E’ cominciata la campagna di informazione per il referendum consultivo in programma il prossimo 14 giugno che vedrà i cittadini montoriesi chiamati ad esprimersi sul loro apprezzamento o meno per la costruzione di un autodromo nella frazione di San Mauro. E il “Comitato del no”, formato da movimenti, associazioni e cittadini contrari a questa ipotesi, hanno stilato già un documento, nel quale spiegano le motivazioni per le quali si oppongono a questa scelta.
Il primo motivo di contrasto riguarda la modalità della consultazione popolare, priva di un quorum minimo di validità, che lascerebbe all’amministrazione una sostanziale discrezionalità nella lettura dei dati. Inoltre, non essendo prevista una partecipazione minima, potrebbe essere una piccola minonarnza a decidere in nome di un’intera popolazione.
In secondo luogo, il Comitato si oppone “all’enorme sacrificio ambientale e di consumo del suolo, chiesto al nostro territorio nella sua interezza, non correlato ad alcun vantaggio economico e occupazionale certo”. Secondo il progetto, infatti, a fronte dei 600 posti di lavoro prospettati dalla società promotrice, ce ne sarebbero solo 34 effettivi e gli incassi preventivati (250 ingressi al giorno), risulterebbero essere di parte e non verosimili visto che non sarebbero in molti a potersi permettere una giornata di prove libere a 600 euro al giorno.
“Valori come quello ambientale e come quello relativo alla tutela della salute”, si legge nella nota del Comitato Animaverde, “non possono essere sacrificati sull’altare del mero e brutale interesse economico e, a maggior ragione, non possono essere immolati, in virtù del perseguimento di un progetto che rappresenta un ‘capriccio’ di pochi e che rischia, fortemente, di rivelarsi un flop”.
La terza opposizione riguarda l’idea che San Mauro e i territori limitrofi vengano considerati una “modesta frazione” o una zona depressa e in via di abbandono. Per il Comitato, infatti, oltre ad una quarantina di nuclei familiari, nella zona ci sono diverse aziende agricole di qualità, un’interessanre area agricola e una particolare specie di pipistrello, tutelata da leggi nazionale ed europee.
Infine non ci si rassegna ad affidare le sorti del territorio ad una società che non offre alcuna garanzia, dal punto di vista economico per la copertura del progetto, rischiando di far diventare l’opera una “cattedrale nel deserto” che devasta il territorio, rimanendo poi incompiuta. Inoltre, sebbene nello schema di convenzione predisposto tra società promotrice e amministrazione pubblica si parli di “ripristino dei luoghi”, in caso di mancato compimento del progetto, non c’è nulla di più assurdo. “Una volta violentato un territorio in maniera così incisiva”, conclude il Comitato, “sarà impossibile riportarlo allo splendore di un tempo, soprattutto, se ci si aspetta tale ripristino da una società a responsabilità limitata, che è responsabile, per l’appunto, nei confronti di eventuali creditori (anche pubblici ), nei limiti del proprio capitale sociale”.