Teramo, la vita post-Covid delle donne: sovraccariche di lavoro domestico ma più digitali

Tanti gli spunti di riflessione, soprattutto per chi si trova a riprogettare servizi sociali, progetti di inclusione e modelli di lavoro con i fondi ordinari e straordinari che arrivano dall’Europa, che si rintracciano nell’indagine voluta dalla consigliera provinciale per le Pari Opportunità della Provincia di Teramo, Beta Costantini, realizzata dalla docente di UNITE, Agnese Vardanega, esperta di scienze sociali e analisi dei dati.

I primi risultati (in una prossima pubblicazione lo studio completo) sono stati presentati questa mattina in Provincia da Agnese Vardanega, docente dell’Università di Teramo esperta di data analysis e scienze sociali, dalla consigliera provinciale per le pari opportunità e il sociale, Beta Costantini, promotrice dell’iniziativa con gli interventi degli ambiti sociali delle Unioni dei Comuni – Gran Sasso  e Vibrata rappresentati da Piergiorgio Possenti e Simona Antonini – e dell’assessora del comune di Tortoreto, Angela Recinelli. Se è stato raggiunto un campione rappresentativo di 600 donne è anche grazie al lavoro svolto dagli sportelli sociali, dai sindacati, dalle associazione e dai Comuni. La doppia modalità di raccolta – on line e in presenza – ha consentito, quindi, di intercettare condizioni molto diverse.
I risultati, in linea con quanto già conosciamo sulla vita delle donne italiane, hanno focalizzato alcuni elementi peculiari del territorio. La provincia teramana ha una popolazione stabile e in lieve decrescita, il che implica una popolazione femminile con un’età media piuttosto avanzata.
Si rileva con chiarezza, inoltre, il forte radicamento – tipico nelle regioni del sud Italia – della cosiddetta “doppia presenza”: anche quando lavorano le donne si fanno carico da sole delle responsabilità familiari e domestiche. Un elemento, questo, molto importante per comprendere l’impatto delle Covid sulla vita delle durante e dopo il lockdown. Uno degli aspetti più interessanti e quello relativo alla digitalizzazione: le donne hanno lavorato con i figli in dad, hanno fatto ricorso alla formazione in maniera molto più rilevante che in passato proprio perché fruibile su piattaforme on line: anche per questo individuano con puntualità le criticità di una “rete digitale” che non regge le attuali esigenze e chiedono un ampliamento di tutti i servizi digitali.
“Ovviamente la pandemia ha avuto un impatto molto negativo in quelle situazioni familiari più fragili e questo pare ovvio ma il carico di lavoro è aumento per tutte: quelle che lavorano e quelle che non lavorano. Investite di nuovi carichi per la cura e assistenza non hanno avuto tempo per trovare un’occupazione – ha dichiarato Agnese Vardanega – e questo è un elemento molto preoccupante. Se le donne non hanno tempo per sè o per lavorare, rimanere a casa può diventare una sorta di scelta obbligata e le attuali politiche del lavoro sono assolutamente inadeguate a far fronte a questa situazione. D’altro canto chi lavora, in un Paese denatalizzato, rinuncia o rinvia la decisione di fare figli perchè non ci sono servizi sociali adeguati, nè a mitigare questo aspetto possono essere utili misure spot che oggi ci sono e domani non si sa”.
“Non siamo ancora fuori dall’emergenza – sottolinea la consigliera Beta Costantini  – ma è chiaro che certi cambiamenti in negativo stanno influenzando pesantemente sulla vita delle donne e si traducono in un peggioramento non solo della loro vita ma della qualità delle relazioni e delle dinamiche sociali. Bisogna lavorarci: il messaggio di una migliore qualità dei servizi digitali, delle opportunità legate allo smart working e più in generale ai cambiamenti dei modelli organizzativi del lavoro, di servizi sociali ritagliati sui nuovi bisogni, sono una frontiera di impegno per tutti i decisori pubblici, per gli enti locali e per il Governo: dai finanziamenti straordinari dell’Europa arriva una sfida che potremo cogliere solo con una nuova programmazione”.
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