Viva l’Italia
l’Italia che è in mezzo al mare
l’Italia dimenticata e l’Italia da dimenticare
l’Italia metà giardino e metà galera
viva l’Italia
l’Italia tutta intera.
25 Aprile. Un giorno che ormai per molti significa ferie, gite fuori porta, pic-nic, parco e braciolata.
Quest’anno il 25 aprile, almeno in Abruzzo e Molise, ha significato manifestazione di piazza del Movimento 5 Stelle.
Un 25 Aprile, dicono, di “resistenza alle trivelle”, per “liberare l’Adriatico”.
“Questo 25 aprile 2015 anche per noi – si legge in una nota del Movimento 5 Stelle – è la Festa della Liberazione! Non vogliamo solo ricordare la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo! Vogliamo iniziare la lotta di liberazione dell’Adriatico dalla occupazione delle trivelle!”
Lungi da me denigrare una manifestazione, essendo essa stessa espressione del diritto a protestare, un diritto inalienabile che i nostri nonni ci hanno regalato con il sangue.
Tuttavia, mi chiedo fino a che punto arriverà la strumentalizzazione del Movimento 5 Stelle. Associare una gloriosa pagina della storia italiana quale la resistenza alla “liberazione dell’Adriatico dalle trivelle” mi sembra quanto meno eccessivo se non puramente demagogico.
In tempi in cui gli italiani sono stanchi di false promesse e poca concretezza, il rischio che si corre è che la demagogia prenda il sopravvento. Vince chi cavalca l’onda del consenso sulla base di facili associazioni e urlando ciò che la gente vuole sentirsi dire. Niente di più e niente di meno.
Se non sbaglio, in piena campagna elettorale anche Luciano D’Alfonso dichiarava guerra agli “ufo”.
Quindi, cari Cinque Stelle, non sbandierate slogan da No Triv associandole alla Liberazione del 25 Aprile in cerca di voti per le prossime elezioni.
I nostri nonni lo sanno bene cosa fu la Liberazione. Aprì la strada a un periodo particolarmente fertile per il nostro Paese, quel boom economico che si ricorda ancora come una delle fasi più vitali della Storia italiana.
Fu l’epoca in cui vennero costruite le grandi opere pubbliche, tra cui l’Autostrada del Sole che unì il Paese da Nord a Sud. Opere e investimenti che ci fossero stati No Tav, No Triv, No Tap e via dicendo andremmo ancora da Milano a Palermo su un asinello, con un tratto a nuoto.
Eppure impazza il fronte “no tutto” e la Sindrome Nimby, cavalcata da demagogia spicciola.
Così scrive Jacopo Giliberto sul Sole 24 Ore: “Un altro elemento comune delle opposizioni contro il cambiamento è il fatto che le parti (amministrazioni pubbliche, politici, cittadini in opposizione) conoscono poco il tema su cui danno risposte. Prima si dà la risposta (il no) e poi per darle una verosimiglianza si cercano conferme e si cancellano le smentite. I contestatori spesso si inventano li per lì ingegneri, economisti, geologi, esperti ambientali e medici epidemiologi; ricuperano vecchi studi farlocchi più volte smontati dal peer review scientifico; diffondono informazioni errate, allusive, parziali o di parte. Se dopo decenni di studi accurati darà una spiegazione che non coincide con la risposta precostituita, lo scienziato sarà accusato sul web di essere a libro paga, «la scienza ufficiale ci nasconde la verità».”
Piuttosto che organizzare manifestazioni per la “liberazione dell’Adriatico dalle trivelle”, inziarei a pensare come liberare le Regione Adriatiche dalla schiavitù del non avere un lavoro e essere costretti ad andar via.
Pensiamoci. Il primo maggio è vicino, chi è a favore della costruzione delle grandi opere in Italia potrebbe organizzare una manifestazione.
Diego Vitali blogger goccediverità.it