Agricoltura, l’Abruzzo punta sulla “filiera corta”

febbo_filiera_cortaIl Consiglio regionale ha approvato ieri, con la sola astensione dell’Italia dei Valori, la legge sulle “Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli a chilometri zero“. La cosiddetta “filiera corta” non è altro che quell’insieme di prodotti locali che vengono venduti o somministrati nelle vicinanze del luogo di produzione. Alimenti che, quindi, hanno un prezzo contenuto, sia per i ridotti costi di trasporto e di distribuzione sia per l’assenza di intermediari commerciali, ma anche a scarso ricarico del venditore che spesso è lo stesso agricoltore o allevatore.

Gli alimenti “a Km zero“, oltre a provenire da una specifica zona di produzione, offrono maggiori garanzie di freschezza e genuinità proprio per l’assenza, o quasi, di trasporto e di passaggio.

Con la legge regionale concernente approvata ieri, anche la Regione Abruzzo si è mossa in questa direzione sposando la scelta della sostenibilità ambientale delle produzioni, delineatasi a livello mondiale e sostenuta con forza ed in primis dalla Commissione Europea.

L’assessore regionale all’Agricoltura Mauro Febbo, nel corso di una conferenza stampa che ha tenuto questa mattina, insieme ai rappresentanti di tre delle principali organizzazioni del settore, Confagricoltura, Coldiretti e Copagri, ha parlato di “un primo importante passaggio sia per dare un sostegno concreto al mondo degli agricoltori sia per venire incontro alle esigenze degli stessi consumatori che nei prodotti alimentari cercano senza dubbio qualità e igienicità ma anche tracciabilità”.

Febbo ha annunciato anche che il prossimo obiettivo sarà quello della definizione del “Marchio Abruzzo“, che renderà inequivocabile il riferimento dei prodotti agricoli al territorio da cui provengono. “Quello dei prodotti a Km zero” ha spiegato l’assessore “è un modello che intendiamo portare anche all’interno delle strutture pubbliche come scuole, ospedali, mense aziendali così come nel mondo della ristorazione privata, specie quella che abitualmente cura una clientela di lavoratori dipendenti che usufruiscono di buoni pasto”.

Le recenti relazioni della Commissione UE attribuiscono al settore alimentare circa il 23% dell’utilizzo complessivo delle risorse globali, circa il 18% delle emissioni di GHG (gas ad essetto serra) e circa il 31% dell’acidificazione. In questo quadro, la stessa CE ha evidenziato la necessità di identificare metodologie scientifiche affidabili per il calcolo degli impatti ambientali, suscettibili di essere utilizzate con efficacia all’interno delle filiere agroalimentari. A tal fine, la Commissione europea ha recentemente istituito un tavolo di lavoro all’interno delle politiche sul consumo e sulla produzione sostenibile (Sustainable Consumpation and Production ? SCP) che mira da un lato a migliorare i comportamenti dei produttori e dei consumatori, e dall’altro ad agire per migliorare le prestazioni dei prodotti attraverso strumenti adeguati per controllare e contenere l’impatto ambientale delle produzioni.

La norma regionale nasce dunque dalla necessità di recepire il generale orientamento comunitario a sostegno dei prodotti agricoli a comprovata sostenibilità ambientale, per i quali sia dimostrabile un ridotto apporto di emissioni di gas a effetto serra (GHC) rispetto ad altri prodotti equivalenti presenti sul mercato. “La legge” ha concluso Febbo “attraverso il criterio del Km zero, accomuna un’ampia gamma di prodotti di qualità, tradizionali, stagionali e comunque a comprovata sostenibilità ambientale, caratterizzati dalle ridotte emissioni di gas climalteranti, o gas a effetto serra, rispetto agli analoghi prodotti agricoli e agroalimentari provenienti da filiera lunga”.

 

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