Ospedale Avezzano, Bracco: ‘Introdurre il reparto di neurochirurgia’

Avezzano. ‘Questa volta, appesa a un filo, c’è la vita di una giovane madre che mercoledì scorso ha partorito il suo secondogenito e due giorni dopo, mentre si trovava ancora ricoverata, ha avuto una gravissima ischemia – esordisce il Consigliere regionale di Sinistra Italiana Leandro Bracco – V. A., originaria della Valle Roveto, ha 32 anni ed è ricoverata nel reparto di neurochirurgia dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila in terapia intensiva.

La sera di venerdì scorso ha accusato un forte dolore alla testa che le ha fatto perdere i sensi. È stata subito rianimata da eccellenti medici che non l’hanno lasciata sola un attimo e che hanno lottato in tutti i modi per tenerla in vita e salvarla.

All’ospedale di Avezzano – prosegue Bracco – non è presente la neurochirurgia e per la 32enne è stato necessario un disperato trasferimento a L’Aquila.

Anche qui è stata accolta da ottimi professionisti che stanno facendo di tutto per riportarla all’affetto dei suoi cari. Non è la prima volta che nella Marsica accade un evento di questo tipo, circostanza che getta nella disperazione numerose famiglie che si ritrovano ad aggrapparsi alla speranza che in moltissimi casi è flebile’.

Con queste parole Leandro Bracco interviene su uno dei punti più dolenti della sanità marsicana. Da anni infatti i cittadini chiedono di poter avere il reparto di neurochirurgia ad Avezzano.

“Si tratta di un ospedale che copre un bacino di utenza di quasi 150mila persone – continua Bracco – e le storie come quella di questa giovane madre fanno insorgere i cittadini che hanno il diritto di pretendere un servizio efficiente che garantisca la sopravvivenza di chi ha necessità di essere operato d’urgenza.

Ad Avezzano e a L’Aquila lavorano medici bravi e competenti ma è impensabile che un’urgenza possa essere gestita su una distanza di circa 60 chilometri con un tempo di percorrenza che se tutto va bene sfiora i 45 minuti. L’urgenza infatti si gestisce sì con professionisti ma soprattutto con una struttura in grado di reggere qualsiasi tipo di emergenza”.

“In questi anni – va avanti l’esponente di Sinistra Italiana – si è assistito a continui litigi fra politici e uscite pubbliche che si sono materializzate solamente nell’immediatezza di appuntamenti elettorali ma di fatto ad Avezzano, da luglio dello scorso anno, neurochirurgia non c’è.

Sono stati previsti medici in turno ma non ci sono posti letto. Nonostante le continue rassicurazione di Asl e politica locale, i cittadini sono consapevoli del fatto che il reparto non esista».

La storia della neurochirurgia ad Avezzano nasce nel 1994 con la morte di Luca Vicaretti, un quindicenne di Celano. Era una sera di settembre e il giovane venne raggiunto da un colpo di pistola esploso accidentalmente da un amico.

In quell’anno, nell’importante Comune marsicano, il reparto di neurochirurgia non c’era, all’Aquila non vi era posto per accogliere il ragazzo e così il trasferimento fu a Teramo. Da allora il padre del ragazzo, che autorizzò la donazione degli organi del proprio figlio, iniziò una vera e propria battaglia per l’apertura del reparto di neurochirurgia ad Avezzano.

In molteplici occasioni il genitore affermò che non poteva sapere se Luca si sarebbe salvato qualora ad Avezzano fosse stata presente la neurochirurgia ma allo stesso modo nessuno poteva arrivare ad affermare il contrario. Dopo il 2000 il reparto aprì e venne intitolato proprio a Luca Vicaretti.

A ricordare il ragazzo all’ospedale di Avezzano c’era una targa con incise queste parole: “Perché il suo destino possa contribuire a migliorare quello degli altri”.

Tutto fino allo scorso anno, quando con le dimissioni del primario Galzio, un intero territorio è tornato a dover fare i conti con i viaggi della speranza che distruggono, soprattutto psicologicamente, intere famiglie.

“Nella speranza che la giovane madre ce la possa fare e che il Signore ascolti le preghiere che le stanno giungendo da ogni parte d’Abruzzo – conclude Leandro Bracco – chiedo che la Marsica non venga penalizzata a causa della mancanza di posti letto in un reparto che deve necessariamente tornare ad essere attivo h24, con la possibilità di operare e ricoverare in loco e non a 60 chilometri di distanza.

Di fronte alla tragedia che in questi minuti sta vivendo una giovane donna madre di due figli, un marito ma soprattutto due bambini uno dei quali non ha ancora compiuto una settimana di vita, la politica che detiene il potere ha il dovere di porsi molte domande”.

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