Chieti. The Pit Arena di Albuquerque, 4 aprile 1983, Dereck Whittenburg a soli 3” dalla sirena, sul 52-52, tenta il tiro della disperazione da nove metri. Benny Anders gli ha sporcato l’ultimo passaggio, Dereck è costretto a girare per un attimo le spalle al suo attacco per recuperare palla, potrebbe forse avvicinarsi a canestro evitando un suo avversario che è scalato in marcatura su di lui ma d’istinto, appena recuperata la giusta coordinazione, si alza in sospensione e tira.
La parabola disegna un arco così ampio da togliere il respiro. Rivisto al rallenty il viaggio della palla dura solo un secondo ma in quel momento per tutti i presenti, spettatori e giocatori compresi è come se la vita si bloccasse in un fermo immagine. Tutti contemplano la palla, anche l’immenso Hakeem Olajuwon, il quale si disinteressa del tutto di tagliare fuori Lorenzo Charles. Il tiro di Whittemburg è corto e manca il ferro di almeno 20 centimetri ma è raccolto al volo da Charles che al volo lo cattura, depositando la palla a canestro con la stessa dolcezza di una madre che mette nella culla il suo bimbo. Partita finita, la North Carolina State University di Jim Valvano ha battuto gli Houston Cougars, dando vita a quella che ancora oggi è considerata la più clamorosa sorpresa della storia dello sport americano.
GliHouston Cougars, che avevano in organico gente che avrebbe scritto idi lì a poco pagine di storia in NBA, come appunto il già citato Hakeem Olajuwon e Clyde Drexler, e cheerano considerati da tutti, nessuno escluso, la squadra numero uno del torneo, avevano avuto quell’anno un record di 26 vittorie di fila, arrivando alla final four s con una media di 18 punti di scarto a proprio favore a partita. Di fronte a questi mostri, “Cinderella” NC State University, capace di aggiudicarsi la West Region vincendo tre partite su quattro di misura.Pronostico chiuso e strachiuso! Coach Valvano, che in questa gara, costruì sia la sua carriera, destinata purtroppo a chiudersi prematuramente,che il suo mito, ben saldo ancora oggi, riassunse così il suo piano di battaglia per la partita: “Se vinciamo la palla a due, il primo tiro lo facciamo martedì mattina” (le finali Ncaa si giocano di lunedì e il possesso palla era di tempo illimitato). Come riuscì a vincere ? Con una difesa a zona asfissiante, molto aggressiva,e pregando, affinché quella sera Houston fosse in scarsa vena di tiro. Tutto qui? No! Dimenticavo il motto di Jim Valvano era “Non mollare mai, non mollare mai”.
E allora, proviamoci! Ad analizzare classifica e statistiche, non ci sarebbe storia, Brescia come Houston Cougarrs, 15 vittorie su 19 partite, primo posto in classifica e un attacco, secondo solo a roseto, con una media di 80 punti a gara a fronte del nostro che viaggia a 71. Pronostico chiuso, strachiuso ma noi contiamo sul nostro Jim Valvano, Massimo Galli, che alla vigilia non manca, come sempre, di saper unire sapientemente realismo e positività: “Andiamo ad affrontare Brescia, la squadra prima in classifica ed avremo mille motivazioni, non avendo nulla da perdere. Mi rammarico solo del fatto che i continui problemi fisici, che si susseguono incessantemente, settimana dopo settimana, ci impediscono sempre di svolgere allenamenti con l’organico al completo e con la regolarità dovuta. I bresciani hanno un grande talento offensivo e sono una squadra molto fisica, per vincere dovremo avere un’attenzione continua e senza interruzioni, evitando nel modo più assoluto quei passaggi a vuoto che purtroppo hanno caratterizzato molte partite della nostra stagione”.
Ad accompagnare le parole di Galli questa volta è il bulgaro Lilov, che offre, senza timori di alcun tipo, un modo utile a rovesciare il pronostico: ”Nelle ultime due partite non abbiamo giocato una gran pallacanestro ma sappiamo quali sono stati i nostri errori e ci stiamo lavorando. Dovremo sicuramente giocare meglio per raggiungere quei risultati che tutti si attendono da noi. A Chieti mi trovo molto bene, ci alleniamo seriamente e il mio stato di forma è più che ottimale. Brescia è un’ottima squadra, all’andata perdemmo di tre punti. Conosciamo la loro forza e per batterli dovremmo cercare di prendere più rimbalzi di loro, perché qui a Chieti raccolsero troppi rimbalzi offensivi. Solo così e con un’ottima prova di squadra, potremo raggiungere la vittoria”.
Dal fronte bresciano arrivano le dichiarazioni di coach Diana e del “lobito” Fernandez, tutte improntate alla prudenza e tendenti a non sottovalutare l’impegno con le Furie. Per il coach della Leonessa: “Chieti è una squadra imprevedibile in grado di accendersi in qualsiasi momento della partita. Predilige giocare a ritmo alto e ha giocatori in grado di colpire all’arco dei 3 punti. Lilov e Allegretti sono i principali terminali offensivi, ben innescati dall’ottimo playmaker Monaldi, cresciuto molto in queste due stagioni. Armwood, centro titolare, è un giocatore atletico pericoloso nell’uno contro uno e a rimbalzo. Starà a noi ripetere la buona prestazione difensiva di Ravenna fatta di energia e attenzione ed evitare che Chieti prenda fiducia. In più vogliamo riscattare l’ultima brutta sconfitta interna subita contro Roseto e regalare ai nostri tifosi una bella vittoria”. Il play di Rio Tercero, invece, sottolinea come “Domenica sarà una partita molto importante per noi: innanzitutto perché vogliamo tornare a vincere in casa e fare una bella pallacanestro di fronte al nostro pubblico, dopo la brutta partita contro Roseto. Ma anche perché vogliamo iniziare nel migliore dei modi un mese di febbraio che per noi sarà molto duro. Abbiamo tutti una grande voglia di vincere e di giocare una bella partita”.
Tornando alle Furie, la settimana è stata purtroppo caratterizzata dall’ennesimo infortunio di Armwood, questa volta uscito contuso al polso destro nella gara con Imola e costretto ad allenarsi ancora a ritmo ridotto. Sarà della gara ma purtroppo non al 100% della sua forma. Per il resto ci si è allenati, come sempre, preparando al meglio la partita contro Brescia, che inaugura una serie di gare molto dure dove ci si confronterà con avversari di grande spessore. Importante affrontarle tutte senza sentirsi vittime predestinate, ricorrendo, magari, ancora una volta alle parole del grande Jim Valvano: “Be a dreamer. If you don’t know how to dream, you’re dead”. E allora Furie ce lo regalate un sogno?