La voce è insistente, ma da Seattle viene un gelido ‘no comment’: l’apertura di Starbucks in Italia è e resta un ‘rumor’, un’indiscrezione.
Secondo le voci riportate dalla stampa italiana, il colosso americano delle caffetterie è pronto a farsi spazio nella culla dell’espresso e ad aprire il primo punto vendita a Milano. Forte dell’alleanza con un imprenditore esperto di retail come Antonio Percassi (Benetton, Zara e più di recente Vicoria’s Secret) Starbucks potrebbe chiudere gli accordi già entro Natale. “Non commentiamo voci o indiscrezioni di stampa” è stata la risposta dal quartier generale di Seattle.
Che Sarbucks apra pure in Italia, le caffetterie storiche del Bel Paese non vedono l’ora di confrontarsi con il colosso americano per affermare la propria superiorità. “Il caffè è tradizione e charm, è abitudine e stile” dice Antonio Sergio, uno dei titolari del bar Gambrinus di Napoli, “Starbucks è un modo frivolo di gustare il caffè, lontano anni luce dal nostro”. Secondo Sergio lo stile della casa di Seattle potrebbe anche prendere piede, ma non presto.
“Potrà affermarsi tra i figli dei miei figli, ma oggi, a piazza Plebiscito, non riesco a immaginarmi uno Starbusck cosi’ come non immaginavo un McDonald anche se la catena era disposta a spendere tantissimo per conquistare l’angolo più in vista, senza riuscirci”. Così come non teme la colonizzazione americana, Sergio non crede nell’esportazione del ‘modello Gambrinus’. “Abbiamo avuto proposte di franchising” dice, “ma per portare le nostre caratteristiche a Londra, New York e Tokyo ce ne ne vuole…” Walter Sanso’, direttore food and beverages della storica pasticceria Cova a Milano, risponde con una scrollata di spalle alla prospettiva dell’arrivo di Starbucks nella sua città. “Chiedere a Cova se è preoccupato per l’arrivo di Starbucks è come chiedere a un ristorante stellato se e’ preoccupato per l’apertura di una trattoria. Cova ha un certo tipo di target, Starbucks ne ha un altro.
“Siamo molto tranquilli e comunque viviamo bene la concorrenza perché la consideriamo uno stimolo. Di recente hanno aperto davanti a noi la nota pasticceria Marchesi e non ha creato alcun problema”. Anche al ‘Tazza d’Oro’, celebre torrefazione della Capitale, meta di romani e turisti a due passi dal Pantheon, non temono l’arrivo degli americani. “Sono due cose completamente diverse” dicono, “il caffe’ americano ha poco a che fare con quello artigianale italiano e di alta qualita’. Se parliamo di Starbucks non parliamo dell’espresso italiano e non temiamo la loro concorrenza perché utilizziamo da sempre miscele pregiate e di alta qualità”. Un approccio diverso è quello di Francesco Massaro, del bar omonimo, storico locale in uno dei quartieri di Palermo celebri per lo street food. “Mi ricordo che quando McDonald arrivò a Palermo” dice, “tutti erano molto perplessi e tanti pensavano che non potesse attecchire la storia culinaria particolare di Palermo, molto legata al cibo da strada. Oggi, piu’ di dieci anni dopo, McDonald ha avuto successo e lo stesso penso che accadrebbe con Starbucks: avrebbe la sua fetta di mercato che non toglierebbe nulla a un bar come il mio. Non saranno necessariamente pubblici diversi: magari la gente verrà a fare colazione da me e un giorno a settimana andrà da Starbucks”. Massaro confessa non solo di non temere, ma di attendere l’arrivo della catena di Seattle: “Io, che dovrei avversare questo avvento, sono contento perche’ sono innamorato di qualunque cosa sia americana e amo le grandi novita’ che arrivano in questa citta’. E poi, quando vado in giro per il mondo, faccio volentieri colazione da Starbucks: amo i loro locali accoglienti”