L’Aquila. Dan Fante ci ha lasciati. E’ deceduto a Los Angeles alle 7:30 di lunedì mattina, 23 novembre, per un male inesorabile che in pochi mesi lo ha spento. La moglie Ayrin fa sapere che Dan è spirato serenamente, tra le sue braccia.
Scrittore, poeta e drammaturgo di successo, 71 anni, era il secondogenito del grande John Fante. Dan era nato a Los Angeles il 19 Febbraio 1944, e lì era cresciuto. A vent’anni, lasciata la scuola, inizia il turbolento viaggio della sua vita, andando dapprima a risiedere a New York, per dodici anni, poi in giro per gli States.
Nella Grande Mela Dan svolge tanti mestieri per sostenersi, spesso in condizioni molto precarie. Decine di esperienze di lavoro, talvolta scadenti, come venditore porta a porta, tassista, lavavetri, telemarketing, investigatore privato, hotel manager notturno, autista occasionale, postino, lavapiatti, parcheggiatore, venditore di mobili ed altre più umili occupazioni.
Ogni esperienza della sua vita giovanile è tuttavia trapuntata dagli eccessi, soprattutto da un uso smodato dell’alcool, che è stato per anni il suo demone più assiduo.
Vita complicata che ha ispirato la sua scrittura “di strada”, una prosa forte ed avvincente, che nelle diverse modulazioni alimenta, come già il padre John ad un livello eccelso, quel filone della letteratura americana che con Steinbeck, Faulkner, Fitzgerald, Kerouac, Miller, Bukowski e Selby Jr ha tracciato un solco profondo, facendo conoscere l’America, la società americana e le sue ossessioni meglio d’ogni altra corrente letteraria.
Dan Fante aveva da molti anni affermato una sua dimensione di rilievo nel mondo letterario, come poeta, commediografo e soprattutto romanziere. La sua scrittura è corrosiva e geniale. Certamente un talento della letteratura contemporanea. Invitato nel 1999 al Festival delle Letterature di Mantova, fu quello il suo primo viaggio in Italia. Poi è tornato più volte, alla ricerca della proprie radici.
Così Dan Fante disse in quella occasione: “Per me essere qui, in Italia, è anche come fare una specie di pellegrinaggio sulle tracce di mio padre. Ho pensato molto a lui, stando qui. Mi è tornato in mente il suo amore per l’Italia, per i suoi avi, per il paesello. In Svizzera, a Mendrisio, ho sentito i mandolini e ho pensato molto a lui. A quando raccontava di Napoli, per esempio. Sarà stato tra il ’59 e il ’60, mio padre era in Italia a fare cinema, e ci scriveva dall’Italia, di quanto amasse essere lì, quei posti, quella gente. Ora sono in contatto anche con dei parenti. Pare che a Torricella Peligna, il paese in Abruzzo da cui sono venuti i nostri avi, ci siano ancora dei cugini…”.
E in effetti, da allora, Dan Fante è tornato diverse volte in Italia, in particolare a Torricella Peligna, per partecipare al Festival letterario dedicato a John Fante “Il Dio di mio padre”, diretto da Giovanna Di Lello e giunto alla decima edizione. Anche nel 2013 venne al Festival, dove presentò la sua bella silloge poetica Gin & genio. E ancora l’anno scorso, venuto con la moglie Ayrin e il figlio Michelangelo Giovanni.
L’Aquila gli era entrata nel cuore. Lo testimoniò nell’agosto 2011 quando venne nel capoluogo abruzzese, massacrato dal terremoto, per una bella testimonianza d’amore verso la città, firmandola sulla parete di tavole d’un cantiere lungo il Corso. Scrisse con lo spray sul tavolato “From my heart to L’Aquila. Dan Fante”.
Avere un padre famoso come John Fante poteva significare una vita comoda. Ma per Dan le cose erano state più complicate. D’altronde, tutto è raccontato nei suoi romanzi – in Italia sono stati pubblicati Angeli a pezzi (1999), Agganci (2000), Mae West (2008), Buttarsi (2010), la commedia teatrale Don Giovanni (2009) e la silloge Gin & genio (2013) – attraverso il suo alter-ego Bruno Dante e i personaggi che animano le sue storie, dove riecheggiano esperienze autobiografiche e complicati rapporti familiari.