Il sindaco Francesco Mastromauro interviene dopo le due pronunce che hanno confermato in sostanza quanto il primo cittadino giuliese aveva scritto nell’ordinanza che imponeva l’esposizione del Crocifisso negli uffici pubblici e nelle scuole, e cioè che fosse “rappresentativo dei riferimenti storici, culturali e valoriali della nostra Nazione”, quindi inidoneo a ledere “la dignità di alcuno” anche perché “simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili (tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti) che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato”.
“Mi sembra che quanto da me riportato nell’ordinanza – ha proseguito il sindaco Mastromauro – sia quasi perfettamente collimante con le argomentazioni espresse dai giudici della Suprema Corte di Cassazione e da quelli della Corte di Strasburgo. E’ dunque una vittoria della ragionevolezza, oltre alla conferma che non avevo forzato la mano con la mia ordinanza. E ciò contrariamente a quanti avevano sostenuto il contrario, attaccandomi in maniera direi furente e a mio giudizio reputo persino irrispettosa, affibbiandomi epiteti che non mi appartengono e che, alla luce di quanto ora autorevolmente deciso in punto di diritto, dovrebbero almeno per buona educazione ed onestà intellettuale costituire motivo di scusa, oltre che di riflessione e di una maggiore umiltà. Lungi da me quella inclinazione alla polemica che, invece, altri hanno dimostrato di prediligere non facendo mancare inarcature ideologiche. Però nell’occasione mi viene spontaneo ricordare quanto aveva detto Giovanni Reale, il principale studioso italiano di filosofia antica, in riferimento alle ormai periodiche richieste di togliere il crocifisso. A suo dire la richiesta di togliere il crocifisso deriva da una presunzione fatale, da un’idea di onnipotenza culturale. Un atto di superbia assoluta, una cosa spaventosa, rimarcava Giovanni Reale, fatta in nome di tanti nobili parole: la scienza, il progresso, il pluralismo. Ma quale pluralismo? Quale libertà? Quella di un individuo o di un gruppo di pressione, si domandava il filosofo, di offendere la storia, la tradizione millenaria, il senso comune dei popoli? E questa – conclude il sindaco – è una domanda che anch’io non posso evitare di pormi e di porre”