Irpef, la riforma penalizza chi doveva essere aiutato: tasse extra per chi è nella fascia più diffusa in Italia
Promesse di tagli fiscali e alleggerimenti per il ceto medio sono all’ordine del giorno, ma i numeri – tanto per cambiare – raccontano un’altra storia. E con la nuova riforma Irpef, il ceto medio italiano si ritroverà a dover fare i conti con nuove pesanti tasse.
Chi guadagna tra 32 e 40 mila euro, infatti, si troverà a versare al fisco fino al 56% del reddito. La sforbiciata alle detrazioni, pensata per finanziare il riordino delle aliquote, finisce così per colpire proprio quella fascia di contribuenti che doveva essere agevolata.
Intanto, Forza Italia ha presentato un emendamento alla Manovra con l’obiettivo di abbassare l’aliquota del secondo scaglione dal 35% al 33% ed estendere la platea fino a 60 mila euro, ma servono 2,5 miliardi di euro, risorse difficili da reperire.
La speranza del governo si chiama concordato fiscale, il cui termine per le adesioni è stato prorogato al 12 dicembre. L’obiettivo è raccogliere gettito aggiuntivo per finanziare la riduzione dell’Irpef.
Tuttavia, i risultati finora non sono incoraggianti: con oltre 500 mila adesioni, si stima che si possano ricavare circa 1,3 miliardi di euro, sufficienti appena per ridurre l’aliquota del secondo scaglione di un punto percentuale, dal 35% al 34%. Per scendere al 33%, servirebbero almeno altri 1,2 miliardi, una cifra che sembra ormai irraggiungibile.
Dal 2025, dunque, entreranno in vigore modifiche alle detrazioni per i lavoratori dipendenti:
Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), per chi ha redditi superiori a 75 mila euro l’impatto sarà pesante, con aumenti che superano i 2 mila euro. Ma anche chi si colloca nel ceto medio, tra 32 e 40 mila euro, sarà tra i più penalizzati, nonostante fosse il principale destinatario della riforma.
Sulla carta, le aliquote rimangono tre: 23% fino a 28 mila euro, 35% fino a 50 mila euro, 43% sopra i 50 mila euro. La realtà è però diversa, in quanto il sistema delle detrazioni decrescenti genera sei aliquote effettive, creando scalini che alzano improvvisamente la pressione fiscale:
La fascia più penalizzata è quella tra i 32 e i 40 mila euro, dove la pressione fiscale supera il 56%, un paradosso per una riforma nata con l’intento di sostenere il ceto medio.
Il taglio delle detrazioni genera uno “scalino fiscale” che, al crescere del reddito, aumenta il carico fiscale anziché alleggerirlo. Per un milione di contribuenti, gli aiuti decrescenti si trasformano in tasse più alte. Alle aliquote Irpef si sommano poi le addizionali regionali e comunali, ancora strutturate su quattro scaglioni, aggravando ulteriormente la pressione.