Ingegnere Abruzzese conquista la 24ore di Le Mans: è lui uno degli ideatori della Porsche vincente

Giulianova. Ancora una volta l’orgoglio abruzzese e italiano raggiunge traguardi eccellenti all’estero. Questa è la storia di Livio Galassi, 35enne nato a Giulianova e cresciuto tra la città adriatica e il paese d’origine, Selva Piana di Mosciano Sant’Angelo.

Dopo gli studi in ingegneria e la specializzazione in meccanica, il lavoro in Abruzzo: l’ATR di Colonnella. I problemi dell’azienda vibratiana hanno spinto Livio Galassi a trasferirsi all’estero, prima in Francia per la Peugeot Sport e poi la Porsche in Germania. Il resto è cronaca sportiva recente con la casa tedesca che trionfa alle 24ore di Le Mans. E l’auto portata al trionfo da Earl Bamber, Nick Tandy e Nico Hülkenberg (sì, quello della Formula Uno) reca chiaramente l’impronta dell’ingegnere abruzzese, Livio Galassi.

Di seguito cinque domande per conoscerlo meglio.

Ciao Livio, complimenti per il risultato prestigioso alla 24ore di Le Mans. Puoi spiegarci qual è  stato il tuo percorso formativo e quali erano i tuoi sogni da ‘studente’?

“Diciamo che la passione per il mondo delle corse è iniziata ancor prima della mia carriera da studente, quando ancora bambino guardavo mio padre riparare l’auto di famiglia oppure seguivo con lui ed i miei zii le battaglie Prost – Senna degli anni ruggenti della F1 (sfortunatamente per Hunt/Lauda/Villeneuve ero troppo piccolo), poi è venuto tutto da sé. Formazione al liceo (un po’ di cultura classica ed umanistica non guasta mai…) ed a seguire ingegneria meccanica. Perché ho scelto la meccanica? Beh.. l’elettricità è per me una cosa poco tangibile, c’è ma non la vedi. Meglio una bella ruota dentata! La mia specializzazione è in ambito motoristico, termodinamica per intenderci. Poi pero’, come spesso accade nella vita, sono finito a fare tutt’altro e sono passato nel campo di ‘quelli della meccanica fredda’. Credo gli ingegneri a questo punto stiano già ridendo vista la ‘stima’ reciproca tra i due gruppi. Per i non addetti ai lavori mi occupo degli elementi strutturali (chassis) delle auto da corsa. Concludo riprendendo quello che dicevo poc’anzi, cioè che nella vita spesso si finisce per fare l’opposto di ciò che si era pianificato. Al liceo mi son trovato a dover scegliere quale lingua straniera studiare oltre l’Inglese. Le opzioni erano Francese o Tedesco. Mi sono detto l’una vale l’altra, non ne avrò mai bisogno nella vita. Son finito a vivere in Francia e Germania”.

Quali esperienze hai vissuto prima dell’arrivo in Porsche?

“Ho iniziato a lavorare presso la ATR di Colonella, azienda al tempo leader europeo indiscusso nella produzione di manufatti in fibra di carbonio per il settore automotive/racing. Oggi purtroppo in seguito a problemi di ordine economico ha visto ridurre in maniera drastica il proprio personale. Un bel danno per la nostra regione ed i giovani. Per me è stato il trampolino di lancio e mi infastidisce pensare che altri ragazzi di talento non abbiano più tale opportunità. E in merito mi domando: ‘davvero non si poteva agire altrimenti?’. Nel 2008 mi sono poi trasferito a Parigi per coronare il mio sogno di lavorare al Reparto Corse di un costruttore automobilistico. Nella fattispecie si trattava di Peugeot Sport, che stava mettendo insieme il Team per il ritorno alla 24Ore di Le Mans, anni dopo la vittoria del 1993 sotto la guida di Jean Todt, forse pochi lo sanno, ma Todt era il cofondatore e direttore tecnico della Peugeot Sport, prima di arrivare in Ferrari. In realtà il team esisteva già dal 2006. Mi invitarono per un colloquio direttamente a Le Mans durante la settimana della gara. Estasi mistica. Mi assunsero subito. All’inizio come progettista strutture in composito, poi come Structure Analyst (calcolista telaio). A partire dal 2010 mi affidarono la totalità dipartimento compositi, con responsabilità di design e calcolo del telaio e di tutti gli elementi strutturali in composito della vettura. Con la Peugeot è quindi iniziato il legame con le gare di Endurance che, soprattutto dopo la vittoria alla 24 Ore di Le Mans del 2009, si è trasformato in una vera e propria dipendenza. Una volta conosciuta Le Mans, non se ne può più fare a meno. Poi nel 2012 Peugeot ha deciso di fermare il programma sportivo per motivi finanziari, ma il caso ha voluto che la Porsche stesse iniziando proprio allora un programma simile. L’ultimo periodo in Peugeot fu tanto entusiasmante quanto duro, in quanto progettammo la vettura ibrida che avrebbe dovuto prendere il via a Le Mans nel 2012 in tempi ridottissimi. Non era raro uscire dall’ufficio a mezzanotte per ritrovarcisi alle 8 del mattino. Weekend inclusi ovviamente. La Regola, infatti è “le Corse consumano la vita privata, oltre a matrimoni ed amicizie”. Ci riuscimmo e la macchina fu fatta girare il giorno stesso in cui ci salutammo. Giornata triste ma come spesso accade chiusa una porta se ne apre una più ampia. Avevo pianificato una vacanza in un posto dove nessuno avrebbe potuto raggiungermi, paradiso tropicale lontano dalla civiltà.. Due settimane dopo ero a Weissach (sede della ricerca e sviluppo della Porsche) a tirare le prime linee dello chassis della 919HY. Sicuramente non un paradiso tropicale, sebbene luogo di culto nel cuore del Baden Wurttemberg per gli appassionati di motori, la Maranello tedesca per intenderci”.

Come è stato disegnare l’auto che ha vinto la 24ore di Le Mans? Quali sono i tuoi rapporti con i piloti?

“Il binomio Porsche – Le Mans è come quello Ferrari – F1. Porsche detiene il record assoluto di vittorie nel circuito della Sarthe (16 al mio arrivo…17 oggi!!). Il consiglio di amministrazione è stato chiarissimo fin dal primo giorno riguardo l’obiettivo del progetto: vincere, ed il più presto possibile. Con la storia della Porsche alle spalle e tali condizioni al contorno la pressione era tanta. Come è stato disegnare l’auto? Beh dal punto di vista dei sentimenti, quando la Porsche ti chiede di partecipare al progetto dell’erede della 917 (una delle più vincenti auto da corsa nella storia dell’automobilismo mondiale), un misto di orgoglio, rispetto e…godimento puro! al punto di vista tecnico ho capito subito che pur trattandosi di un equipe giovane (età media 35 anni) c’era nell’aria una sorta di elettricità, tipica dei luoghi dove diverse menti brillanti si concentrano. Una tra tutte il mio capo Alex Hitzinger, direttore tecnico del progetto, da cui ho imparato molto in questi anni. Riguardo il mio ruolo non è poi così semplice da spiegare. In maniera semplicistica tutto ciò che costituisce lo ‘scheletro’ della macchina, tutto ciò che è visibile dall’esterno (carrozzeria ed elementi aerodinamici) ed il sistema serbatoio è sotto la mia responsabilità. Coincide in parte con quello che in gergo si definisce ‘Rolling Chassis’. I rapporti con i piloti sono molto stretti. L’elemento principe di cui mi occupo è come detto il telaio (la zona dove è seduto il pilota per intenderci) ed il suo interno (Cockpit). Facile quindi fare il legame: sono responsabile per la loro sicurezza e l’ergonomia dell’abitacolo. Per tale ragione lavoro a stretto contatto con loro all’inizio del progetto, quando si definiscono le linee guida. Ciò mi ha dato l’opportunità di conoscere uomini eccezionali, che vivono la loro vita ad una velocità superiore alla nostra e che convivono con il rischio. Hanno paura? tutti gli uomini hanno paura di morire. Ma quando il coraggio è superiore alla paura si fanno cose incredibili. E questo è il loro quotidiano. Il loro ufficio è un abitacolo che si muove ad oltre 300 km/h. Per tornare a me si tratta di una grossa responsabilità a livello umano, che ti impone di lavorare in maniera particolarmente seria ed attenta, soprattutto dopo che vedi il loro bimbo salutarli quando salgono in macchina. Una volta ho chiesto ad uno di loro cosa gli frullasse per la testa quando entra nell’abitacolo e lascia la sua famiglia al box. Mi ha risposto: ‘una volta dentro ed abbassata la visiera si entra in un mondo parallelo, una specie di Matrix, in cui conta solo vincere. Tutti gli altri ricordi svaniscono, per poi tornare con forza dopo che si è tagliato il traguardo’. Sebbene oggi la sicurezza abbia fatto passi da gigante non bisogna dimenticare che si tratta di uno sport pericoloso. ‘Motorsport is Dangerous’ (le corse sono pericolose) recita un cartello che trovate affisso all ‘ingresso di ogni circuito nel mondo anglosassone. Ogni giorno cerco di fare del mio meglio per evitare che il peggio accada. Ma la certezza non esiste in questo mondo”.

Qual è stato l’elemento in più per vincere la leggendaria gara?

“Se devo rispondere con il cervello gli elementi che permettono di vincere a Le Mans sono quattro: un auto che sia un buon compromesso tra affidabilità e performance, un buon ‘Race Team’ cioè ingegneri di pista, strateghi e meccanici, buoni piloti e la fortuna. Ognuno di questi quattro elementi conta per il 25%. Se uno manca non vinci. Quest’ anno li avevamo tutti. Se invece devo risponderti con il cuore: l’orgoglio di fare parte di Porsche Motorsport, la possibilità di scrivere una bella pagina negli annali dell’automobilismo mondiale e un Powertrain (Motore e sistema ibrido) da urlo!”.

Sogni per il futuro? Formula 1? Ferrari o restare all’estero?

“Ho avuto possibilità di entrare in F1, ma per il momento come detto preferisco restare nell’Endurance. I motivi sono tanti. Dovrei scrivere un capitolo di un libro per spiegarli tutti. Riguardo l’altro cavallino (Porsche e Ferrari condividono lo stesso cavallino) ti sei aggiudicato un premio speciale, la millesima persona a chiedermelo. A parte gli scherzi che tu ci creda o no è stata una delle prime domande che mi hanno fatto al colloquio in Porsche…’ma lei da italiano non sogna di lavorare in Ferrari?’…ho risposto più o meno così: ” da italiano si, ma essendo un cittadino europeo in primis ho vedute un pò più ampie”. Visto che mi hanno assunto deduco che hanno gradito, per cui tengo la stessa linea. Ferrari rappresenta un mito nella storia delle corse, così come Porsche, Maserati, Alfa Romeo, Lancia, Mercedes, Jaguar, Auto Union (oggi Audi), Bugatti, lavorare per ciascuno di loro è un piacere ed un onore. Poi mi permetto di lanciare un appello a Marchionne: ‘quando si decide a riportare Alfa, Lancia o Maserati nelle corse?’ Cosa vorrei fare nel Futuro? in quello prossimo trovare il tempo per dormire un po’. Scherzi a parte per me il futuro è un treno in corsa, io attendo alla stazione bagagli alla mano, sempre pronto a salire”.

 

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