Per usare le parole di Daniele Licheri, coordinatore cittadino del partito vendoliano, “l’ecomostro dell’Immobiliare Michelangelo si eleva antiestetico e funereo, da molti anni, nel cielo trasparente, in tutta la sua bruttezza: un edificio che non c’è”. Sei piani di nulla, solo cemento armato e tamponatura in mattoni senza rivestimento ne riempimento, spuntano tra ciò che rimane delle palme del lungomare, tra un albergo e gli ultimi stabilimenti prima della rotonda Paolucci. I turisti che passeggiano sul lungomare nell’assolata estate pescarese alzano il naso all’insù, incuriositi da cosa possa sorgere da quel cantiere. Ma basta uno sguardo in più alla ruggine sulle grate e ai numerosi e datati murales sparsi ovunque per capire che quel cantiere è morto da tempo. I pescaresi, infatti, sono ormai abituati e rassegnati a vedere quel palazzo mai nato stonare in mezzo alle palazzine e le villette strette tra la riviera e viale Kennedy.
“L’ecomostro”, ricostruisce Licheri, “era nato nel 2002 e, tra beghe proteste e sequestri, era stato giudicato totalmente da abbattere con sentenza del Tar di Pescara confermata dal Consiglio di stato (vedi sentenza TAR di Pe n.11 del 09/01/2006 e decisione n.1672 dell’11/04/2007)”. Pertanto, sentenze locali e statali hanno decretato l’abusività della palazzina morta prima di iniziare a vivere. A questo punto, quattro anni dopo l’ultimo giudizio, l’accusa di Sel va al “Comune di Pescara, al quale compete l’obbligo di rendere esecutive le sentenze di cui sopra, non ha proceduto a tutt’oggi ad emettere una valida Ordinanza di abbattimento”. “Possiamo parlare di omissione di atti d’ufficio? L’ecomostro intanto sopravvive e ringrazia: lui sa chi!”, conclude Licheri.
Daniele Galli