Turismo e piattaforme petrolifere: l’insostenibile pesantezza dei luoghi comuni

grafico1Di dialoghi politicamente corretti recitati da benpensanti pseudo-ambientalisti è pieno il web: blogger e derivati si affannano a proclamare il turismo e l’agricoltura come uniche risorse italiane da valorizzare ed esaltare per uscire dal baratro economico dove siamo finiti.

Gli idrocarburi – o qualunque altra potenziale forma di sviluppo industriale – sembrano essere il male assoluto da demonizzare, contro cui protestare e organizzare manifestazioni e sit-in.
Ma è veramente così? Oppure le fazioni opposte – turismo e idrocarburi in questo caso – possono trovare un punto d’incontro?

Ciò che sembra essere nero corvino a volte accoglie sfumature di grigio che non sempre vengono colte e comunicate, forse perché le differenze radicali sono più efficaci, quanto meno a livello comunicativo.
E’ infatti noto come l’accostamento turismo-idrocarburi sia spesso rappresentato più come un matrimonio che “non s’ha da fare” che come rapporto d’amore. Così, ad esempio, Confesercenti Abruzzo da sempre ripete che “il turismo sostenibile è l’unica miniera d’oro”.

Sul tema qualche settimana fa è intervenuta una fonte affidabile come il RIE – Ricerche Industriali ed Energetiche, un istituto di ricerca indipendente che ha condotto uno studio commissionato da Assomineraria, dal titolo “La coesistenza tra idrocarburi e territorio in Italia”.

Lo studio, come sottolineato in un articolo di Jacopo Giliberto sul Sole 24 Ore, è stato curato da Alberto Clò, uno dei massimi esperti di economia energetica in Europa, nonché ex Ministro dell’Industria.
Ma cosa dice questo studio? Dati alla mano, dimostra che non esiste alcuna correlazione tra il settore turistico e la relativa performance e la presenza di impianti di estrazione di idrocarburi onshore o offshore. Il trend delle presenze turistiche totali nel corso del tempo è costante e non mostra differenze sensibili tra le province adiacenti a piattaforme e le altre.graficogocce2

Altro dato interessante è il paragone che viene fatto tra la costa Adriatica (che ospita numerose piattaforme – 111 nella sola Emilia Romagna) e la costa Tirrenica, che invece non ha impianti. Le presenze turistiche corrono perfettamente appaiate, con un leggero ma costante vantaggio a favore dell’Adriatico. Quindi, non solo i turisti non sono disturbati dalle piattaforme (molto probabilmente non se ne accorgono affatto), ma preferiscono andare al mare sull’Adriatico che sul Tirreno.

C’è un dato che mi sembra molto interessante, il confronto tra la Romagna e la Versilia, i due “campioni” del turismo balneare italiano.
Come potete vedere (vedi grafico sulla destra), il confronto è imbarazzante.

Diego Vitali blogger goccediverita.it

 

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