Il giorno 4 novembre la SLP-CISL, SLC- CGIL, FAILP-CISAL, CONFSAL-COM, UGL-COM a seguito di una serie di iniziative, proclameranno un’intera giornata di sciopero nazionale dei lavoratori di Poste Italiane, per scongiurare la volontà del Governo di collocare sul mercato la restante parte del pacchetto azionario.
“Poste Italiane – dice Stefano Di Domenicantonio della CISL Teramo – è l’azienda di servizi più grande del Paese e sebbene 20 anni fa era solo un “carrozzone” oggi garantisce consistenti dividendi allo Stato essendo una eccellenza in molti settori in cui opera.
La decisione di privatizzare completamente Poste comporterebbe delle conseguenze davvero gravi, non solo per tutti i dipendenti del Gruppo che vedono minati migliaia di posti di lavoro, ma anche per tutti i cittadini in quanto la totale privatizzazione vedrebbe venir meno la funzione sociale che questa azienda svolge, assicurando l’erogazione dei servizi attraverso i portalettere e gli uffici dislocati su tutto il territorio nazionale, anche in quei posti dove nessun altro operatore è presente”.
Privatizzare ulteriormente, per la Cisl, significa liquidare un’azienda pubblica sana, mettere a rischio i risparmi dei cittadini italiani, chiudere gli uffici e far morire il recapito.”A tutto questo diremo no il 4 novembre con un presidio regionale a Pescara e con una delegazione che sfilerà in Viale Europa a Roma con tutti i lavoratori di Poste Italiane”.
Il corteo di Pescara si svolgerà davanti alla Direzione Regionale, sede delle Poste Centrali in via Ravenna.
Alla manifestazione parteciperà anche Rifondazione Comunista: “Si tratta dell’ennesimo furto ai danni della collettività operato da governi al servizio del grande capitale”, commentano Maurizio Acerbo, della segreteria nazionale, Marco Fars, della segreteria regionale, e il segretario provinciale pescarese Corrado Di Sante, “Poste Italiane è una delle poche Società di proprietà dello Stato che produce utile e non ci sono ragioni di interesse generale che motivino la privatizzazione, considerate le conseguenze negative già verificatesi in altri settori privatizzati”.