Pubblichiamo integralmente la lettera inviataci dalla nostra lettrice, Camilla Sanfelice, sulla vicenda che alcuni mesi fa ha visto protagonisti il consigliere comunale Antonio Natarelli e il primo dei non eletti del Pd Stefano Casciano.
Accadeva circa un anno fa, emergeva una delle prime faide all’interno del Pd pescarese: il primo tra i non eletti in consiglio comunale, Stefano Casciano, denunciava il consigliere e collega di partito Antonio Natarelli. Entrambi candidati nelle elezioni 2014, nella stessa lista in appoggio al Sindaco Marco Alessandrini.
Era l’8 aprile 2015, quando si apprendeva la notizia del ricorso, ad opera di Casciano, per contestare l’elezione a consigliere comunale, avvenuta a maggio dell’anno precedente, di Natarelli. Elezione che, a detta di Casciano, sarebbe stata irregolare in quanto in violazione delle norme sull’eleggibilità: questo perché Natarelli, al momento della sua candidatura ricopriva un incarico nel consiglio di amministrazione dell’istituzione per la cooperazione internazionale del Comune di Pescara.
Se il tribunale avesse accolto il ricorso, sarebbe subentrato Casciano in consiglio – essendo il primo dei non eletti nella lista Pd. Il 13 aprile dello stesso anno era prevista l’udienza in tribunale, ma il tutto si concluse prima dell’appuntamento. Perché non vi erano i termini di ineleggibilità? No, questo non si sa. La conclusione è avvenuta prima perché si è preferito fare una figuraccia colossale, ma salvaguardare i propri, personalissimi, interessi ritirando il ricorso e mettendosi d’accordo per altre vie e in altre sedi. Casciano, a pochi giorni dall’udienza in tribunale, decise infatti di fare dietrofront. Si parlò di una staffetta in cui Natarelli si sarebbe dovuto dimettere dal suo incarico nel giugno 2016, per far subentrare il collega.
Ad oggi tutto tace in merito a questa vicenda, mentre i fatti contingenti non fanno ben sperare sulle sorti dell’amministrazione comunale di Pescara (si veda il recente rimpasto di giunta). Sarebbe bello, ma ancor più sarebbe corretto, illustrare ai cittadini cosa realmente sta succedendo, quali accordi sono stati e continuano ad entrare in ballo utilizzando i voti che la cittadinanza ha espresso.
Evidentemente, il cittadino non deve essere rappresentato, ma utilizzato.
Camilla Sanfelice