L’allarme lanciato dalla CGIL sul rischio di un aumento dei requisiti pensionistici non annunciato ufficialmente ha scosso tutti i lavoratori, l’INPS ha chiarito una volta per tutte la questione.
Sono 12 anni circa che i lavoratori chiedono a gran voce e sperano che venga effettuata una nuova riforma pensionistica. La legge denominata “Fornero” è stata infatti approvata nel 2012 e da allora regola quelli che sono i requisiti utili per andare in pensione per chi decide o non ha i requisiti per usufruire degli scivoli pensionistici.
In ogni caso gli scivoli sono misure rinnovate annualmente e non strutturali che potrebbero essere cancellati in una successiva manovra o da un successivo governo. Il problema di base è che una riforma pensionistica che abbassi la soglia anagrafica utile per ottenere la pensione di vecchiaia è attualmente insostenibile per le casse dello stato e lo sarà sempre di più se il trend di invecchiamento della popolazione non verrà invertito.
Nella situazione attuale dunque, la soglia di età utile per ottenere la pensione di vecchiaia va di pari passo con quelle che sono le aspettative di vita della popolazione. Ad un maggiore aspettativa di vita media del cittadino corrisponderà un allontanamento della soglia di età in cui sarà possibile ottenere l’addio al lavoro.
Ogni biennio la ragioneria dello stato valuta quelle che sono le speranze di vita della popolazione per adeguare ad esse anche la soglia anagrafica di ottenimento della pensione di vecchiaia. In base alle osservazioni compiute a fine 2024 è stato stabilito che per il biennio 2025-2026 la soglia rimarrà a 67 anni e 3 mesi e che non ci sarà nessuna modifica nemmeno nel biennio 2027-2028.
Sebbene i dati forniti rassicurino sul fatto che la soglia d’età per l’accesso alla pensione nel 2029 sarà di 67 anni e 4 mesi (dunque un mese in più), la CIGL teme che ci possa essere uno scarto maggiore di quello che è stato annunciato. Tale scarto sarebbe legato all’aumento degli anni di contributi da versare che passerebbero dagli attuali 41 anni e 1 mese ai 43 anni e 3 mesi proprio nel 2029.
Considerando questo aumento di contributi da versare e la situazione frammentaria e disomogenea della situazione lavorativa attuale, il sindacato teme che nel 2029 possa esserci un aumento non ancora indicato di 3 mesi che porterebbe la soglia di vecchiaia a 67 anni e 6 mesi.
Il sindacato ha poi sottolineato come il governo attualmente in carica abbia disatteso le promesse fatte in sede elettorale sul superamento della Legge Fornero e dunque sull’aumento continuo e incontrastato della soglia di vecchiaia per raggiungere la pensione, un mancato superamento che potrebbe condurre al rischio che aumenti improvvisi si verifichino da un anno all’altro penalizzando chi si ritrova vicino alla soglia del pensionamento.
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In seguito al caos mediatico nato dopo l’allarme lanciato dalla CGIL, l’ente statale deputato alla concessione della pensione – l’INPS – ha chiarito che non ci saranno sorprese negative per i lavoratori e che le soglie indicate per l’ottenimento della pensione di vecchiaia sono quelle già indicate.
Dopo il chiarimento dell’INPS, la CGIL ha deciso di calmare le acque confermando quanto dichiarato dall’ente per voce della segretaria confederale Lara Ghiglione: “L’unico riferimento valido è il 25° Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato del 2024, che non prevede aumenti per il 2027 e indica solo un mese in più per il 2029″.
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Ciò nonostante la stessa segretaria della CGIL invita tutti a mantenere alta l’attenzione per evitare che in futuro possano verificarsi modifiche unilaterali ai requisiti pensionistici e infine sottolinea come già adesso, senza le modifiche, l’Italia è il Paese europeo con la soglia di vecchiaia più alta d’Europa, visto che la media europea è di 64,4 anni per gli uomini e 63,4 per le donne.