Teramo. La settimana scorsa movimenti e cittadini hanno deciso di proporre una mobilitazione popolare per la tutela del Gran Sasso e della sua acqua che disseta il teramano, L’Aquila, il pescarese e anche Chieti.
Per decidere le forme e le date di mobilitazione è stata convocata per giovedì 1 giugno a Teramo alle ore 18 nella sede di Teramo Nostra una nuova assemblea regionale aperta a tutti.
Intanto la pagina Facebook creata per promuovere la mobilitazione in pochi giorni ha raggiunto 1.500 adesioni che continuano a crescere di ora in ora.
“Le reazioni – spiegano gli organizzatori – alla nota dei tecnici della Regione che non fa altro che evidenziare una situazione già nota, quella dell’irregolarità delle captazioni davanti alla legge da tempo segnalata da soggetti istituzionali come la ASL e l’Istituto Superiore di Sanità, paiono improntate per l’ennesima volta all’improvvisazione. Non vorremmo che si pensi di risolvere il problema con un tratto di penna, mediante escamotage che abbassano i livelli di tutela imposti dalle norme nazionali. Invece di contestare leggi e organismi che da anni stanno cercando almeno di sollevare il problema (si veda il trattamento vergognoso riservato nei confronti della ASL) chi ha responsabilità di governo non pensi, insomma, alle solite scorciatoie. Le criticità rispetto a leggi rigorose che sono poste a tutela della salute si risolvono mettendosi in regola, non aggirando le norme o riscrivendole. La sicurezza dell’acqua non si ottiene, ad esempio, come ha ipotizzato qualcuno, cambiando la legge nazionale facendo diventare legale ciò che oggi è illegale oppure disegnando aree di salvaguardia attorno alle sorgenti più limitate in estensione mantenendo sul campo lo status quo. La norma nazionale si basa su un principio sacrosanto che è quello della prevenzione perché nel settore dell’acqua potabile non si possono rincorrere le contaminazioni. Soluzioni al ribasso o che nascondono per l’ennesima volta il problema non salvano l’acqua del Gran Sasso, perché significherebbe continuare ad accusare il dito che indica invece di guardare la Luna”.
Secondo gli ambientalisti bisogna togliere dalla montagna le 2.300 tonnellate di sostanze pericolose come l’1,2,4 trimetilbenzene (1.292 tonnellate usate per l’esperimento Borexino) e l’acqua ragia (1.030 tonnellate usate dell’esperimento LVD). Questa sarebbe la principale fonte di rischio perché in caso di incidente rilevante dovremmo dire addio per decenni alle captazioni (tutte) con danni immensi anche all’ambiente.
“In questo senso – aggiungono – a nostro avviso il vicepresidente Lolli sta continuando a non inquadrare correttamente il problema che ci si pone di fronte. Poi vanno messe in sicurezza le captazioni delle gallerie autostradali e il laboratorio assicurando partecipazione e trasparenza, cosa che attualmente non vediamo. Il rafforzamento dei monitoraggi, che pure si deve predisporre in questa fase, non consentirebbe mai di monitorare le migliaia di sostanze che si possono ritrovare in un tunnel autostradale. Per questo – concludono – invitiamo tutti a partecipare all’assemblea di giovedì per costruire un’ampia partecipazione alla mobilitazione”.