Ortona. Una serie di osservazioni, relative alla realizzazione di un impianto di digestione anaerobica per la produzione di biometano da ubicare nel Comune di Ortona (CH), in località Zona Industriale “Caldari Stazione”, sono state depositate ieri mattina in Regione Abruzzo dal consigliere regionale Francesco Taglieri che, in collaborazione con la deputata Carmela Grippa, ha analizzato il documento evidenziando alcune nebulosità che andrebbero chiarite.
“Il M5S – spiegano i portavoce – si è sempre schierato in favore delle energie alternative al fossile, ed è per questo che la costruzione di un impianto di biometano non ci trova contrari tout-court, ma quello che ci sta a cuore è che tutti gli aspetti, sia quelli relativi alla fase progettuale sia a quelli relativi alla fase attuativa, abbiano sempre come punto cardine la tutela del territorio e di chi lo abita. Abbiamo presentato delle osservazioni con il fine di rendere la procedura chiara e svincolata da nebulosità e di garantire che l’impianto operi in sicurezza.
“Nel caso specifico, la produzione di biometano – continuano Grippa e Taglieri – dovrebbe essere realizzata da vinacce esauste, FORSU – (Frazione Organica di RSU) e residui di potature e sfalci. Un impianto di produzione di biometano da digestione anaerobica di rifiuti e fonti rinnovabili, che sfrutta la cogenerazione, pur rappresentando un passo importante nella direzione della economia circolare e della riduzione di rifiuti da smaltire in discarica, è pur sempre un’opera che estendendosi su 8 ettari di cui il 50% viene cementificato e reso impermeabile, ha una impronta ecologica non trascurabile e presenta degli aspetti di sicurezza altrettanto importanti che non vanno sottovalutati. Per questo abbiamo ritenuto opportuno valutare ogni singolo aspetto del progetto ed, è giusto ricordare – incalzano – che l’unica forza politica interessata a queste valutazioni è stata il M5S.
Il progetto originale di Montello (BG), da cui questo impianto deriva, nasce da un know-how maturato da oltre venti anni di esperienza, ma siamo in presenza di un impianto che usa e produce sostanze chimiche che potrebbero essere nocive per la salute dell’uomo e per l’ambiente, e la tecnologia da sola non è infallibile.
Per questo motivo va considerata la massima attenzione nei possibili contesti avversi e non sono accettabili semplificazioni ottimistiche. In tal senso non si è contrari a prescindere rispetto ad una idea che può essere eccellente e senz’altro migliorativa rispetto alla proposta originale poi abbandonata, ma si rende necessaria la valutazione attenta di tutti i possibili scenari” concludono Taglieri e Grippa.
ECCO LE 6 OSSERVAZIONI PRESENTATE DAL M5S IN DATA 6 GIUGNO 2019
Si rileva che a pagina 32 dello “Studio Preliminare Ambientale” si dichiara che l’impianto a regime tratta in input 381 tonnellate/giorno tra biomasse, FORSU e verde triturato, l’impianto si direbbe soggetto a VIA essendo ricompreso tra quelli alla allegato 3 al Dlgs 152/2006 alla lettera “o) Impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante operazioni di raggruppamento o ricondizionamento preliminari e deposito preliminare, con capacità superiore a 200 t/giorno”, diversamente da quanto asserito nella premessa a pag 11 dello stesso documento , che lo colloca al punto 7, lettera z.b dell’allegato 4
L’allegato 5 al DLgs 152/2006, alla lettera f) così come lo studio preliminare a pag. 11 indicano che vada tenuto conto dei “dei rischi di gravi incidenti e/o calamità attinenti al progetto in questione”. Nello studio, l’argomento è trattato al punto 4.6 a pagina 52, dove sommariamente si esprime il parere che “non vi siano rischi ambientali di evidenza critica”.
Questa valutazione è estremamente semplificata e riduttiva, in quanto con poche semplici ricerche è possibile rendersi conto che gli impianti che producono biogas, sia in Italia e sia in Europa (soprattutto in Germania, dove il numero di questi impianti è particolarmente elevato) sono stati interessati da numerosi incidenti che hanno prodotto sversamenti, incendi o esplosioni.
Sempre sul tema del rischio di esplosione, vale la pena ricordare che tutti gli impianti di produzione di biogas sono soggetti alla norma detta “ATEX” (ATmosphere EXplosible). Questa identifica la Direttiva Europea 94/9/CE del 23 marzo 1994 che si applica agli ambienti a rischio di esplosione per i quali, inoltre, il D.Lgs 81/2008 prevede l’elaborazione del “Documento sulla protezione contro le esplosioni”. Questo tema nello studio preliminare non viene affrontato e lo è solo marginalmente nella documentazione di progetto ed altrettanto marginalmente è considerata la protezione da fulmini.
In generale, i maggiori impatti sull’ambiente sono spesso dovuti non tanto e non solo al normale funzionamento di un impianto, ma soprattutto a situazioni di malfunzionamento. Queste situazioni, le cui cause possono essere molteplici, possono produrre emissioni e/o sversamenti incontrollati, incendi, esplosioni o la contemporanea presenza di più di uno di questi eventi. Sulla base di queste premesse, ci si aspetterebbe che uno studio relativo ad un impianto delle dimensioni di quello in oggetto − che produce un gas (il metano e/o una miscela contenente questo gas) in certe condizioni infiammabile e potenzialmente esplosivo − contenga valutazioni dettagliate in merito a tali possibili eventi ed in merito ai conseguenti effetti sul territorio circostante. Invece, il tema in questione non è stato adeguatamente sviluppato ed è assolutamente privo di valutazioni in merito ai possibili effetti ambientali.
L’impianto è progettato per trattare a regime 50mila tonnellate/anno di FORSU. Le stime per la Regione Abruzzo prevedono un fabbisogno di trattamento per circa 140mila tonnellate/anno di cui 40mila nella provincia di Chieti. La capacità produttiva esistente supera già ampiamente questo fabbisogno essendo di 260mila tonnellate/anno di cui 80mila nella provincia di Chieti. Non è chiaro da dove verrà la materia prima trattata dato che la capacità di trattamento annua è superiore alla produzione di FORSU della intera provincia e ci sono già due impianti simili per dimensioni, che incidono sullo stesso territorio
Nelle conclusioni dello studio preliminare, a pagina 184, si riporta testualmente: “L’approvvigionamento delle materie prime è locale in un raggio massimo di 50 km dal sito prescelto”. Si richiede un approfondimento nel senso: si tratta di materiale prodotto entro i 50km, o che pur essendo prodotto altrove, ma stoccato entro 50 km dal sito, potrà essere trattato come “locale”? Nei tempi delle emergenze rifiuti, molti siti regionali si sono trasformati in “valvole di sfogo” per il problema di altre regioni.