Pescara. L’Abruzzo continua a scavare: sono infatti 265 le cave attive e 640 quelle abbandonate. Questa la fotografia scattata da Legambiente secondo cui “la Regione è ancora inadempiente sul piano cave che, nonostante l’annuncio di alcuni mesi fa, è al palo”.
L’associazione inoltre dice no alla realizzazione della cava di Monte Castiglione a Popoli, sì all’ economia circolare.
“Malgrado la spinta delle Direttive europee che portano il recupero di materiale inerte al 70% entro il 2020, l’Abruzzo è ancora molto indietro”, afferma Legambiente che chiede una “profonda innovazione nel settore. Puntando su riciclo, adeguamento delle tariffe e tutela del territorio si può ridurre il numero di cave con più lavoro”.
Legambiente sottolinea il fatto che “è possibile ridurre il prelievo di materiale e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio, dare una nuova vita ad una cava dismessa e percorrere la strada del riciclo degli aggregati. A dimostrarlo sono tanti paesi europei che hanno deciso di puntare sul riciclo degli inerti, ma anche diversi esempi italiani anche se per l’Italia e per l’Abruzzo la strada è ancora lunga e in salita”.
In particolare, dal rapporto cave 2016 di Legambiente, emerge che la quantità estratta in regione di sabbia e ghiaia è di 1.605.550 m3 con entrate annue pari a 2.087.215,00 di euro, solo il 6,5% del volume d’affari annuo complessivo da attività estrattive con prezzi di vendita di 32.111.000,00 di euro. Già con l’adeguamento ai canoni europei, la cifra sarebbe molto più alta: 5.137.760,00 di euro.
“Per Legambiente occorre promuovere una profonda innovazione nel settore delle attività estrattive – afferma Giuseppe Di Marco, presidente Legambiente Abruzzo – è arrivato il momento che anche l’Abruzzo scelga la strada del riciclo, seguendo le buone pratiche di una moderna gestione delle risorse e sviluppando un settore economico capace di legare ricerca e innovazione nel recupero dei materiali.
Non è utopia pensare di avere più imprese e occupati nel settore, proprio puntando su tutela del territorio, riciclo dei materiali e un adeguamento dei canoni di concessione ai livelli degli altri Paesi europei”.
“La filiera del riciclo garantisce almeno il 30% di occupati in più a parità di produzione e può garantire prospettive di crescita molto più importanti e arrivare a interessare l’intera filiera delle costruzioni, per altro le Direttive europee prevedono che entro il 2020 il recupero dei materiali inerti dovrà raggiungere quota 70%.
Ma per realizzare ciò – conclude Di Marco – servono scelte e politiche chiare da parte delle Regione a partire dalla rapida approvazione del piano cave e contemporaneamente al blocco di tutte nuove richieste”.