L’assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni è stato arrestato questa notte con l’accusa di corruzione dalla squadra mobile di Pescara, guidata da Nicola Zupo, a Teramo, dove risiede. Nell’inchiesta sarebbero coinvolte una quindicina di persone, tutte accusate, a vario titolo, di istigazione alla corruzione, peculato e abuso d’ufficio.
L’assessore, ex presidente della Teramo Ambiente, sarebbe coinvolto, insieme ad una quindicina di persone, in un’inchiesta condotta dalla Procura di Pescara, dai pm Gennaro Varone e Annarita Mantini, nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti e partita nel 2008.
Oltre a Lanfranco Venturoni, sottoposto al regime di arresti domiciliari, concessi dal gip Guido Campli, è stato arrestato anche Rodolfo Di Zio, proprietario della De.co, gruppo che si occupa di rifiuti appunto, ed ha la sua sede a Santa Teresa di Spoltore.
Secondo l’accusa, gli indagati stavano cercando di realizzare un inceneritore in Abruzzo. Le indagini sono partite dalla stessa inchiesta che nello scorso mese di agosto ha portato agli arresti domiciliari dell’ex assessore regionale all’Ambiente, Daniela Stati.
Nell’inchiesta risultano iscritti nel registro degli indagati anche i senatori del Pdl Paolo Tancredi e Fabrizio Di Stefano. Coinvolti, a vario titolo, anche l’ex assessore Daniela Stati (che dovrà rispondere di favoreggiamento), il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi, Paolo Bellamio, componente del Collegio Sindacale TeAm, Vittorio Cardarella, ex amministratore delegato della TeAm ai tempi della presidenza Venturoni, il pescarese Ettore Ferdinando Di Zio, Giovanni Faggiano, da poco dimessosi dall’incarico di amministratore delegato Enerambiente (socio privato della TeAm), Sergio Saccomandi di Teramo, presidente della TeAm Tec, il pescarese Ottavio Panzone.
L’inchiesta. L’assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni risulta coinvolto nella maxi inchiesta della Procura di Pescara sui rifiuti in qualità di presidente del Consiglio di amministrazione della TeAm spa, società a partecipazione pubblica per la gestione dei servizi ambientali municipali del Comune di Teramo. Secondo i magistrati Venturoni, insieme ai fratelli Rodolfo (amministratore delegato della De.co Spa) e Ferdinando Di Zio (presidente del CdA De.co), avrebbe messo in atto un piano di svuotamento della TeAm per favorire la Deco, facendole ottenere, senza una regolare gara d’appalto, l’affidamento della costruzione e gestione di un impianto di bioessiccazione dei rifiuti a Teramo. Senza alcun mandato del Consiglio di amministrazione della TeAm, Venturoni avrebbe deliberato l’acquisto del 60% delle quote della società Tecnogyl srl, costituita il 12 luglio 2007 dai fratelli Di Zio, con capitale conferito interamente dalla De.co (trasformata in Team tecnologie Ambientali il 19 luglio 2007). L’obiettivo, sempre secondo l’accusa, era quello di attribuire al privato un partenariato in società pubblica, sapendo che nel giro di poco tempo sarebbe stata autorizzata a costruire e gestire l’impianto di bioessiccazione. Come corrispettivo per l’acquisto delle quote societarie, Venturoni avrebbe preso 30 mila euro dal patrimonio della TeAm, versandoli alla De.co, per favorirla nella realizzazione dell’impianto. Venturoni si sarebbe, inoltre, appropriato del progetto per la costruzione della struttura (presentato dalla TeAm alla Regione Abruzzo) per attribuirlo alla De.co, dietro pagamento forfettario dei costi di realizzazione del progetto (76 mila euro) e si sarebbe occupato dell’aumento di capitale sociale della TeAm Tecnologie Ambientali, facendo in modo che la De.co conferisse il progetto dell’impianto e che la TeAm Ambiente conferisse dei terreni situati a Terrabianca, Teramo.
Il ruolo di Fabrizio Di Stefano. Secondo gli inquirenti, il senatore del Pdl ha avuto un ruolo fondamentale nel rapporto con gli imprenditori della zona. Si occupava del Consorzio comprensoriale dei rifiuti di Lanciano, al quale partecipava una ditta della famiglia Di Zio, la Ecologica Sangro spa (partecipata al 95% dalla De.co). Nel 2009 il presidente del consorzio comprensoriale dei rifiuti di Lanciano Riccardo La Morgia aveva promosso una revisione delle tariffe per far sì che i Comuni potessero pagare meno e per favorire la realizzazione di un impianto di bio-compostaggio, che tuttavia, avrebbe comportato la diminuzione dei guadagni per le imprese degli imprenditori dei rifiuti proprietari di un impianto in contrada Casoni a Chieti. I Di Zio chiedono l’intervento del senatore affinché fermi l’attività di La Morgia e lo fanno, sempre secondo l’accusa, con denaro e regalie varie. Il 16 febbraio del 2009 Rodolfo Di Zio avrebbe versato una somma di denaro contante (l’importo non è ancora stato accertato) al senatore, che avrebbe anche “consigliato” agli stessi imprenditori di versare una somma al candidato sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia. Si parla, in questo caso, di circa 10mila euro. Secondo gli inquirenti Albore Mascia sarebbe, comunque, estraneo all’accordo corruttivo e a lui non sarebbe attribuito alcun ruolo. Di Stefano avrebbe chiesto, inoltre, agli imprenditori, un aiuto a favore di Crescenzio Rivellini, candidato napoletano al Parlamento europeo: altre 20mila euro, di cui 5mila euro ritornano al senatore. Di Stefano avrebbe inoltre utilizzato la sua influenza politica, facendo ad esempio pressioni su Daniela Stati affinché sostenesse il commissariamento del consorzio comprensoriale di Lanciano, in modo da “eliminare” La Morgia e “cancellare” ogni “fastidio” ai Di Zio. Di Stefano, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe fatto da tramite per un rapporto privilegiato tra la Stati e Rodolfo Di Zio affinché modificasse la legge 45/2007 e si creassero le condizioni normative per realizzare il famoso inceneritore in Abruzzo, abbassando la soglia del 40% di raccolta differenziata. La raccolta differenziata, infatti, in Abruzzo non sfiorava nemmeno il 40% occorreva una modifica alla legge per poter aprire la strada agli inceneritori.
Il ruolo del sindaco di Teramo Maurizio Brucchi. Avrebbe ricevuto 20mila euro dai fratelli Di Zio, come contributo elettorale tramite Deco spa e la Ecologica Sangro. A chiedere il versamento di questa somma sarebbero stati, secondo l’accusa, l’assessore regionale Lanfranco Venturoni e il senatore Paolo Tancredi. Il finanziamento era un modo per garantire ai Di Zio l’affidamento dell’appalto per la realizzazione dell’inceneritore a Teramo senza procedere ad una regolare gara d’appalto.