Giulianova. Fa discutere l’accordo tra il sindaco di Giulianova, Francesco Mastromauro e la ditta che sta portando avanti il piano di riqualificazione dell’ex Sadam. L’ex zuccherificio, a differenza del progetto iniziale, verrà abbattuto per realizzare il teatro. Scelta che non trova tutti d’accordo come il nostro lettore che ha inviato la seguente lettera, sperando che sia un spunto per una riflessione estetica e urbanistica sul prossimo sviluppo della città.
La Lettera: Diversi giorni fa ho letto che il sindaco di Giulianova ha siglato un accordo con la ditta che ha in mano il piano di riqualificazione urbana dell ex-Sadam a Giulianova Lido. Il nostro primo cittadino ha dato il suo benestare per far abbattere l’unico manufatto rimasto della fabbrica, sicuramente come disse anni fa un Sindaco di Pescara:”un paese civile la prima cosa che fa, costruisce un teatro” (peccato che il teatro in questione il Pomponi sara abbattuto nel 1963), anche Teramo aveva un bel teatro ottocentesco, peccato che il Sindaco Carino Gambacorta lo fece abbattere nel 1959, altri invece come Atri l’hanno conservato e ad oggi è un valore aggiunto della città ducale. Noi??
L’ultimo reperto di archeologia industriale in città forse verrà abbattuto per far posto ad un teatro, quando invece originariamente lo avrebbe dovuto ospitare un teatro il vecchio stabile in questione si intende.
Sicuramente la Sadam è stata per Giulianova più di una fabbrica, il simbolo di una stagione di sviluppo impetuoso che ha accompagnato Giulianova e Roseto con cui all’ora ci furono problemi proprio per la localizzazione della fabbrica in questione, alla grande scalata demografica della provincia, ed ha portato le due città rivierasche, rispettivamente al terzo e secondo posto per numero di abitanti e servizi.
L’abbattimento di questo stabile, sarebbe per Giulianova come abbattere l’ultima testimonianza di quel periodo, che dal dopoguerra fino agli 70 hanno accompagnato e segnato la vita della città(oltre che essere un bello stabile, ha una bellissima centinature in mattoni) per fortuna che l’altro simbolo o meglio dire scempio è stato in parte già abbattuto, si chiamava SAIG, un’altro sogno di industrializzazione del mezzogiorno, che è finito nel creare solo stalle abusive, nel vero senso della parola, oltre che nel senso eufemismo.
Conclusione, pensavo che fossero finiti i tempi in cui bisognava abbattere il passato, per vedere meglio il futuro.
Lettera firmata