Roma. Sette arresti, cinque ai domiciliari, e quattordici denunce. E’ il bilancio dell’operazione “Capital Watering” con la quale il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza ha smontato il Gruppo Hopit. L’inchiesta tocca da vicino anche l’Abruzzo, visto che gli inquirenti avrebbero portato alla luce una tentata truffa ai danni della Regione per l’ottenimento di fondi pubblici.
Abusivismo bancario per oltre 200 milioni di euro, 9 milioni di euro di fatture false, 80 milioni di euro di fittizi aumenti di capitale sociale, bancarotta fraudolenta per Hopit Spa, Net.Tel. Spa, Editoriale Dieci Srl e Segem Spa, tentata truffa aggravata nei confronti della Regione Abruzzo, falsità, calunnia aggravata e resistenza a pubblico ufficiale per il patron del gruppo, suo figlio ed altri collaboratori e professionisti. Al Gruppo Hopit – spiegano le Fiamme gialle – sono riconducibili società editrici e di telecomunicazioni facenti capo ad un noto imprenditore romano, Gian Gaetano Caso (tra gli arrestati, con il figlio Fabio): tra queste il giornale sportivo “Dieci“, nato nel 2007 e chiuso pochi mesi dopo, e la testata “Il Globo“. Il quotidiano sportivo “Dieci” venne chiuso tra le proteste dei giornalisti che non venivano pagati mentre la presunta rinascita della storica testata “Il Globo”, nei primi anni 2000, era stata affidata alla società PmEdit Srl, attualmente in fallimento. Al gruppo fanno riferimento anche le attività della Laer (società sulle cui ceneri e’ sorta poi la Ghenda Srl) affidata a un soggetto vicino al patron del gruppo, Roberto Lupi (destinatario, come Caso senior, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere) che nel settembre 2006 ha dovuto gestire la fine dei “call center” in Sardegna di fronte ai lavoratori che reclamavano i mancati pagamenti. Sempre la Hopit Spa compare nel 2005 tra i potenziali “salvatori” dello stabilimento casertano di San Marco Evangelista della multinazionale 3M Spa e, nel 2008, viene citata tra i pretendenti del giornale L’Unita’. I militari del Nucleo speciale di polizia valutaria entrano per ispezioni antiriciclaggio nel febbraio di due anni fa nella sede principale del gruppo, al civico 5 di via XX Settembre, e presso altre unità operative che, tutte insieme, stimano una capitalizzazione da oltre 90 milioni di euro. Da quel momento il castello delle numerose società del gruppo – la Hopit Spa, la Net.Tel. Spa, la Segem Srl, la Ghenda Srl, la Caso Editori Srl, la Editoriale 10, la Editoriale 7 Srl, la Editoriale 11, la G&A Giornali Associati, supportate da altre realtà economiche definite “equivoche” dagli investigatori come le società nicaraguensi Central America Adventures SA e Mediterranea SA, detentrici di importanti quote multimilionarie della capogruppo Hopit e delle altre partecipate, e la Kuban Bank Rappresentanza per l’Italia che poco ha da spartire con l’omonima banca russa da cui ha preso il nome – comincia a vacillare. Le Fiamme gialle cominciano così a ripercorrere trasversalmente le intricate e complesse vicende societarie ed economiche del gruppo e ne escono individuando un’associazione a delinquere che aveva realizzato abusiva attività bancaria attraverso raccolta del risparmio per 130 milioni di euro, abusiva emissione di polizze fideiussorie per oltre 90 milioni di euro, 9 milioni di euro di fatture false ed altri delitti tributari, sei fittizi aumenti di capitale sociale per valore superiore agli 80 milioni di euro, la bancarotta fraudolenta della Hopit Spa, della Net.Tel. Spa, della Editoriale Dieci Srl, della Segem Spa, una tentata truffa aggravata nei confronti della Regione Abruzzo per l’erogazione di fondi pubblici, una serie di falsità in scritture private ed atti pubblici, e, infine, una calunnia aggravata e resistenza contro pubblici ufficiali.