Per la serie “serate tematiche sui vini di terroir”, intraprendiamo un viaggio virtuale alle radici del vino: il pinot noir!
L’accezione francese è voluta in quanto il pinot nero è originario della Borgogna, un progenitore “padre di molti figli” cioè molto usato negli incroci con altri vitigni affinchè doni la sua grande complessità aromatica e speziata, l’eleganza e la longevità tutto ciò a condizione che abbia a disposizione terreni calcarei, clima freddo con poche ore di sole affinchè maturi molto lentamente.
Pinot deriva da “pommes de pin” (pigna) per la forma del grappolo con gli acini di media-piccola dimensione molto raccolti quasi a sembrare una pigna; la natura, ha previsto tutto, infatti gli acini coesi evitano che i raggi del sole invadano il cuore del grappolo provocando scottature della sottile buccia. Plinio il vecchio nella sua Naturalis Historia (77d.c.) lo descriveva come un vitigno difficile da coltivare per l’enorme sensibilità alle diverse condizioni climatiche infatti veniva usato come misuratore ambientale dagli antichi romani per comprendere il terroir (sintesi della composizione del suolo, sottosuolo ed agenti atmosferici) di un luogo e quindi decidere che farne.
Nel 436 d.c. quasi a fine impero, i romani permisero ai burgundi (popolo di origine scandinava da cui prende il nome la Borgogna) di praticare la viticoltura nella punta nord della Borgogna ovvero la parte più fredda ed il colono Bertin riuscì a “vitare” a pinot nero un’intera collina a cui avrebbe dato il nome (chambertin) e che sarebbe diventata famosa nel corso dei secoli ma Il vero sviiluppo della viticoltura di quella zona oggi denominata Cote de Nuits si ebbe con l’arrivo dei monaci cluniacensi (910) quindi mutati in cistercensi (medesimo ordine benedettino) nel 1200 quando, forte del lascito post mortem dei nobili, acquistarono tutti i vigneti di Gavray il paesotto (3000 abitanti) ai piedi della collina di Chambertin.
A quel punto, il pinot noir divenne famoso diventando vino di corte del re di Francia fino al 1700 quando fu scalzato dalle “seducenti bollicine” dello Champagne!
Anche i papi di Avignone (1100) lo elessero vino papale e nel 1847 Gavray fu il primo comune a ricevere l’autorizzazione ad associare il nome del paese al vigneto (Gavray Chambertin ) ed oggi ospita 9 tra i 24 vigneti più famosi (grand cru). A differenza di Bordeaux (Guascogna) dove è il prestigio storico dello Chateu a determinare la quotazione del vino, in Borgogna la qualità del vino è valutata in base al terroir quindi zona e sottozona (che sono scritte in etichetta con caratteri maiuscoli al contrario del nome del produttore per dare più importanza al terroir). E’ una grande differenza che dovrebbe indurre a valutare l’acquisto di molti bordeaux a prezzi stellari!
Il disciplinare in Borgogma suddivide in molte zone vinicole il territorio partendo dalle appellation regional quindi village, a.o.c. premier cru per finire con grand cru (solo 33 vigneti) affinchè il potenziale acquirente acquisti non soltanto una bottiglia di vino ma un pezzo di terroir!
Il pinot noir ha una grande complessità aromatica, eleganza (per me un vino è elegante quando riesce a farci gradire anche i suoi lati non eccellenti ed è un aggettivo che spesso viene confuso con armonico) e longevità ma è interessante anche per l’originalità dei sentori , a volte contrastanti; succede che dopo il lampone arrivi la menta oppure dopo la fragola il minerale ed il “terroso” (specie negli alsaziani). Chi ha bevuto solo vini di facile beva o “piacioni”, dovrebbe assaggiare con il giusto rispetto un pinot noir per ampliare i propri orizzonti!
In 20 ci ritroviamo dallo chef Gianfranco Verdecchia che, ebbro di passione, promette un menu con piatti francesi e mano italiana!
Si inizia con un crostino al lardo di Colonnata e scaglie di tartufo nero a cui abbiniamo un pinot noir della Maison louise Dubois 1885 in vendemmia 2020 che mette in evidenza un buon frutto (che va a bilanciare il tartufo) e l’immancabile eleganza per un costo di soli 12 euro; un ouverture eccellente per un vino facile ma non banale insomma una belle sorpresa.
Arriva la tartare di fassona con uovo di quaglia quindi si alza il tiro con la struttura e dove cercare sapore ed artigianalità se non in un popolo che per 400 anni è stato conteso da due nazioni, parla 4 lingue, ha potere economico ed è riuscito a farsi assegnare la sede del parlamento europeo? L’Alsazia è famosa per i vini bianchi, prevalentemente riesling ed auxerrois ma il suo terroir pregno di “giardini rocciosi” (rocailles) permette di produrre un pinot nero meno elegante ma decisamente più “saporito” degli altri con note minerali che si fondono col “terroso”….. un vino grezzo e “sporco” ma terribilmente affascinante! La maison Paul Gingliger risale al 1610 ed è oggi diretta da Michel Gingliger ed il suo pinot noir in vendemmia 2019 si è ben integrato con la tartare bilanciandone la dolcezza; è un vino che riflette tutta l’originalità degli alsaziani che non mascherano le spigolosità dei loro vini anzi, le accentuano (se assaggiate un riesling alsaziano, sentirete per un attimo separatamente acidità e dolcezza che poi si mescoleranno).
Il costo in enoteca (onesta) di 21 euro lo rende molto appetibile , con un rapporto prezzo qualità devastante.
E’ il momento del primo piatto italo-francese: una lasagna al camembert (volutamente poco saporito quindi poco invadente) ed è il momento di iniziare il confronto tra i due bourgogne della serata entrambi Premier Cru con l’indicazione della sottozona con un costo in enoteca di 85 euro:
Pommard è un comune e zona vinicola situata nell’Haut Cote de Nuits (a sud-ovest della cote de nuits) , una zona considerata minore di quella originaria ma il Pommard La Platiere (terreno situato ai piedi di una collina) di Marguerite Carillon in (eccezionale) vendemmia 2015 (annata particolare) entra a gamba tesa con il suo colore affatto scarico, la struttura notevole ed una complessità spaventosa in cui senti lamponi, viole ma anche un netto pepe nero con accenno di verde il tutto con armonia! E’ un pinot nero che a noi montepulcianisti piace per la struttura ma con tutta la “dotazione di serie” dei grandi pinot noirs. Il costo di 85 euro non è basso ma siamo in Borgogna dove un ettaro di vigna supera abbodantemente il milione di euro!
E’ L’ ora del piatto “STAR” della serata, il Beuf Bourguignon avec ratatouille pregno di quasi due bottiglie di pinot noir (ho optato per il Dubois a causa del frutto marcato e del tannino leggero); la carne è abbastanza sapida e si avverte il tannino del vino ma è il contorno di verdure (ratatouille) che risulta devastante per i sensi! Quale vino abbinare a cotanto splendore? Semplice, la storia del vino servita in bottiglia, un Gavray-Chambertin 2017 Premier Cru di Luois Jadot (maison del 1859)!
Nel primo “CLIMAT” della storia ho percepito l’equilibrio in senso armonico, come un pezzo musicale in cui tutti gli strumenti musicali si integrano e nessuno prevale insomma un pinot noir “perfetto”MA, come affermava Charles Bukowsky, “La perfezione è un uccellino in gabbia che vive, mangia e muore con il solo scopo di essere ammirato” quindi buono ma il Pommard mi ha emozionato di più assieme all’alsaziano anche per il rapporto prezzo-qualità!
Si conclude con la millefoglie con crema chantilly in cui percepisco l’aroma dei limoni “frutto” del “citrus limon” che Gianfranco ha nel proprio giardino; pasta sfoglia fresca, semplicità e bontà!
Per stimolare la digestione, una bella Marc de Bourgogne de Nuits S. Georges (anche per restare in tema) dell’antica distilleria Cartron (1882), un distillato di vinaccia di pinot noir della Borgogna che riepiloga, in chiave superalcolica, le caratteristiche dei vini appena degustati.
Per ciò che riguarda il gradimento degustatori (che hanno assaggiato alla cieca), il piatto più votato è stato il Boeuf Burguignon avec ratatouille (inevitabile) mentre tra i vini l’ha spuntata il Pommard di Marguerite Carillon sul Gavray-Chambertin questo a confermare che quando degustiamo senza vedere l’etichetta, anche i mostri sacri possono crollare quindi, onore all’haut Cote de Nuits! onore anche al quasi “salato” Gingliger ed all’economico ma interessante Dubois.
Concludo ringraziando lo chef Gianfranco che invece di proporre un menu semplice “copia ed incolla” come da me proposto, ha optato per l’estro e la fantasia che comportano un certo grado di rischio ma gratificano molto; inoltre, ringrazio Andrea Forestiero da Perugia, giovane scopritore ed importatore di vini che si reca personalmente nei “LIEU DIT” (luoghi storici per la viticoltura) per scoprire etichette alternative interessanti come il pommard/vincitore di questa sera! Finchè ci sarà questo atteggiamento visionario-avventuriero, riusciremo a sconfiggere l’appiattimento del gusto, vero cancro dell’enogastronomia di questi tempi.
Stefano Grilli (enotecario) Enoteca Saraullo – Tortoreto (TE) Tel. 0861.787751