Nota ai più per il gustosissimo prosciutto, Parma vanta un mosaico di bellezze a cominciare dal Duomo, che sorge accanto al Battistero e al palazzo Vescovile. Dedicato a Santa Maria Assunta, è tanto sobrio e severo all’esterno quanto ricco per gli affreschi e la Cupola istoriata all’interno. In stile romanico, presenta una facciata a capanna. In realtà fu un grande cantiere, il maestoso luogo di culto.
Per molti anni rimase aperto, consentendo la specializzazione di maestranze altamente qualificate, che prima recepirono e,poi, adottarono gli insegnamenti e le tecniche di Benedetto Antelami, maestro innovatore ed artefice dei cicli scultorei del Duomo di Fidenza.
Si rimane estasiati davanti alla sua “Deposizione” e si è folgorati dagli affreschi che si rincorrono su entrambe i lati del Duomo parmense. Opera di Lattanzio Gambara, vennero realizzati tra il 1567 e il1573. Essi si sviluppano su tre fasce, ognuna delle quali corrisponde ad una tematica. E se dal basso, tra gli archi di comunicazione fra le navate e il matroneo, l’occhio incontra episodi dall’Antico Testamento, fra il matroneo e le lunette, ci si imbatte negli episodi dal Nuovo Testamento. Infine nelle lunette sono dipinte figure allegoriche.
La controfacciata esibisce un grande affresco raffigurante l’Ascensione di Cristo, dipinto da Lattanzio Gambara tra il 1571 e il 1573. Gli affreschi della volta sono opera di Girolamo Bedoli-Mazzola, che li dipinse tra il 1555 e il1557.
Ma il colpo di scena della Cattedrale è rappresentato dalla cupola del Correggio che lascia con il naso all’insù.
La luce è la connotazione del pittore emiliano, Antonio Allegri, detto il Correggio.
La crociera è coperta dalla cupola ottagonale, con lanterna solo all’esterno; nel tamburo, esternamente movimentato da un loggiato con trifore, si aprono otto rosoni circolari, uno per lato. Frutto dell’ampliamento cinquecentesco dei precedenti, i rosoni sono di evidente origine romanica. La superficie interna della cupola è stata interamente affrescata con l’Assunzione della Vergine da Antonio Allegri detto il Correggio tra il 1524 e il 1530 circa.
Ma il Duomo di Parma non è l’unica meraviglia che offre agli occhi l’Emilia. Una menzione a parte la merita il Duomo di Modena, l’antica Mutina, con le sue navate ombrose. In Cattedrale riposano le spoglie di S.Geminiano, ma l’apologia dell’abilità creativa la canta l’esterno del luogo di culto.
La facciata dell’edificio sacro riporta varie scene dell’Antico Testamento, un rosone imponente, sculture risalenti al periodo wiligelmico, sirene, lesene, capitelli istoriati, arieti e profeti, in un trionfo di simboli che lascia stupefatti. A fianco ei erge la Ghirlandina.
Torre Civica, in realtà, il monumento è uno dei simboli che connotano Modena.
Dichiarata dall’Unesco patrimonio artistico dell’umanità, deve il nome, abbastanza curioso, al doppio ordine di ringhiere metalliche che le fanno da corona.
Si ritiene che la costruzione della torre sia avvenuta in due momenti successivi.
Il primo, iniziato verso la metà del Duecento e attribuito a Lanfranco e Wiligelmo, corrisponde ai sei ordini inferiori: questi ordini – per austerità e vigore – ricordano lo stile delle torri romane.
Il secondo momento costruttivo riguarda il tamburo ottagonale e la cuspide, che furono realizzati da Arrigo da Campione tra il 1261 e il 1319, con gusto gotico.
La Ghirlandina – alta quasi 88 metri – fu innalzata assieme alla Cattedrale, cui fu collegata da due archi. E’ accertato che, fin dai primi tempi, essa ha svolto funzioni di torre di vedetta: dalla sua sommità venivano segnalate l’apertura delle porte di Modena e le eventuali situazioni di pericolo per i cittadini; inoltre, dalla torre si sorvegliavano i forzieri comunali che contenevano gli atti dell’Amministrazione.
Modena è la romana Mutina. Nel 387 il vescovo Ambrogio di Milano la annoverava nel triste elenco di “cadaveri di città semidiroccate” (semirutarum urbi cadavera).
Quelle terre, un tempo accuratamente coltivate dagli ex-legionari che le avevano avute in dono da Roma per essere dissodate e lavorate, divennero incolte e abbandonate.
Presto le sue rovine furono invase dai rovi, dai canneti.
Poi la rinascita all’inizio del Mille.
Lanfranco fu artefice della Cattedrale e i modenesi ancora gli sono grati.
Di bei marmi scolpiti risplende da ogni parte questo Duomo, / dove il corpo di San Geminiano riposa. / Il mondo intero lo celebra pieno di lode / e più noi suoi ministri, che egli guida, nutre e riveste. / Chi qui domanda una vera medicina per il corpo e per l’anima / l’ottiene subito e di qui torna, recuperata la salute. / Lanfranco, illustre per impegno, dotto e capace è il protomaestro e il direttore dell’edificio. / Quando si cominciò a costruire lo dice questa iscrizione: /splendeva allora il quinto giorno delle idi di marzo (9 giugno) / dell’anno del Signore novantanove dopo il mille / Aimone compose questi versi utili a ricordare l’evento. / Bozzalino, massaro di San Geminiano, fece fare quest’opera.
Mariantonietta Sorrentino