Riceviamo e pubblichiamo la controreplica di Domenico Attanasii dalla Dott.ssa Simona Fasciani, dipendente di Abruzzo Engineering.
Confido nella Redazione della “Cityrumors.it” nel volere accogliere la mia ennesima esternazione sulla vertenza di interesse nazionale riguardante le vicissitudini della società “Abruzzo Engineering S.c.p.a.”, posta in liquidazione volontaria dal dicembre 2010, a causa di un buco di 19 milioni di euro; il cui costo di mantenimento attraverso i vari decreti di proroga governativi, è bene rammentarlo, grava pesantemente sulla collettività dei contribuenti tutti. Leggo con interesse le dichiarazioni pubblicate il 6 maggio 2013 su di una azienda, oggetto di attenzione anche di varie procure. Con giusto equilibrio, una sindacalista ha evidenziato pubblicamente – e vorrei prendere in prestito le espressioni “colorite” del presidente Chiodi – che le eventuali responsabilità di un “serbatoio clientelare” con “un management da fare rivoltare i cadaveri nelle tombe”, non devono assolutamente ricadere sui lavoratori.
Come dipendente della Abruzzo Engineering, al contrario, un po’ di responsabilità addosso l’avverto per non avere denunciato prima le “stranezze” a cui ho assistito per anni. Non portavo bende sugli occhi, né tappi nelle orecchie. In seguito, l’ho fatto dinanzi alle telecamere di Report. Nessuna morale, niente demolizione. Non è mia intenzione confondere e neanche chiarire le idee degli altri. Riporto asetticamente le notizie attuali di rilevanza già diffuse sul web e dagli organi di stampa. Se sulla mia posizione asettica nei confronti della notizia stessa dovessero sorgere dubbi, pregherei chi legge di ricercare una eventuale sepsi in chi scrive e poi pubblica sui quotidiani e non in chi prima legge e poi liberamente contribuisce a diffonderla. Il mio cognome, “Attanasii”, non evoca nessuna assonanza con nomi di spicco tra politici e sindacalisti (Chiodi ha dichiarato che Abruzzo Engineering sarebbe un serbatoio clientelare per accontentare le segreterie di tutti i partiti e dei sindacati). Sono un lavoratore proveniente dalle liste di collocamento del 1998. Un residuato delle ultime spiagge. Il mio know how: ex pianista di piano bar (1980-1998), ex portalettere (1986-1992), ex barista cameriere, ex fruttivendolo (aiutante nella bottega di mia moglie). Poi, la svolta. Lavoratore Socialmente Utile (LSU) per essere stabilizzato prima nella SMA Abruzzo di Enrico Intini, poi nella Collabora Engineering e, infine, nella Abruzzo Engineering. (…) “È ben noto”, ha detto la cittadina Blundo, “che siano stati immessi nell’impresa Collabora Abruzzo Engineering dipendenti spinti politicamente sia dal Pd che dal Pdl. Clientelismi che rischiano di estromettere i dipendenti altamente qualificati, provenienti dalla ex Collabora Engineering” (…). Mi preme ancora una volta sottolineare in rosso che il mio cognome non è riconducibile a nomi dalle risonanze “sindacaliste” o tantomeno “politiche”. Sono in cassa integrazione in deroga dal 1 gennaio 2011. Chi vuole, può farsi conti e constatare che non sono tre anni. Non preferendo questa mia condizione a una alternativa occupazionale attiva ho provveduto a intentare “non” una causa di lavoro, ma un ricorso di urgenza: “ex art. 700 e.p.c. avverso mancata applicazione della rotazione della CIG”. Il parere del Giudice del Lavoro del Tribunale dell’Aquila può essere liberamente consultato. Per sommi capi, riassumo i concetti principali. “Il ricorrente ha svolto mansioni di operatore informatico fino al 2010. Richiamato dalla cassa integrazione per un corso di riqualificazione ha specificato di non avere sostenuto l’esame finale, di non avere esperienza di geometra e di avere accusato un malore allorché gli venne sottoposto l’incarico di sportelleria inerente la Contabilità Lavori sui cantieri della Ricostruzione”. Per onestà e trasparenza, ho dichiarato che la mia esperienza lavorativa non mi avrebbe consentito di assolvere a compiti così specifici. Che l’esame finale del corso di riqualificazione comunque non lo avrei sostenuto in quanto non sarei stato in grado di superarlo e anche perché era del tutto facoltativo parteciparvi. Qualcuno, forse, ha dimenticato questo dettaglio: non c’era il bisogno di una fuga. Sono una persona che cerca di essere limpida con se stessa. Intellettualmente, nel rispetto degli altri, ma con una inestinguibile solerzia nel custodire la propria onorabilità. Non ho mai infangato nessuno. Ho raccontato fatti. Per concludere, vorrei ricordare che le motivazioni delle sentenze non servono per farsi un’idea e non definiscono la volontà altrui. Né presuppongono una attitudine incline a “zavorrare” sullo Stato, permanendo contro la propria volontà in una cassa integrazione in deroga sempre in bilico. Tali affermazioni bisogna dimostrarle, altrimenti si potrebbe incorrere nella diffamazione a mezzo stampa.
Con amarezza, Domenico Attanasii