L’andamento negativo del Pil abruzzese nel 2011 certifica in modo inequivocabile lo stato di recessione della economia regionale e chiude nel peggiore dei modi l’andamento di un decennio (2000-2011), in cui a fronte di una crescita media nazionale del 3 per cento del Prodotto interno lordo, l’Abruzzo ha fatto segnare una caduta dell’1,9 per cento.
Parola della Cna che, in una nota, si contrappone in maniera forte a quanti dichiarano, forse un po’ troppo ottimisticamente, la fine della crisi. I dati, infatti, parlano chiaro, Secondo il centro studi regionale, il Pil abruzzese è cresciuto nel 2011 solo dello 0,2 per cento. E non è bastato l’andamento positivo delle esportazioni, salito al terzo posto tra le regioni italiane, a migliorare il dato che resta comunque preoccupante, visto che nell’ultimo decennio l’Abruzzo risulta abbondantemente al di sotto della media del Mezzogiorno.
“La verità è che le gambe del nostro sistema produttivo sono ancora troppo gracili” spiega Aldo Ronci, responsabile della struttura di ricerca della Cna, “e a dimostrarlo c’è proprio l’andamento delle esportazioni: a tirare è il solo settore dell’automotive, mentre il resto arranca a fatica”.
A fronte di un incremento complessivo dell’export made in Abruzzo, nel 2011, di 929 milioni di euro rispetto all’anno precedente, infatti, la crescita del settore dei trasporti è stata di 566 milioni (22,9 per cento contro una media nazionale del 5,5 per cento). Mentre è stata di 323 milioni per gli altri prodotti, con una crescita del 9,4 per cento contro il 12,1 per cento nazionale.
“L’automotive vola, con un incremento quadruplo del valore italiano” chiarisce Ronci, “ma occorre ricordare che le multinazionali localizzate in Val di Sangro rappresentano meno del 7 per cento del valore aggiunto abruzzese. Al contrario, tutti gli altri prodotti mettono assieme una performance inferiore del 22 per cento rispetto alla media nazionale. E questo perché il grosso dell’economia abruzzese, costituito da imprese manifatturiere e agricole di ridotte dimensioni, ha un tasso di crescita dell’export troppo basso, e non riesce a innescare lo sviluppo della nostra regione”.
Ad essere sotto osservazione, dunque, è la crescita davvero troppo bassa del Pil. Ma per l’associazione soluzioni per uscire dall’impasse ci sarebbero se solo ci fosse l’impegno anche da parte delle istituzioni di promuovere quello che è il vero valore dell’economia regionale, cioè le piccole e micro imprese. Su un totale di 133mila attività produttive regionali, infatti, oltre 126mila sono piccole realtà e rappresentano la vera ossatura economica regionale. Aumentare la loro competitività, anche attraverso l’introduzione di processi innovativi e con i dovuti supporti, consentirebbe loro di compiere quel salto di qualità che da sole non sarebbero in grado di fare.
“Sulla nostra competitività continuano a pesare in modo abnorme” dice il presidente regionale della Cna, Italo Lupo, “sia l’elevata pressione fiscale dovuta alle addizionali Irpef ed Irap, sia la grave contrazione del credito registrata nel secondo semestre dell’anno scorso. Quanto all’export, le piccole imprese, a differenza delle grandi aziende in grado di fare da sole, hanno bisogno di un supporto e di un sostegno pubblico di Regione e Camere di commercio, per accrescere la propria competitività ed operare con successo sui mercati esteri”.