Fa discutere in tutto il mondo la squalifica comminata a Sulley Muntari per aver abbandonato il campo del Sant’Elia dopo i buu razzisti ricevuti da uno sparuto gruppo dei tifosi rossoblu durante Cagliari-Pescara di domenica scorsa.
Il centrocampista ghanese ha ricevuto un turno di stop dal giudice sportivo per l’espulsione (doppia ammonizione) comminatagli dall’arbitro Minelli mentre abbandonava il campo in segno di protesta, dopo aver cercato più volte, inutilmente, assistenza da parte del direttore di gara ed essere andato a parlare direttamente con al tifoseria che lo insultava per il colore della sua pelle.
Al Cagliari, però, per responsabilità dei tifosi individuati anche dalla procura federale, non è stata assegnata nessuna punizione. Il gesto del biancazzurro, invece, ha avuto eco mondiale. Il quotidiano inglese The Guardian ha esaltato lo stile con cui Muntari, uscendo dal campo, ha regalato la sua maglia ad un bambino, invitandolo a non fare come quegli adulti che lo stavano offendendo.
Ma, ancor di più, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Ra’ad al-Hussein ha detto da Ginevra: “E’ un esempio di quel che bisogna fare, e non basta mai, di fronte alle espressioni di razzismo a livello nazionale o internazionale sui campi di calcio, un problema persistente e che richiede una più grande attenzione da parte della Fifa”.
Oltre a tutta la stampa nazionale e ai social media, a Muntari è arrivata anche la solidarietà del sindaco di Pescara Marco Alessandrini e dell’assessore allo sport Diodati, che in una nota affermano: ““Ci lascia senza parole ciò che è accaduto a Cagliari e la sua squalifica da parte del giudice sportivo. Fatti che ci portano a manifestare piena solidarietà e sostegno nei confronti a Muntari e della sua lotta. Non ci è sembrato, invece, un bell’esempio di civiltà e rispetto non censurare i cori consentendo alla partita di continuare malgrado la presa di posizione di Muntari: le regole vanno rispettate e a Cagliari le regole di convivenza civile sono state violate. In un Paese che si vuole definire davvero civile non può succedere che a pagare sia chi ha subito l’offesa, perché questo equivale a perdere due volte: la prima volta si è persa l’occasione di sospendere la partita e quindi di applicare le regole che consentono di dare ai cori razzisti la giusta condanna; la seconda occasione perduta è stata quella di restituire dignità a Muntari, che invece dal giudice sportivo ha ottenuto una squalifica, decisione che ancora una volta lo ha punito per aver fatto la cosa più civile che poteva, affermare i suoi diritti”.