Chieti. “Come annunciato, le lettere di licenziamento sono arrivate ai dipendenti del Ciapi, nell’assoluto silenzio del Governo regionale, che ha evidentemente dimostrato la totale indifferenza rispetto a un problema che poteva essere risolto in modo diverso”, così la consigliera comunale Giulia De Gregorio, intervenuta più volte sulla questione.
“Avevamo avuto, insieme allo staff dell’ente di formazione teatino, confronti con i vertici amministrativi del Consiglio regionale, che aveva anche formulato delle ipotesi per riassorbire le esigue unità di personale rimaste, mettendole in carico ad altri Enti, quindi dando continuità anche alle competenze che questi avevano. In questo modo si sarebbe scritta una fine diversa da quella del licenziamento, rispetto a una vicenda di cui la Regione Abruzzo in questi due anni non si è occupata, nonostante sia venuta incontro ai problemi di altri enti di formazioni, presi in carico e risolti con provvedimenti legislativi, stanziamenti e dovuta attenzione. Una situazione di cui i dipendenti non hanno colpa, visto che l’Ente è finito in liquidazione per debiti che non derivano di certo dal lavoro delle unità in organico e su cui ci forse ci sono responsabilità che dovrebbero essere accertate.
Invece né cassa integrazione, come qualcuno aveva ipotizzato, né una possibilità che poteva essere un reinserimento in seno alla Fira, come il Direttore dell’Attività Amministrativa del Consiglio regionale aveva proposto di fare, con la possibilità di una soluzione proveniente da un disegno di legge regionale giacente in Consiglio, che avrebbe potuto rendere praticabile la ricollocazione del personale o il riconoscimento di un indennizzo. Tutti a casa per uno sciogliete le righe che però non cancella le rivendicazioni che il personale sta portando avanti nei confronti dell’Ente per farsi pagare le spettanze, arrivando persino al pignoramento delle spettanze, per inadempimento da parte della Regione. Una delusione annunciata, l’ennesima relativa al Ciapi, con cui si chiude una pagina fra le più brutte della storia della formazione regionale”.