Abruzzo, emergenza natalità, Gervasi: “Più bare che culle”

foto_famigliaI dati Istat confermano una triste tendenza in Abruzzo: ci sono poche nascite e molti decessi. “Più bare che culle” sintetizza Vittorio Gervasi, ex assessore alla famiglia del Comune di Montesilvano. “La popolazione abruzzese invecchia e non arrivano nuovi bambini per garantire un adeguato tasso di sostituzione delle generazioni. Uno squilibrio che genererà già nel medio lungo termine grossi problemi economici in quanto diminuirà la popolazione attiva che dovrà provvedere ad un numero sempre maggiore di persone anziane. Bisogna correre ai ripari, e in un’ottica federalista, è necessario che si attivi il nostro Governo regionale con una forte azione politica”.

Gervasi invita, dunque, alla stesura di un Libro Bianco per le politiche familiari e chiede incentivi a sostegno della maternità difficile per evitare la triste piaga degli aborti. “E’ possibile invertire un trend demografico negativo aiutando la famiglia. Senza famiglia non c’è sviluppo, ma soprattutto è a rischio il nostro futuro”.

“Se la popolazione abruzzese non diminuisce, ciò si deve esclusivamente all’incremento demografico della provincia di Pescara ed in particolare alla performance della città di Montesilvano”. E’ quanto ha dichiarato il responsabile del centro studi della Cna Abruzzo, Aldo Ronci, che rileva come nei primi sei mesi del 2010 il Pescarese abbia fatto registrare con 902 unità, un notevole incremento della popolazione, pari al +0,28% sull’anno precedente. Ed è stato grazie a questa performance che l’Abruzzo ha evitato di rifluire nel decremento della popolazione. Sugli scudi, soprattutto la città di Montesilvano, che tra gennaio e giugno del 2010 ha conquistato 432 nuovi residenti, contro i 257 di Pescara e la perdita (tra gli altri centri superiori ai 50mila abitanti della regione) di Chieti (-190), dell’Aquila (-99) e di Teramo (-68).

Il bilancio demografico abruzzese segna il passo rispetto all’andamento nazionale: nel primo semestre del 2010 la popolazione italiana (+0,21%) cresce infatti quasi allo stesso ritmo dell’anno prima (+0,26%), grazie all’elevato saldo migratorio che compensa il decremento del saldo naturale. Nello stesso periodo, l’Abruzzo (+0,04%) cresce pochissimo, registrando un incremento di appena 554 unità a fronte delle 1.724 dell’anno prima. E ciò per effetto di un decremento del saldo naturale di 1.762 unità e di un modestissimo incremento del saldo migratorio di 2.316 unità.

Scorrendo i dati relativi alle altre province abruzzesi, balza evidente la sensibile caduta della popolazione tanto nel Teramano che nel Teatino. “Nel primo caso si assiste a un crollo senza precedenti negli ultimi dieci anni del saldo migratorio (da 1.071 a 280) che determina una caduta dei residenti dello 0,03%. E la stessa cosa succede anche alla provincia di Chieti che perde 382 residenti (-0,10%) a causa del forte decremento del saldo migratorio che passa da 737 a 224 unità. In questo quadro, resta solo la provincia aquilana ad essere perfettamente allineata all’andamento medio regionale, con un incremento di sole 138 unità (+0,04%)”.

Secondo Ronci, la spiegazione della caduta di popolazione a Teramo e Chieti è dovuta alla pesante flessione demografica delle zone costiere di queste due province che, almeno in questo ultimo decennio, avevano invece assicurato una crescita demografica superiore a quella nazionale. “Nel primo semestre del 2010 i comuni costieri del Teramano hanno segnato un decremento di 3 unità contro un incremento di 955 del primo semestre del 2009, mentre i comuni costieri del Teatino hanno registrato un decremento di 71 unità a fronte di un aumento di 409 unità dello stesso periodo del 2009”.

La popolazione e l’economia, così, finiscono per essere accomunate da un unico malessere. “Gli andamenti demografici negativi di Teramo e Chieti fanno il paio con i dati contenuti nel Rapporto Excelsior per il 2010, realizzato dal Centro studi di Unioncamere, che prevedono per l’Abruzzo una flessione dell’occupazione di 3.460 unità concentrata in massima parte nelle province di Teramo (-1.740) e di Chieti (-1.100). Per queste due province i dati demografici negativi e la flessione dell’occupazione sono segnali allarmanti di una crisi in atto su due territori che tradizionalmente hanno sostenuto lo sviluppo della regione”.

 

 

 

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