Pescara. “La risorsa idrica in Abruzzo è in grande pericolo sia per quantità che per qualità. Per questo serve un’azione radicale, non certo l’approvazione di questo Piano di Tutela delle Acque che è del tutto inaccettabile senza modifiche” così il Forum Abruzzese dei Movimenti dell’Acqua commenta la notizia dell’avvio in Consiglio Regionale della discussione del Piano di Tutela delle Acque.
Quattro le principali criticità sollevate: assenza di norme sull’inquinamento da idrocarburi e sull’interazione tra grandi infrastrutture come il metanodotto Snam e le aree di elevato valore idrogeologico; le deroghe richieste fino al 2027 per la qualità dei fiumi; l’aver ignorato del tutto la questione dei cambiamenti climatici e della necessaria strategia di adattamento; il deflusso minimo vitale irrisorio e il suo impatto sul raggiungimento dello stato buono della qualità dei fiumi.
‘Per l’ennesima volta la proposta di Piano, confezionata da funzionari e consulenti, tra cui uno di Montedison al processo di Bussi, giunge sul tavolo del Consiglio Regionale per la sua approvazione. E’ previsto, infatti, per il pomeriggio di oggi l’avvio dell’esame in II Commissione. Fortunatamente il Presidente Pietrucci ha dato la disponibilità a discutere modifiche in extremis’, si legge in una nota del Forum.
Il Piano dovrebbe affrontare le emergenze che possono essere riassunte in tre dati:
70% dei fiumi fuori dagli obiettivi di qualità;
35% delle falde contaminate oltre i limiti di legge;
22% dei tratti di balneazione classificati in qualità “scarsa” (contro un dato europeo del 2%).
‘Il Piano presenta enormi criticità che da anni vengono segnalate, inutilmente, ai funzionari della Regione. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, dalla balneazione alla qualità dei fiumi.
Purtroppo in questi anni questo atteggiamento refrattario a richieste che noi riteniamo di buon senso non ha permesso di addivenire a quelle modifiche che avrebbero reso il Piano un reale strumento di lavoro per la tutela e riqualificazione delle acque abruzzesi.
Per parte nostra fin dal 2008 abbiamo rivolto appelli e consegnato numerosi documenti tecnici, condivisi da tante associazioni ed enti, affinché l’impostazione del Piano venisse cambiata a favore della reale tutela delle acque rispetto alla salvaguardia di legittimi ma molto parziali interessi di settori economici. Tutto ciò a discapito, tra l’altro, di quelli di tante altre categorie produttive, dai balneatori agli albergatori fino agli agricoltori e ai pescatori che oggi soffrono per lo stato della qualità dei fiumi abruzzesi (dai divieti di balneazione alle salmonelle nelle vongole e nelle acque di irrigazione).
Oggi le criticità che abbiamo per tempo segnalato stanno scoppiando: problemi alla balneazione che incidono gravemente sul sistema turistico abruzzese; deriva petrolifera incontrollata contro la quale l’Abruzzo si presenta con strumenti tecnici e di pianificazione spuntati; cambiamenti climatici per i quali la regione, attraverso i consulenti del Piano (sic!), mentre tutto il mondo indica la necessità di dotarsi di strumenti di lotta e di adattamento locale, ha di fatto assunto addirittura una posizione negazionista; divieti di irrigazione e di pesca alle vongole per la presenza di salmonella’, si evidenzia nella nota.
‘Da allora l’apparato regionale non ha fatto altro che provare di portare a mera ratifica del Consiglio Regionale scelte che auspichiamo non siano condivise dai consiglieri. Non può certo essere la minaccia di apertura di una procedura d’infrazione l’alibi per approvare un Piano che reputiamo del tutto insufficiente rispetto alle finalità originarie. Si cerca, in sintesi, di continuare a gettare la polvere sotto il tappeto invece di affrontare quelle problematiche che rischiano di aprire nei contenuti un contrasto con la Commissione.
Riteniamo che la proposta di associare all’approvazione del Piano l’avvio dei lavori per una sua modifica sia irricevibile stante l’urgenza della risoluzione dei problemi ambientali ed economici che abbiamo sul tavolo. Ricordiamo che i lavori per questo Piano vanno avanti dal lontano 2001 (sic!) e nel frattempo la situazione è precipitata. Come può essere credibile questa proposta di avviare le attività per la revisione del piano agli occhi dei cittadini quando l’apparato regionale si è dimostrato totalmente sordo alle richieste di modifica proposte da più parti e incapace di portare a compimento un piano in 14 anni?
Crediamo che l’unica strada percorribile, per la quale ci sentiamo di impegnarci, sia quella di procedere in poche settimane ad alcune limitate ma qualificanti modifiche delle Norme tecniche di attuazione del Piano, accompagnate da brevi relazioni, che riprendano e risolvano almeno alcune delle problematiche più scottanti sollevate in questi anni e che sono ampiamente documentate nelle osservazioni. Poi, approvato il Piano, ci si dovrà comunque concentrare su modifiche più ampie comunque necessarie’, insiste il Forum.
‘In particolare crediamo sia indifferibile:
a)DERIVA PETROLIFERA/METANODOTTI: introduzione di una norma di tutela dalla deriva petrolifera/metanodotti almeno per le aree di ricarica degli acquiferi/sorgenti e da opere estremamente impattanti come i tunnel dei metanodotti nelle aree retrostanti le sorgenti. Ad esempio, sulla base di quanto già osservato nel dossier delle associazioni sui rischi per le falde della deriva petrolifera, corroborate dall’ulteriore ricerca scientifica pubblicata recentemente dall’Università di Princeton sull’inquinamento delle falde acquifere derivante dalle perdite lungo i pozzi petroliferi per risalita e fuoriuscita di idrocarburi, si dovrebbe introdurre un apposita norma di salvaguardia;
b)BALNEAZIONE: riduzione dei tempi e della quantità di deroghe richiesti perché è del tutto inaccettabile che per molte foci fluviali la regione chieda il rinvio del raggiungimento degli obiettivi di qualità (lo stato “buono”) al 2027 (sic!). Il sistema turistico non può certo sopportare tutto ciò. Le deroghe non possono essere viste come una modalità per rinviare i problemi. A nostro avviso, rispetto alla situazione attuale di non conformità agli obiettivi comunitari, si deve prevedere di raggiungere obbligatoriamente l’obiettivo dello stato “buono” per il 60% dei fiumi entro il 2018, per un ulteriore 35% entro il 2021 e per un rimanente 5% residuo per il 2027 (si tratta delle situazioni più complesse). Inoltre tali percentuali dovrebbero essere associate a singoli corpi idrici e non rimanere generici, anche per rassicurare gli operatori economici che operano sui singoli corsi d’acqua (e attorno alle foci).
c)CAMBIAMENTI CLIMATICI: deve assolutamente essere inserita una norma sull’adattamento ai cambiamenti climatici che renda prioritari gli interventi di risanamento e di progressiva rinaturalizzazione dei corsi d’acqua (piantumazione di boschi planiziali; salvaguardia delle fasce riparie; divieto di ulteriori captazioni ecc.).
d)DEFLUSSO MINIMO VITALE E RAGGIUNGIMENTO DELLO STATO BUONO DELLE ACQUE: non si possono chiedere deroghe fino al 2027 da un lato e allo stesso tempo acconsentire sugli stessi tratti fluviali pesanti interventi come nuove captazioni che non fanno altro che peggiorare la situazione intubando i fiumi. Serve più acqua nei fiumi e per questo il cosiddetto Deflusso Minimo Vitale deve essere aumentato di molto rispetto ai valori calcolati nel piano (per la maggior parte dei fiumi è tra il 10 e il 20% della portata naturale!) e, comunque, subordinare gli interventi (non solo per le questioni idroelettriche ma in generale) al raggiungimento dello stato “buono” della qualità delle acque.
Siamo stati invitati in Commissione a spiegare le nostre ragioni. Abbiamo inviato una nota scritta e sappiamo che il Presidente della II Commissione Pietrucci ha espresso una disponibilità ad approfondire questi argomenti. Noi siamo pronti ad una full-immersion per apportare in poco tempo cambiamenti significativi al provvedimento. Auspichiamo che l’intero Consiglio abbia rispetto alle questioni da noi sollevate un atteggiamento di apertura senza il quale il futuro dell’acqua in Abruzzo non sarà roseo’, dichiara in conclusione.