Anche l’Unione degli Universitari di Teramo entra nella polemica sorta intorno all’emendamento per il Campus dello chef stellato Niko Romito che la Regione vorrebbe finanziare con un milione di euro.
“La notizia ci ha lasciati sbalorditi, e a lungo abbiamo sperato che si trattasse solo di uno scherzo”, scrive l’Udu Teramo in una nota. “In una regione in cui da anni non si intravede minimamente la volontà politica di investire sull’istruzione, sulla ricerca e sul diritto allo studio, ci si mette così poco ad elargire cospicue somme di denaro ad enti di formazione e di ricerca privati? La fama e le qualità dello chef in questione sono indiscutibili, e non ci permettiamo di giudicare neanche il suo progetto che, da imprenditore, è lungimirante: il nostro interrogativo, invece, è sull’opportunità politica di offrire finanziamenti milionari a un privato piuttosto che iniziare ad investire sull’istruzione pubblica e sul diritto allo studio, soprattutto in un periodo storico di gravi difficoltà economiche per migliaia di studenti e famiglie, senza tralasciare come quella in questione sia una cifra equivalente a circa il doppio di quella utile a coprire l’intera quota regionale per le borse di studio dell’Azienda per il diritto allo studio teramana”.
Inoltre, “se il governo regionale ritenga strategico investire grosse somme proprio sul comparto gastronomico di alta qualità, ci lascia perplessi la destinazione di questi fondi, consci del fatto che proprio sul nostro territorio, nella nostra Università di Teramo, è già presente una forte vocazione per il cibo, per la gastronomia e per tutto il settore agroalimentare. Riteniamo ancor più incomprensibile che un ente di ricerca privato di questo tipo, pur volendosi avvalere di cospicui finanziamenti da parte della Regione Abruzzo, voglia stipulare accordi di collaborazione con università extra-regionali (l’Università La Sapienza di Roma), non riconoscendo la grande rilevanza del nostro Ateneo, che vanta la presenza di corsi di laurea in Scienze e culture gastronomiche, in Scienze e Tecnologie Alimentari, in Viticoltura ed Enologia e di una laurea magistrale internazionale in Food Science and Technology”.
E ancora: “Prendiamo perciò atto della volontà politica di questa regione di investire sull’istruzione privata, ma non ci rassegniamo a vedere umiliata in questo modo l’università pubblica: l’Università di Teramo non può essere una struttura buona solo per le passerelle politiche mentre i suoi studenti vengono abbandonati a loro stessi. Serve un’inversione di rotta, serve che la Regione inizi ad investire sull’istruzione universitaria, come peraltro previsto dalla Costituzione e dal riparto delle competenze ivi sancito”, conclude l’Unione degli universitari di Teramo.