Gran Sasso, trovati senza vita i due alpini dispersi

L’Aquila. I vigili del fuoco hanno ritrovato sul versante teramano i corpi dei due alpini pugliesi dispersi sul Gran Sasso. Sono già iniziate le operazioni di recupero da parte del Soccorso Alpino.

I due sono scivolati in un dirupo per circa 200 metri dalla via Normale direzione Valle dei Ginepri.

Per le ricerche si erano mobilitate squadre del soccorso alpino (Cnsas), della guardia di finanza e della forestale. Una parte attiva l’hanno avuto anche i vigili del fuoco. Per il ritrovamento erano state utilizzate squadre cinofile e Tas (Topografia applicata al soccorso), oltre a tre elicotteri – dei vigili del fuoco, 118 e forestale – che dall’alba avevano battuto tutte le vie d’alpinismo e i sentieri che conducono alla vetta.

Tre elicotteri – del 118, forestale e vigili del fuoco – avevano anche allestito un campo base a Campo Imperatore.

Alla fine i corpi degli escursionisti sono stati individuati in una zona impervia della Conca degli invalidi, nel versante teramano del Gran Sasso. Pare che i due alpini non fossero dotati di ramponi e a causa della neve e della nebbia sono poi precipitati in un dirupo con diversi sbalzi di roccia, dalla via Normale in direzione Valle dei Ginepri, profondo circa 200 metri.

CHI ERANO. Si chiamavano Giovanni De Giorgi, 26 anni, e Massimiliano Cassa (entrambi primo caporal maggiore) i due militari pugliesi del Nono Reggimento Alpini, di stanza presso la caserma “Pasquali” dell’Aquila, deceduti dopo essere finiti in un dirupo mentre erano intenti in un’escursione sul massiccio del Gran Sasso d’Italia.

Entrambi si trovavano in licenza. De Giorgi era di Galatina (Lecce), mentre il suo collega di Corato (Bari). Al momento, causa le avverse condizioni meteorologiche, soprattutto il forte vento, l’elicottero del 118 non è in grado di recuperare i corpi che, tuttavia, sono stati assicurati in barelle ancorate in parete dai tecnici del soccorso alpino. Non è quindi escluso che il recupero sarà effettuato domani. Le salme saranno poi trasferite presso l’obitorio dell’ospedale ‘San Salvatore’ dell’Aquila. La Procura, poi, deciderà se ordinare, o meno, le autopsie.

Scalatore Fasciani: vetta sottovaluta

“Le montagne abruzzesi spesso sono sottovalutate, anche da chi viene dal nord ed è abituato alle Alpi. Anche la via più facile può diventare fatale”. A parlare è l’alpinista abruzzese Italo Fasciani che lo scorso 3 ottobre ha raggiunto la vetta himalayana del Cho Oyu (8.201 metri), sesta montagna più alta del mondo. Proprio Sul Corno Grande del Gran Sasso, nei luoghi della tragica escursione in cui sono morti due alpinisti, Fasciani, 50 anni, di Sulmona (L’Aquila), istruttore di alpinismo e di sci alpinismo del Cai, ha svolto parte dell’allenamento per la sua impresa himalayana.

“Piccole o grandi che siano le vette – dive l’esperto – ci vuole poco per mettersi nei guai. Ci vogliono attrezzature e tecnologie giuste ma anche l’esperienza per saperle usare bene”.

“Uno scivolone sul ghiaccio su un pendio di 40 gradi, quindi non così ripido e su cui si può ancora sciare – spiega Fasciani – fa prendere una tale velocità che è come saltare nel vuoto. Andare giù per 20, 50 o 100 metri e poi scontrarsi con le rocce produce danni inevitabili”.

“Il Corno Grande è un blocco di roccia grandissimo – dice Fasciani – che si può affrontare da varie parti”. La via ‘Normale’ è una delle tre vie escursionistiche per arrivare in vetta, riferisce Fasciani, ed è quella più facile. Poi c’è la via delle ‘Creste’ e la ‘Direttissima’ (questa sul versante aquilano e più complessa). Quindi ci sono le vie alpinistiche.

“La via ‘Normale’ d’estate – riferisce l’alpinista – è un sentiero che può percorrere anche chi non è mai andato in montagna. Sale su un pendio e il consiglio, se in estate si vuole fare un’escursione, è quello di andare al mattino presto”.

Ma nelle altre stagioni, “se c’è neve e ghiaccio – spiega Fasciani – la stradina non si vede più”.

In tutti gli ambienti naturali, al mare come in montagna, aggiunge ancora l’alpinista, l’incidente è dietro l’angolo, “chi è esperto può accorgersene prima”. Ma la prima regola è la conoscenza dell’ambiente in cui ci si muove, la preparazione, le attrezzature e il loro uso corretto.

“Prima di affrontare qualunque via in montagna – avverte infine l’esperto – è necessario conoscerla e aver fatto apprendistato. L’avvicinamento va fatto per gradi e le attività più complicate vanno affrontate con le guide”. Da non trascurare, conclude l’alpinista, il fattore meteo: “Oggi, grazie alle precise previsioni di cui possiamo disporre, non si può affrontare qualsiasi escursione o scalata senza conoscere prima le condizioni meteorologiche”.

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