Vince causa contro quotidiano, ma dovrà pagare solo la giornalista

Ha per certi versi dell’incredibile la vicenda che coinvolge Lilli Mandara, giornalista abruzzese.

Il direttore dell’Arta Abruzzo, Mario Amicone, ha vinto una causa contro  il quotidiano “Il Messaggero”. Il paradosso sta nel fatto di aver chiesto il risarcimento di 45mila euro solo a carico di Lilli Mandara e non, come prassi vorrebbe, all’editore. Da qui a pochi giorni si dovrebbe dunque procedere al pignoramento dei beni della giornalista.

Reazioni non si sono fatte attendere dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Stefano Pallotta, e dal Sindacato abruzzese.

“Gli attacchi alla libertà di stampa sembrano non avere più limiti – ha tuonato Pallotta” Ogni giorno che passa siamo costretti a registrare salti di qualità e innovative metodologie di intimidazioni nei confronti dei giornalisti tali da rendere effettivamente congruenti le classifiche che pongono il nostro paese a livelli non invidiabili sotto il profilo dell’esercizio del diritto-dovere di cronaca e di critica. L’ultima innovazione intimidatoria, che ha anche il sapore di una vendetta politica “postuma”, arriva da un politico che ha ingiunto un pignoramento per oltre 45 mila euro nei confronti della giornalista Lilly Mandara, condannata per diffamazione, insieme all’ex direttore del quotidiano di cui era dipendente, Il Messaggero, per una vicenda datata tre anni fa. Ebbene il personaggio in questione, che oggi dirige un Ente regionale, ha volutamente ignorato il direttore e l’editore, che avrebbero potuto soddisfare, grazie alle garanzie assicurative, la sua pretesa risarcitoria, per scaricarla interamente sulla collega che nei prossimi giorni dovrebbe subire il pignoramento dei beni. L’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo non si limita a condannare tale comportamento, ma si adopererà affinché la collega non subisca un’angheria che, ancorché ammantata di legittimità, manifesta una proterva volontà di vendetta che non può essere tollerata dai giornalisti”.

La sua vicenda “suona come un gesto intimidatorio, di quelli che si fatica a crederci e di cui non si vorrebbe raccontare”, scrive il sindacato regionale. “Mario Amicone, direttore di nomina politica dell’Agenzia regionale per l’ambiente, vince una causa contro il Messaggero per una vicenda di tre anni fa e il gruppo editoriale, il direttore responsabile Mario Orfeo e la collega Lilli Mandara vengono condannati ‘in solido’ a pagare 45 mila euro. In tutti i casi del genere ci si rivale sull’editore che ha coperture assicurative e fondi accantonati a questo scopo. Invece no. L’atto di precetto per l’intera somma viene inviato al soggetto più debole della catena: la giornalista Mandara. Una decisione stupefacente – commenta il sindacato abruzzese – se l’obiettivo era, come è, quello di avere un risarcimento in denaro. Normalmente si cerca dove si è certi di venire ristorati. Invece, in questi giorni, l’ufficiale giudiziario procederà al pignoramento dei beni personali della collega. Noi ci saremo, e invitiamo i colleghi abruzzesi ad esserci, in tanti, con tutti gli strumenti del mestiere, quelli che ci consentono di raccontarla e divulgarla bene questa storia perché non vi è dubbio che l’accaduto riveste valore generale in quanto minaccioso precedente che può colpire tutti. Il nostro, quindi, non è solo un atto dovuto, e ci mancherebbe altro, non è solo un gesto di solidarietà nei confronti della collega che ogni giorno racconta le storie e le ‘malestorie’ abruzzesi dal suo blog Maperò, ma un gesto di protesta e testimonianza per far si che lei, come qualunque giornalista, possa continuare a fare il suo lavoro sconfiggendo un clima di intimidazione verso l’informazione che si sta facendo sempre più palpabile e pesante”, conclude il documento della segreteria del sindacato giornalisti abruzzesi”.

Maurizio Acerbo: ‘Solidarietà a Lilli Mandara, si vergogni chi ha messo Amicone alla guida dell’Arta’

 
‘Doveroso esprimere solidarietà a Lilli Mandara oggetto di un’iniziativa vendicativa di Mario Amicone che dà la misura del personaggio.
La vecchia DC aveva tanti difetti ma almeno era caratterizzata da una certa bonomia e tolleranza verso chi la criticava e la raccontava.
Questi post-democristiani che di quella storia conservano solo i difetti invece hanno uno stile arrogante e intimidatorio proprio di chi trova
insopportabile la critica.
Dovrebbero vergognarsi Chiodi e D’Alfonso che hanno nominato e mantenuto alla guida dell’ARTA un personaggio come Amicone
con cui sono onorato di avere rapporti soltanto di scontro.
In un qualsiasi paese a nord delle Alpi uno che mandava sms a Lavitola per chiedere incarichi pubblici si sarebbe dovuto ritirare a vita privata.
In Abruzzo continua a dirigere l’ARTA’, afferma in una Maurizio Acerbo di Rifondazione Comunista

 

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