NASPI, non ne possono beneficiare questi lavoratori che perdono il lavoro. Vediamo quando non si percepisce l’indennità.
La NASPI (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego) rappresenta la principale forma di sostegno economico per i lavoratori che perdono il lavoro in modo indipendente dalla loro volontà. Una prestazione quindi molto importante erogata dall’INPS su domanda dell’interessato, da presentarsi entro 68 giorni dalla perdita dell’impiego.
L’invio della domanda può avvenire solo per via telematica, accendendo al sito web dell’INPS con le proprie credenziali SPID, CIE e CNS seguendo le istruzioni. Il decorso dell’indennità parte dall’ottavo giorno dalla fine del lavoro, se la domanda è presentata entro tale termine. Altrimenti, il decorso inizia il primo giorno successivo a quello di presentazione della domanda. Questi i termini della domanda, ma quali lavoratori ne hanno diritto?
NASPI, chi ne ha diritto e chi no
Questa indennità spetta ai dipendenti, esclusi quelli del pubblico impiego a tempo indeterminato, part time e full time del privato, agli apprendisti, ai soci lavoratori delle cooperative, al personale artistico con rapporti di lavoro subordinato e ai dipendenti pubblici con contratti a tempo determinato. Tratto comune di queste categorie la perdita involontaria del lavoro.
Di regola dunque la NASPI arriva solo a chi è licenziato, anche per giusta causa, per fallimento o crisi dell’azienda. Dunque i lavoratori che perdono il lavoro per dimissioni volontarie non ne hanno diritto. Questo perché in un caso del genere la cessazione del rapporto di lavoro non dipende dalla decisione del datore, ma esclusivamente da quella del dipendente.
Una deroga a questa regola si ha per le dimissioni per giusta causa, le dimissioni cioè determinate da comportamenti del datore di lavoro che rendono insostenibile per il lavoratore la continuazione del rapporto contrattuale (per esempio nel caso di vessazioni da parte del superiore, per violenze morali e verbali, per maltrattamenti, per mobbing, per omesso pagamento dello stipendio per almeno due mensilità e così via).
Questi e altri casi rappresentato le eccezioni alla regola generale, secondo cui il dipendente che si dimette volontariamente non ha diritto all’indennità. Anche in caso di risoluzione consensuale del contratto nell’ambito di una procedura di conciliazione presso l’Ispettorato del lavoro consente di ottenere la NASPI. Altra situazione frequente sono le dimissioni per rifiuto del trasferimento.
Se lo spostamento è determinato da ragioni comprovate di servizio o di organizzazione, il lavoratore non può opporsi e in caso di dimissioni volontarie non accede all’indennità. Tuttavia se il trasferimento è superiore a 50 chilometri dalla propria residenza o per raggiungere il posto di lavoro sono necessari più di 80 minuti con il trasporto pubblico, le dimissioni consentono comunque di avere la NASPI.