Giulianova, Pd: Albert Pepe scrive lettera per spiegare le dimissioni da segretario

logo_pdGiulianova. Albert Pepe non è più segretario del Partito Demcratico di Giulianova. La decisione era già nell’aria da un paio di settimane, ora è ufficiale. L’ormai ex segretario ha scritto una lettera di dimissione, che riportiamo di seguito integralmente, indirizzata a tutti i dirigenti del Pd,  a Luigi Chiodi in qualità di Presidente del PD Unione Comunale di Giulianova, al Segretario Provinciale del PD Robert Verrocchio e ai coordinatori dei circoli. La letterà è anticipata, in stile letterario più che politico da due citazioni una di Ennio Flaiano, “La stupidità degli altri mi affascina,  ma preferisco la mia”; e l’altra di Maria Zambrano, “Le radici devono avere fiducia nei fiori”.

“Se in un partito che si definisce democratico domande poste nella forma della condivisione del legittimo dubbio ricevono in risposta rabbia reattiva persecutoria e punitiva;
Se in un partito che si definisce democratico il libero pensiero che s’interroga viene vessato e maldestramente processato in una cupa atmosfera kafkiana con l’accusa di un “incontro segreto”, un incontro che segreto non è mai stato se non nelle definizioni di una stampa faziosa, un incontro del quale si è fatto puntuale e circostanziato resoconto meno di 24 dopo alla segreteria riunita nella sua interezza;
Se in un partito che si definisce democratico l’intervento dialettico è apprezzato soltanto quando è gregario
Se in un partito che si definisce democratico non c’è scuola di FORMAZIONE POLITICA né d’indirizzo;
Se in un partito che si definisce democratico non c’è spazio per l’ascolto dell’avversario né dell’alleato,  ritengo opportuno farmi da parte anche in considerazione dei mie impegni di lavoro che non mi permettono di dedicare il tempo necessario all’organizzazione di un partito ancora in fasce.
Non comprendo sinceramente per quale motivo persone che convivono  nello stesso partito e con ruoli diversi debbano definirsi “fedeli” e perché il sottoscritto che ha espresso la sua vocazione a non sottomettersi supinamente alla verità di una parte sola debba passare per un eretico.
Detto questo Democraticamente, e mi si perdoni il neologismo DEMO-CRITICAMENTE passo il testimone al segretario che verrà, e preciso che non intendo abbandonare il Partito Democratico né mi sento vittima di un’ epurazione o di mobbing politico
Ringrazio chi in questi mesi mi ha sostenuto credendo nella possibilità  di una politica diversa, un po’ ingenua e immatura forse, ma sicuramente priva di secondi fini e lontana da interessi personali.
A chi mi accusa – in malafede – a mezzo stampa di immobilismo vorrei ricordare semplicemente che in Segreteria non ero solo, c’era un Presidente, i Segretari dei circoli ed altri validi componenti. Vi è quindi una responsabilità solidale innegabile.
In seno all’unione comunale mi è stata rivolta l’accusa di non dare un adeguato supporto alle scelte amministrative, di non spendere delle parole a difesa dei singoli amministratori e di non averli mai interpellati. Di sicuro non potevo fornire un sostegno al buio o limitarmi a ratificare scelte altrui. In questi mesi nessuno degli amministratori mi ha contattato per mettermi al corrente dell’indirizzo politico che si intendeva perseguire, dei criteri utilizzati per assegnare degli incarichi politici, dei rapporti  con la coalizione che ha sostenuto il Sindaco. Ecco perché ho cominciato a dialogare con gli altri interlocutori politici al fine di sondare qual’era all’esterno la rappresentazione del nostro Partito e il giudizio complessivo sulla gestione amministrativa.
Senza retorica, mi preme comunque sottolineare che: stavo lavorando in silenzio per un partito dell’accoglienza, del confronto aperto per un partito in grado di esercitare un’ autocritica costruttiva da utilizzare come antidoto all’ arroccamento, al parlarsi addosso, contro l’obbedienza cieca e serva reclamata dalla cattiva politica.
Un partito in grado di sedurre, di convincere le persone che si sono e si stanno allontanando –  perché deluse, svilite ed offese – a partecipare con lo sguardo rivolto al futuro, in un’epoca di passioni tristi. Stiamo assistendo ad un’ emorragia dell’appartenenza, della solidarietà umana, del rispetto reciproco. Ho percepito sin da subito nel nostro partito un tasso elevatissimo di violenza verbale e non verbale che ci danneggia all’interno ed all’esterno.
Stavo lavorando insieme ad alcuni componenti della segreteria per la manutenzione della democrazia partecipativa in un tempo in cui i partiti rischiano di diventare delle tifoserie, delle associazioni di supporter in adorazione di un presunto capo.
Io credo ancora fortemente nel progetto del Partito Democratico e soprattutto nella necessità di pronunciare a testa alta la parola SINISTRA, riaffermando la cultura del popolo di SINISTRA. Per fare questo è necessario ridiscutere le alleanze senza dare nulla per scontato.
Continuerò quindi a dare il mio contributo costruttivo,  manifestando talvolta anche il dissenso argomentato rispetto a scelte che reputo distanti dalla cultura di Sinistra a cui mi sento di appartenere; e rivendicando sempre il sacrosanto diritto di dire la verità al potere nelle sue mutevoli incarnazioni.
Voglio spendere qualche parola sulla formazione, mia ossessione principale. In questo Partito è ancora assente, ed è stata la prima parola che ho pronunciato all’interno del Pd giuliese denunciando la sua scomparsa.
Ebbene, senza formazione non saremo mai in grado di fare del buon governo locale o nazionale, di selezionare una classe dirigente competente e all’altezza delle sfide che ci aspettano.
Dobbiamo riportare al centro della discussione il tema della dignità del lavoro –  in un tempo strangolato dalla precarietà e dallo sfruttamento – difendendo  i diritti, contrastando i soprusi e le prevaricazioni, stando dalla parte dei nuovi poveri.
Dobbiamo difendere e prendere sul serio la nostra bella e poetica Costituzione, nutrire questa fragile e promettente creatura che è il Pd rifiutando l’imperante cultura del narcisismo e riscoprendo la Voglia di Comunità.
Senza formazione non si va da nessuna parte e rischiamo di consegnare la gestione della cosa pubblica a dei dilettanti allo sbaraglio o a dei cinici e spregiudicati professionisti dell’interesse privato.
Rispetto alle turbolenze di questi giorni assumo un atteggiamento filosofico, ovvero adotto la sospensione del giudizio, faccio epoché. Nei contesti sociopolitici vuol dire essenzialmente credere che nessun punto di vista parziale può essere immediatamente elevato ad universale. E’ un antidoto al fanatismo utile per risolvere i conflitti dovuti all’incomprensione reciproca.
Mi congedo dalla carica di segretario con una frase di Piero Calamandrei che di questi tempi sarebbe bene imparare  a memoria: la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”.

Albert Pepe


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