Il tribunale del Riesame ha rigettato l’istanza presentata dall’avvocato Gennaro Lettieri in rappresentanza di Claudio Ruffini, capo della segreteria del governatore dell’Abruzzo, Luciano D’Alfonso, ed ex consigliere regionale del Pd, uno dei 32 indagati nell’ambito della maxi inchiesta della Procura dell’Aquila su una serie di appalti gestiti dalla Regione Abruzzo. Ruffini aveva impugnato il decreto di perquisizione.
Il legale, in una nota, passa al contrattacco sottolineando una serie di violazioni, tra cui “la mancata autorizzazione alla proroga delle indagini”. “Questa eccezione, riproponibile in ogni stato e grado, peserà significativamente sulla vita del procedimento in quanto decorsi i primi sei mesi di indagini il Pm ha l’obbligo inderogabile di richiedere la proroga, avvertendo gli imputati e non continuando nella sua oscura attività investigativa. L’aver dimenticato la scadenza del termine delle indagini è una violazione del nostro ordinamento processuale e costituzionale”.
“Abbiamo preso atto del rigetto del ricorso per riesame proposto da Claudio Ruffini – spiega ancora – Naturalmente occorrerà esaminare le motivazioni per esprimere un giudizio più esaustivo. Va però rammentato che il riesame pone all’attenzione del Tribunale numerosi motivi, come la carenza dei presupposti di cui agli artt. 247 e 252 c.p.p, il decreto di perquisizione manca, all’evidenza, di due requisiti fondamentali: Claudio Ruffini compare soltanto tra gli indagati, ma v’è silenzio assoluto su una sua eventuale condotta; per l’effetto, non si rinviene il nesso pertinenziale tra i beni sottoposti a perquisizione e sequestro”.
Secondo Lettieri, “il decreto viola anche l’art. 355 c.p.p. essendo assolutamente vago e indeterminato in ordine alla individuazione delle cose da perquisire e sottoporre a sequestro, inoltre, il decreto è nullo per difetto di motivazione che deve sussistere in ordine alla relazione di immediatezza tra la res sequestrata e il reato di indagine, poi sono inutilizzabili le intercettazioni telefoniche effettuate in altro procedimento penale e acquisite nel presente procedimento, in palese contrasto con la norma di cui all’art. 270 c.p.”.