“Una lunga lista di premesse tra cui la mancata rivalutazione della contribuzione pubblica (indirizzato alla Regione) o il mancato aumento del costo dei biglietti (indirizzato al Comune di Teramo), ma che portano tutte alla stessa conclusione ovvero la disdetta unilaterale degli accordi aziendali e il conseguente taglio dei salari dei lavoratori”.
Per la Filt Cgil, Fit Cisl, Ugl e Faisa Cisal è “in sostanza il drammatico epilogo della nota indirizzata dal Presidente della Baltour Agostino Ballone, alle Segreterie Regionali delle Organizzazioni Sindacali e con la quale si preannuncia l’annullamento del contratto aziendale a far data dal primo di aprile 2023. Nello specifico la società, prendendo spunto evidentemente da circostanze e situazioni analoghe che hanno caratterizzato di recente le principali aziende della mobilità che espletano il servizio di trasporto urbano nelle città capoluogo (vedasi L’Aquila e Chieti), punta l’indice sulla Regione Abruzzo colpevole (secondo le affermazioni aziendali) di non aver effettuato le attività di calcolo per i conguagli d’esercizio, di non aver adeguato le contribuzioni ancora ferme ai costi standard rilevati nel 2012 e di non aver avallato unitamente al Comune di Teramo l’aumento tariffario di biglietti e abbonamenti”.
E ancora: “Inoltre e sempre al fine di giustificare l’operazione e il taglio dei salari, si fa riferimento all’aumento di costi per il caro gasolio a causa del conflitto bellico, alla diminuzione dei passeggeri causa Covid (-50%) e persino al contratto nazionale di lavoro, rinnovato a fatica dopo svariati anni di mancato adeguamento salariale. Ovviamente ce n’è per tutti, anche per i sindacati… definiti ‘acquiescenti’ verso il diverso regime normativo ed economico riservato all’azienda di trasporto pubblico regionale. Sarà sicuramente sfuggito al presidente Ballone che Tua è un azienda IN HOUSE PROVIDING di proprietà della Regione Abruzzo assoggettata al controllo analogo dell’Ente e che attraverso la contribuzione regionale, garantisce ed espleta un servizio pubblico essenziale quale quello della mobilità, assicurando il trasporto collettivo anche nelle aree interne e nelle realtà a domanda debole caratterizzate dal fenomeno dello spopolamento e questo a garanzia della socialità del servizio in tutto il territorio abruzzese. Sarà anche sfuggito allo stesso Presidente che nell’ultimo accordo aziendale firmato solo 6 mesi fa presso la sede di Confindustria Teramo, la responsabilità di queste sigle sindacali ha scongiurato un periodo di tensione e di forte contrapposizione tra l’impresa e le maestranze. Del resto ce ne sarebbero tutte le ragioni se si pensa soltanto che l’azienda per un lungo periodo di tempo è stata totalmente sprovvista delle figure normativamente previste per assicurare le operazioni di controllo del servizio, dei titoli di viaggio e della sicurezza a bordo dei mezzi e che, pur in presenza degli importanti ristori assicurati dal Governo, ha determinato inevitabilmente un calo significativo delle entrate. Così come l’assenza di queste stesse figure ed una generale disattenzione aziendale sono presumibilmente alla base dell’aumento delle aggressioni verso i conducenti anche con conseguenze alquanto gravi”.
E proseguono: “Analogamente si potrebbe rammentare la scarsa trasparenza derivante dalla mancanza di una vera pianta organica e di una netta separazione tra le attività (e quindi i dipendenti) concernenti il libero mercato e quelle assoggettate a contribuzione pubblica. In particolare la carenza di personale viaggiante determina il ricorso pressoché quotidiano a prestazioni straordinarie con conducenti impiegati talvolta anche su doppi turni di lavoro e oltre 13 ore di guida giornaliere con evidenti ripercussioni anche sulla sicurezza. Su questi aspetti queste Segreterie Regionali saranno sicuramente più attente. Oltretutto suonano alquanto strani gli attacchi alla Regione e al Comune di Teramo, sferrati proprio alla vigilia di quel 30 marzo 2023 in cui, come è noto (e salvo ulteriori proroghe) dovrebbero scadere i termini per l’affidamento dei servizi in concessione. Le affermazioni aziendali sembrano infatti quasi a manifestare una presunta indisponibilità a proseguire con l’esercizio in concessione dal momento che gli accordi di secondo livello oggetto di disdetta, attengono in parte quelle compensazioni di prestazione lavorativa che diversamente andrebbero ugualmente conteggiate e riconosciute”.
Ai sindacati “non ci resta che attendere il prossimo incontro per capire come l’Azienda vorrà fornire ulteriori spiegazioni su questa decisione, ma anche sugli ingiustificabili ritardi dei pagamenti delle cessioni del quinto degli stipendi e talvolta anche nei pagamenti delle stesse retribuzioni. Così come occorrerà fare luce sui mancati versamenti al fondo di previdenza complementare (Priamo), le cui inadempienze, se accertate, determinerebbero una grave evasione contributiva al pari di quella obbligatoria così come stabilito di recente in una nota trasmessa dall’Ispettorato Nazionale del lavoro”.