Un abruzzese tra le vittime delle foibe titine

Chieti. “Vincenzo Meo fu una delle vittime delle “foibe titine”. Era nato a Schiavi d’Abruzzo, in provincia di Chieti, nel 1898. Ieri, 10 febbraio, si è celebrato il Giorno del Ricordo. Indetto per onorare le vittime dei massacri delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata. Legata alle violenze e uccisioni avvenute in Istria, Fiume e Dalmazia tra il 1943 e il 1947.

Vincenzo MEO nacque a Schiavi d’Abruzzo, in “contrada Taverna”, in provincia di Chieti, il 13 dicembre del 1898, da Maurizio (ventiseienne “muatore” – figlio di Vito e Carmela Piluso) e da Domenica “Domenicuccia” Vecci (ventitreenne “contadina – figlia di Filippo e Mariangiola Colacillo). I suoi genitori si eano sposati a Schiavi d’Abruzzo il 12 maggio del 1892. Studiò presso il Seminario Arcivescovile di Chieti. Dopo il diploma divenne impiegato comunale e lavorò in Friuli-Venezia Giulia.

Pochi giorni dopo il loro ingresso a Gorizia le milizie comuniste del maresciallo Tito, dal 2 maggio del ’45, iniziarono a rastrellare dalle loro case i goriziani che potevano rappresentare un ostacolo alla volontà di Tito di annettere Gorizia alla Iugoslavia. Oltre 650 concittadini inermi subirono la deportazione, cui seguì l’orrenda morte nelle foibe. La loro unica colpa fu quella di costituire un potenziale ostacolo all’annessione di Gorizia alla Iugoslavia.

In quel maggio del 1945 Vincenzo MEO fu picchiato a sangue e poi prelevato da forze slovene. Insieme ad altri fu trasportarono verso un “ignoto luogo” (così si disse allora). Oggi sappiamo che quell’ignoto luogo era una delle tragiche e maledette “foibe titine”. Vincenzo Meo risultò per sempre disperso”. Si legge così in una nota di Geremia Mancini, presidente onorario “Ambasciatori della fame”.

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