Le percentuali di immigrati e minorenni stranieri ma nati in Italia (1 mln circa) sono sempre più elevate. Molti figli di immigrati nati in Italia non conoscono nemmeno il paese di origine e non ne possiedono pienamente la cultura; si trovano invece a condividere la cultura italiana sviluppando un senso di appartenenza e di identità. Si tratta di migliaia di bambini e ragazzi che si sentono italiani ma che nessuno, a partite dallo Stato, riconosce come tali. È impensabile che le scuole italiane siano sempre più popolate da alunni stranieri ma nati nel nostro paese ai quali non è riconosciuto il sacrosanto diritto di potersi dire cittadini italiani.
Molti di essi svolgono professioni che gli italiani non sono più disposti a svolgere permettendo la sopravvivenza di molti settori economici, contribuiscono all’11% del PIL nazionale con il denaro versato nella casse dello Stato oltre ad essere fondamentali per la crescita demografica del Paese.
“Il mancato riconoscimento della cittadinanza – aggiunge Rossi – non farebbe altro che accrescere l’isolamento sociale con conseguenze su questioni pubbliche quali istruzione e cure sanitarie. La campagna che noi Giovani Democratici abbiamo deciso di sostenere propone una modifica della Legge 5 febbraio 1992, n.91, che per lo straniero nato in Italia prevede la possibilità di ottenimento della cittadinanza al raggiungimento della maggiore età. Un’altra questione che allontana l’Italia dall’essere un’effettiva democrazia inclusiva è la partecipazione politica degli immigrati presenti sul nostro territorio attraverso la possibilità di votare alle elezioni amministrative; riteniamo, infatti, indispensabile permettere a milioni di persone che incidono alla crescita del paese, di influire sulle decisioni politiche di cui anche loro sono destinatari. Ricordiamo che la concessione di questi importanti diritti è un punto su cui il resto dell’Europa ha già legiferato in maniera molto più flessibile ed egualitaria rispetto all’ Italia. Guardare all’Europa è indispensabile ed inevitabile per qualunque Paese voglia farne effettivamente parte. Riteniamo quindi fondamentale la revisione delle leggi in vigore, discordanti con le convenzioni europee. Crediamo fermamente che la cittadinanza, infatti, sia una condizione che non dovrebbe essere acquisita per “sangue”, ma per diritto. Un diritto che spetta a chiunque viva nella nostra società, ne rispetta le norme e le regole, paga tutte le imposte dovute e che quindi contribuisce da un lato alla crescita fiscale del Paese, dall’altro allo sviluppo della stessa comunità sotto il profilo socio-culturale. Quale altra giusta definizione può essere data alla parola “cittadino”, se non questa?”