I 40 anni della Regione Abruzzo

chiodiSi sono svolte ieri, mercoledì 7 luglio, a L’Aquila, le celebrazioni per il 40esimo anniversario della nascita delle Regioni. Un appuntamento importante, per l’Abruzzo, caduto proprio nel giorno dell’umiliazione degli aquilani nella Capitale. E mentre a Roma gli abruzzesi venivano accolti con manganellate, pesanti e dolorose per il corpo e per l’anima, a L’Aquila, la loro L’Aquila, il presidente Gianni Chiodi ha pronunciato il suo lungo discorso celebrativo.

Partendo da quella lontana primavera del 1970, quando nascevano le Regioni a Statuto ordinario. A quel tempo l’Abruzzo era solo l’unione di quattro province sempre in disaccordo tra loro su tutto, una delle regioni più povere del Mezzogiorno con un Pil bassissimo e il fenomeno dell’emigrazione assai diffuso. Una regione isolata dal resto del paese con una rete autostradale ancora inefficiente.

Poi, la nascita dell’Istituto regionale “che ha segnato un momento di svolta e che per certi versi ha accompagnato lo sviluppo impetuoso che l’Abruzzo ha avuto nel ventennio successivo”.

“In questi quaranta anni” ha detto Chiodi “la struttura socio-economica della regione è mutata in modo clamoroso. Oggi questo Consiglio e questi consiglieri hanno il privilegio di celebrare i 40 anni di nascita della Regione Abruzzo e l’onere di affrontare una fase difficile per la nostra comunità regionale, forse la più difficile fra le esperienze vissute in questi anni: un enorme debito sulle spalle della nuova generazione di abruzzesi, la sanità da rifondare, la crisi economica, un disastroso terremoto ed un processo di riforma federalista che può essere una grande opportunità ma anche un grande rischio se non saremo in grado di affrontare e risolvere le crisi in atto. L’Abruzzo, però, non teme il federalismo; lo auspica! Perché ha fiducia nella maturazione indotta della sua classe dirigente fatta di donne ed uomini che vogliono dimostrare di saper pensare e saper fare, che desiderano assumersi delle responsabilità e non scaricarle su altri, sia esso lo Stato, la società moderna, la società globalizzata ed altri miti sociologici. C’è un bisogno diffuso di ricominciare a lavorare per ricostruire. In primo luogo la fiducia dei cittadini, poi la credibilità delle istituzioni, la voglia di farcela, il bisogno di dimostrare che, in fondo, gli abruzzesi sono sempre quelli che tutti conoscono, in Italia e nel mondo, ossia brava gente, tenace, pulita, capace di soffrire in silenzio e orgogliosi della propria storia e della propria identità. Per questo abbiamo lavorato in questi primi diciotto mesi, per questo abbiamo ridotto del 12% lo stock del debito complessivo, per questo abbiamo ridotto del 16% il costo del debito, per questo abbiamo riportato il deficit annuale del sistema sanitario a valori antecedenti al 2000. Per questo ricostruiremo la città dell’Aquila ed i comuni del cratere, per questo lavoreremo i prossimi anni dando un nuovo futuro alla nostra regione. In questo sforzo epocale di cambiamento, l’intera comunità abruzzese dovrebbe stringersi attorno all’istituzione regionale con l’obiettivo, da un lato, di trovare insieme le misure necessarie per alleviare le difficoltà e, dall’altro, per arrivare ad una visione condivisa di sviluppo dell’Abruzzo. Non vogliamo essere lasciati soli nell’assumerci le responsabilità perché stiamo facendo gli interessi di tutti. Sappiamo, purtroppo, che la medicina per riprendere un percorso di sviluppo non sarà dolce di sapore, ma è pur sempre una medicina che fa guarire e la dobbiamo somministrare se vogliamo che le difficoltà attuali si trasformino in una opportunità per l’Abruzzo del domani. Viva l’Abruzzo! Viva gli abruzzesi!”.

 

 

 

 

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