Dopo tre mesi trascorsi in parte agli arresti domiciliari e in parte con obbligo di dimora, l’ex assessore regionale alla sanità Lanfranco Venturoni torna in libertà. Il gip del tribunale di Pescara Guido Campli ha, infatti, accolto l’istanza presentata dai legali di Venturoni, al quale è stata revocata la misura dell’obbligo di dimora nel comune di Teramo.
Secondo il giudice non sussiste più l’esigenza di misure cautelari nei confronti di Venturoni, coinvolto nello scorso settembre nell’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti per la quale era rimasto agli arresti domiciliari fino al 15 ottobre. Contro l’obbligo di dimora gli avvocati Lino Nisii e Guglielmo Marconi avevano già presentato ricorso al tribunale del riesame dell’Aquila, che però aveva respinto la richiesta e dato ragione alla procura della Repubblica di Pescara: su quella decisione decideranno, dopo il ricorso dei legali, i giudici della Cassazione.
Proprio per l’obbligo di dimora, Venturoni era stato costretto alle dimissioni dalla giunta regionale guidata dal presidente, Gianni Chiodi; le sue dimissioni seguivano quelle di un altro ex assessore, Daniela Stati, coinvolta nell’ambito di un’altra inchiesta giudiziaria e successivamente passata dal Pdl a Futuro e Libertà per l’Italia. Con il ritorno in libertà di Venturoni, che per il momento preferisce non rilasciare dichiarazioni prima di leggere il contenuto del provvedimento del gip e di conferire direttamente con Chiodi, potrebbe tornare in ballo il rimpasto di giunta. Nei giorni scorsi il Tribunale del riesame dell’Aquila, inoltre, ha respinto la richiesta di dissequestro per i terreni della Team di Teramo sul quale, secondo la tesi degli inquirenti, sarebbe dovuto sorgere l’impianto di trattamento e bioessicazione dei rifiuti attorno al quale ruota tutta l’inchiesta della procura pescarese. Per il Procuratore del capoluogo adriatico, Nicola Trifuoggi, ed i pubblici ministeri Anna Rita Mantini e Gennaro Varone, il quadro accusatorio non cambia: l’ex assessore dovrà rispondere di corruzione, peculato e abuso d’ufficio. L’inchiesta aveva visto coinvolti anche l’imprenditore Rodolfo Di Zio, mentre tra gli indagati, i senatori Fabrizio Di Stefano e Paolo Tancredi, l’imprenditore Ettore Di Zio, Paolo Bellamio, Sergio Saccomandi, Vittorio Cardarella, Giovanni Faggiano, Ottavio Panzone. Restano da chiarire, infine, le posizioni dell’ex assessore regionale Daniela Stati e del sindaco di Teramo Maurizio Brucchi: il pool di magistrati titolare dell’inchiesta potrebbe stralciare e archiviare le loro posizioni.