Da quanto emerso , il social network avrebbe fatto registrare un aumento vertiginoso di utenti che interagiscono proprio durante l’orario lavorativo. Netto calo di produttività tra i dipendenti e via ai provvedimenti drsatici. Tra i metodi più diffusi, uno è il blocco a monte dell’accesso ai social network. Anche se odiato e contestato, da come evidenzia il Garante della privacy, questo rimane il sistema più consigliato alle aziende, perché si prospetta di rendere molto più snella la vita del datore di lavoro, evitandogli il problema di quantificare il tempo che gli impiegati passano collegati a Internet per motivi personali, oltre alla presentazione di prove in caso di richiesta di sanzioni.
Ma se i lavoratori fanno di tutto per dileguarsi dal posto di lavoro, anche la fuga virtuale entra nello standard disciplinare: di recente è stata infatti coniata una vera e propria violazione disciplinare, che prende il nome di “assenteismo virtuale” e che è imputabile al lavoratore che spreca tempo in un’attività extralavorativa durante l’orario di lavoro. Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, il dipendente che viene riconosciuto inadempiente per assenteismo virtuale potrebbe subire vere e proprie sanzioni più o meno gravi, e che contemplano persino il licenziamento.
Dunque usare Facebook, per salutare l’amico del momento, per sbirciare tra i fatti della vicina di casa, o persino per estraniarsi un attimo da tutto e tutti, durante l’orario lavorativo diventa Assenteismo virtuale, una violazione disciplinare punibile per legge.
Il provvedimento più grave non è applicabile solo a chi perde tempo in attività private, ma anche a chi parla male del capo, o a chi divulga tramite il social network informazioni riservate inerenti l’attività aziendale. La Cassazione, infatti, ha più volte sottolineato come il diritto di critica del lavoratore dipendente sia limitato da obblighi di collaborazione e di fedeltà. Dato che Facebook è considerato un ambiente pubblico o semi pubblico alla stregua di giornali e televisione, i commenti, le opinioni personali oltraggiose e la divulgazione di informazioni sensibili tramite questo canale sono punibili per legge.
L’out out non riguarderà solo i dipendenti, ai limiti per i dipendenti si aggiungono infatti quelli per le aziende: severamente vietato usare Facebook per “indagare” la vita e le abitudini di un candidato a un posto di lavoro, sanzioni penali anche qui disciplinate sia dallo Statuto dei Lavoratori sia dal sopraccitato Codice della Privacy.
Monica Coletti