Anche se la notizia è ancora attuale, anche se non è diffamatoria ed è corretta.
In caso contrario il giornale online che ha in archivio articoli viola la legge sulla privacy perchè detiene dati sensibili senza il consenso dell’interessato.
La pronuncia vede dunque soccombere il quotidiano online abruzzese PrimaDaNoi.it e conferma di fatto la sentenza 3/2013 del tribunale di Ortona che aveva stabilito che un articolo di cronaca su un accoltellamento in un ristorante dovesse essere cancellato dall’archivio digitale perchè pur essendo corretto, raccontando la verità e non travalicando i limiti di legge aveva prodotto un danno ai ricorrenti, cioè i soggetti attivi della vicenda di cronaca giudiziaria.
A nulla era valsa, all’epoca così come in Cassazione, l’eccezione relativa al diritto di cronaca per cui un fatto se è vero non può produrre un danno né al fatto che la notizia di due anni prima era ancora attuale perchè il processo relativo non era nemmeno iniziato.
PrimaDaNoi.it, difesa dall’avvocato Massimo Franceschelli, ha proposto ricorso in Cassazione invocando la falsa applicazione della legge sulla privacy e chiedendo la nullità della sentenza perchè i dati sono stati trattati unicamente per finalità giornalistiche, dunque senza necessità.
Inoltre il fatto del 2008 non poteva dirsi di fatto chiuso perchè l’ultima udienza si è tenuta il mese scorso (maggio 2016).
Si legge nella sentenza “l’illecito trattamento dei dati personali è stato dal tribunale specificatamente ravvisato non già nel contenuto e nelle originarie modalità di pubblicazione e diffusione on line dell’articolo di cronaca sul fatto accaduto nel 2008 nè nella conservazione e archiviazione informatica di esso ma nel mantenimento del diretto ed agevole accesso a quel risalente servizio giornalistico del 29 marzo 2008 e della sua diffusione sul web”.
Dunque secondo la Cassazione è corretto pubblicare e mantenere in archivio ma solo per un determinato periodo (che nessuna legge prevede) e che questa sentenza stabilisce “congruo” in due anni e mezzo. Trascorso questo tempo l’articolo non solo dovrebbe essere deindicizzato (sempre a carico della testata online a differenza di quanto stabilito dalla Corte di giustizia Europea nel 2014) ma sparire dal web completamente.
“La Costituzione italiana, l’ultimo baluardo per le nostre libertà e diritti, è chiara sulla attività giornalistica», sostiene il direttore Alessandro Biancardi, ”La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Questa sentenza invece dice che dopo un pò bisogna essere autorizzati per trattare i dati sensibili e di fatto con la deindicizzazione e la cancellazione degli articoli dal web si applica una censura. Postuma ma sempre censura”.