CRESCITA ABRUZZO: UN SEGNO +
‘C’è un segno + per la crescita dell’Abruzzo nel 2015: bene. Probabilmente non è grande come pensa SVIMEZ, che parla di un +2,5 (a fronte di un +0,8 nazionale). Siccome nel 2014 secondo SVIMEZ l’Abruzzo avrebbe perso 2 punti rispetto al 2013, ne risulterebbe un balzo di ben 4,5 punti, che nessun altro indicatore giustifica, meno che mai quelli occupazionali. Successe anche con il dato 2010: SVIMEZ attribuì all’Abruzzo un +2,3 (a fronte di un +1,3 nazionale); manifestammo la nostra perplessità; successivamente, SVIMEZ corresse il dato, senza fornire spiegazioni, e lo ricondusse alla media nazionale. Commentiamo con prudenza i dati SVIMEZ per evitare illusioni prima e delusioni poi. La stessa SVIMEZ prevede per il 2016 una crescita del Sud di 2/3 inferiore a quella del 2015 e per il 2017 un dato comunque inferiore a quello del 2015. Quindi, quella che vede SVIMEZ non è una ripresa che si consolida, ma una bolla di crescita 2015 che diventa molto più modesta nel biennio successivo. Ergo, rimboccarsi le maniche perché una vera crescita è ancora tutta da fare. Bene comunque la comparsa di un segno +, ancorché non grosso come un +2,5, ma probabilmente attestato attorno a un +1, come si è detto anche in occasione della presentazione del rapporto CRESA.
ANCORA NON PARTONO GLI INVESTIMENTI DELLA NUOVA PROGRAMMAZIONE
Bisogna che settembre e ottobre vedano una fioritura di bandi, cui possa seguire l’apertura di cantieri, con le prime nuove assunzioni. Questa deve essere la priorità. Se la crescita 2015 al Sud e in Abruzzo può essere spiegata in parte con la corsa all’utilizzo pieno delle risorse 2007-2013, a maggior ragione la partenza dei nuovi investimenti potrà muovere l’economia e l’occupazione. La programmazione 2014-2020 è fatta meglio, ma è insopportabile che ancora non parta. È fatta meglio, ma rimane sulla carta.
L’ABRUZZO HA DUE SERI PROBLEMI STRUTTURALI: IL LAVORO PERDUTO E DUE ECONOMIE SEMPRE PIÙ LONTANE TRA LORO
La stagnazione dell’Abruzzo è cominciata nel 2000. Poi nel 2009 sono venuti crisi e terremoto. La perdita occupazionale strutturale si è verificata dopo, dal 2013. Ancora non riusciamo a cominciare a recuperare i circa 20/30mila posti di lavoro perduti. Nel I trimestre 2016, gli occupati sono 481mila, il mezzo milione abbondante di posti di lavoro non c’è più da oltre tre anni. A questo problema abruzzese, si aggiunge il danno nazionale fatto dalla Fornero, che spinge gli anziani al lavoro e tiene fuori i giovani: 50mila posti di lavoro mancanti all’appello per loro in Abruzzo. Se davvero la crescita 2015 fosse stata robusta come dice SVIMEZ, sarebbe da chiedersi come mai non si traduca anche, almeno in parte, in crescita occupazionale.
Nel frattempo, l’economia abruzzese si è polarizzata: da un lato la grande impresa esportatrice, dall’altro l’apparato locale, produttivo e dei servizi, sempre più frammentato. Qui mancano le politiche per reagire: la strategia di sviluppo intelligente non vive né nel Masterplan né nel Fondo Sviluppo e Coesione; non c’è una politica industriale per irrobustire gli indotti delle grandi imprese (la carta che andrebbe giocata per riconnettere grandi e piccole aziende, globale e locale); ancora non operativa la nuova mappa delle aree di crisi. Se sui fondi programmati si tratta di fare, sulle politiche c’è da correggere e impostare’, si legge in una nota UIL Abruzzo.