, sono giustificate da posizione geografica ed estensione territoriale, ma che danno conto di investimenti (spesso mancati) e politiche a favore o meno dell’utilizzo della bicicletta nella mobilità quotidiana e come fattore di sviluppo turistico.
La nostra Regione, ultimamente, si è distinta per diverse azioni “bycicle friendly”: dall’approvazione di una legge regionale sulla mobilità ciclistica (la n. 8 del 2013, di fatto mai applicata), alla realizzazione di un ampio tratto di Ciclovia Adriatica, fino alla gratuità del trasporto biciclette sui treni, ma mancano politiche coordinate per portare l’Abruzzo tra le Regioni regine per l’uso del velocipede.
Manca, in genere, una visione coordinata delle politiche per la ciclabilità, visione che metta a sistema le diverse azioni che i vari settori della Regione sta portando avanti.
Ad oggi, infatti, non esiste ancora il Piano Regionale della Mobilità Ciclistica, previsto dagli artt. 1 e la creazione di una rete, interconnessa, protetta e dedicata, di itinerari ciclabili e ciclopedonali attraverso località di valore ambientale, paesaggistico, culturale e turistico anche con la creazione di una rete di punti di ristoro; la creazione in ambiente rurale e montano di percorsi dedicati e strutture di supporto. Da tale piano dovrebbero poi, derivare, i piani provinciali e comunali, integrando le diverse pianificazioni territoriali con reti diffuse dedicate alla mobilità ciclistica.
È infatti dimostrato da numerosi studi che la realizzazione di una singola pista ciclabile, se avulsa da una visione di “rete” e slegata da serie politiche di sviluppo della mobilità ciclistica e del turismo in bicicletta, rischi di non portare ai territori quei benefici potenziali che altre regioni (si veda il Trentino Alto Adige) hanno già sperimentato.
D’altra parte anche il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nell’allegato al Documento Economia e Finanza 2017 dal titolo Connettere l’Italia: fabbisogni e progetti infrastrutturali, ha individuato, tra le priorità infrastrutturali da qui al 2030, anche le ciclovie nazionali, comprendendole nel sistema nazionale integrato dei trasporti (SNIT), insieme alle strade di grandi comunicazione, ferrovie, porti, interporti e aeroporti.
In particolare viene riconosciuta la strategicità della Ciclovia Adriatica, della quale la ciclabile abruzzese finanziata con il progetto Bike to Coast costituisce parte essenziale, itinerario che si candida a futuri, cospicui, finanziamenti per il suo completamento e la sua integrazione con altri itinerari della rete nazionale BicItalia ed europea EuroVelo.
Tra l’altro la FIAB, in un recente incontro con il Gruppo di Lavoro interministeriale costituito per la definizione della rete ciclistica nazionale, ha consegnato l’aggiornamento della rete Bicitalia, che comprende, tra i nuovi itinerari, anche la ciclovia TIBUR, che unisce Pescara a Roma passando per Sulmona e Tivoli.
Per quanto riguarda i benefici economici sui territori interessati dalle attività cicloturistiche, seppure i più immediatamente rilevabili siano quelli relativa alla spesa turistica, allo sviluppo dell’occupazione, alle entrate fiscali, ecc., non possono essere trascurati gli impatti socio-culturali, evidenziati sia dallo studio della ECF che da quello di Legambiente.
Uno studio del Parlamento Europeo calcola che in Europa vengono effettuate 2 miliardi e 295 milioni di vacanze in bicicletta, per un valore di 44 miliardi di euro l’anno, di cui 9 miliari solo per i pernottamenti. Tra i paesi più interessati al fenomeno l’Italia è al settimo posto, con 2 miliardi di euro di ricadute economiche.
Interessante è rilevare che i primi paesi nella classifica sono la Germania e la Francia, seguiti da Regno Unito, Svezia, Paesi Bassi e Finlandia, a dimostrazione di come non sia la conformazione orografica (territorio pianeggiante) a indirizzare questa tipologia di turismo.
Non è un caso se l’edizione 2017 di Cosmo Bike, la più importante fiera nazionale del settore ciclistico, abbia scelto di proporre un progetto speciale di incoming rivolto a tutte le aziende che operano nell’ambito del noleggio sci e biciclette, con l’obiettivo di fare entrare a pieno titolo nel comparto ciclo un nuovo e potenzialmente importante target commerciale, quello dei noleggi nei territori montanti, che in una sempre più corta stagione sciistica, protraggono la loro attività affacciandosi al promettente mercato del cicloturismo.
Le Alpi e gli Appennini, infatti, sono un ecosistema particolarmente sensibile in un contesto determinato dai cambiamenti climatici, con implicazioni critiche sia dal lato ecologico che economico: l’impatto ambientale e la necessità di conversione d’uso delle infrastrutture dedicate agli sport invernali, impongono una seria progettualità su un nuovo turismo della montagna, che permetta di godere dell’incredibile fascino delle nostre catene montuose in tutte le stagioni.
Gli operatori turistici hanno compreso che un nuovo e importante contributo al turismo della montagna viene sicuramente dal trend, in continua crescita, delle bici a pedalata assistita: l’incremento della produzione (+90,36%) e della vendita di e-bike (+9,8%, dati ANCMA 2015) hanno interessanti risvolti proprio nella fruizione del prodotto in ambito cicloturistico, e montano nello specifico. Se, infatti, una volta i panorami mozzafiato erano appannaggio dei pochi cultori della bici muscolare in grado di scalare le alte vette, oggi la bici elettrica rende queste emozioni alla portata di tutti.
Pertanto l’attuazione di politiche che favoriscano il cicloturismo anche in ambienti montani e collinari, come nel caso dei territori interni abruzzesi, utilizzando anche la viabilità stradale esistente, spesso a basso traffico veicolare, migliorandone le condizioni del manto stradale e apponendo apposita segnaletica, potrebbe portare enormi benefici ai territori colpiti dal sisma, sviluppando un turismo sostenibile, a basso impatto ambientale e necessario di infrastrutture minime, che rivitalizzerebbe i nostri borghi e le nostre città, costituendo anche un interessante elemento di crescita a livello industriale e artigianale.
Oltre al settore turistico, infatti, la promozione dell’utilizzo della bicicletta offre interessanti prospettive anche ad altri settori produttivi della nostra regione.
Uno studio della Confartigianato (2015) evidenzia che, in Italia, al primo trimestre 2016 la filiera della bicicletta contava 3.043 imprese di produzione registrate (di cui il 61,9% esegue riparazioni) con 7.815 addetti: tra queste le imprese artigiane contavano 2.103 imprese, pari al 69,1% delle imprese della filiera, e 3.936 addetti, pari alla metà (50,4%) degli addetti. In particolare gli addetti dell’artigianato della Filiera della bicicletta sono il 4,4% in più rispetto ai 3.769 addetti di Ferrari e Ducati messe insieme (Mediobanca, 2015).
Le regioni più vocate nella Filiera della bicicletta – secondo l’indice che indica la specializzazione settoriale delle imprese per valori superiori a 100 – sono Trentino-Alto Adige con un indice del 269,7, Emilia-Romagna con un indice del 209,6 e Veneto con un indice del 193,7.
La Filiera della bicicletta ha registrato, nel triennio 2013-2016, una crescita delle imprese del 2,8% in controtendenza rispetto al -0,2% rilevato per il totale imprese.
Molte delle attività industriali e artigianali della nostra regione potrebbero riconvertirsi nella fabbricazione di biciclette e componenti e accessori per bici, magari puntando sull’emergente mercato delle e-bike e delle cargo-bike (anche per la logistica a corto-medio raggio), utilizzando le tecnologie già presenti per l’automotive (si pensi all’utilizzo del carbonio per elementi delle auto, materiale molto utilizzato anche per la realizzazione di biciclette), oltre alla realizzazione di abbigliamo specializzato per ciclisti o accessori per biciclette (borse, carrelli, ecc.).
Quindi un’economia basata sulla filiera della bicicletta, dal turismo alla realizzazione di mezzi e componenti, fino alla logistica e alla mobilità ciclistica, potrebbe costituire, in Abruzzo, un valido supporto alla rinascita di territori, già duramente provati da una crisi iniziata ben prima degli eventi sismici, creando occupazione, benessere ambientale e sociale.
Le azioni messe in campo dalle varie amministrazioni sono molto, ma serve un coordinamento, anche a livello amministrativo (un Ufficio regionale della mobilità ciclistica che interessi tutte le Direzioni competenti, dal turismo, alle infrastrutture, passando da sanità e trasporti, e uffici provinciali e comunali che si occupino della materia) e, soprattutto, a livelli di pianificazione. Perché le singole opere hanno senso soltanto se inserite in una visione complessiva.
Sperando, tra pochi anni, di vedere l’Abruzzo in testa alla classifica delle Regioni con il più alto PIB d’Italia.
Raffaele Di Marcello